Roberto Spada andrà a processo assieme al suo complice Ruben Nelson Del Puerto per l’aggressione ai giornalisti della trasmissione Nemo Daniele Piervincenzi e il film-maker Edoardo Anselmi avvenuta a Ostia il 7 novembre scorso. Lo ha deciso il gup di Roma, Maria Paola Tomaselli, che ha fissato il processo al prossimo 30 marzo. I due imputati sono accusati di lesioni e violenza privata aggravate dal metodo mafioso.
“Non provo nessun rancore. La mia preoccupazione va al territorio, serve attenzione: Ostia non va abbandonata, ce lo chiedono i cittadini”, ha detto Piervincenzi a margine dell’udienza del gup di Roma . Nel procedimento si sono costituiti parte civile Fnsi, Consiglio nazionale dell’ordine dei Giornalisti, Libera, l’Associazione Antonino Caponnetto e la Regione Lazio. “L’ammissione delle parti civili – ha concluso Piervincenzi – è un segnale importante per la difesa della categoria e della libertà di stampa”. Fuori dal tribunale di Roma si è svolto un sit-in di sostegno ai due giornalisti.
La vicenda – Inviati per il programma di Rai 2, i giornalisti erano a Ostia per intervistare Spada fuori dalla sua palestra. Dopo una domanda su Casapound, l’ex pugile ha sferrato una testata a Piervincenzi e subito dopo, insieme a Del Puerto, 29enne uruguaiano, ha inseguito i due armato, secondo i magistrati, anche di un “manganello”.
La testata sferrata da Spada ha causato a Piervincenzi la rottura del setto nasale. Arrestato pochi giorni dopo l’aggressione, davanti al gip Anna Maria Fattori, l’esponente dell’omonimo clan ha detto di esser stato provocato e ha aggiunto che il giornalista, dentro la palestra, avrebbe fatto riferimento alla “separazione del fratello in quanto maltrattava la moglie”. Per i pm della Dda, Giovanni Musarò e Ilaria Calò, si tratta di una “condotta idonea ad esercitare sui soggetti passivi quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione propria delle organizzazioni mafiose“. I due si trovano nelle carceri di massima sicurezza di Tolmezzo (Spada) e di Nuoro (del Puerto).
Il clan Spada – L’aggravante mafiosa è stata contestata per due motivi: Spada era nel suo contesto giudicato “mafioso” da diverse sentenze e il giornalista gli poneva domande relative alla mafiosità dello stesso contesto. Il provvedimento di fermo parlava di un’azione compiuta “rivendicando il diritto di decidere chi poteva stazionare nella zona teatro dei fatti notoriamente frequentata da diversi soggetti appartenenti alla famiglia Spada”. Un clan dove, secondo i collaboratori di giustizia citati dai pm, Roberto “comanda” e “può dare ordini”.
I precedenti dell’imputato risalgono agli anni Novanta per furto e ricettazione. I magistrati citano le “dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Micheal Cardoni e Tamara Ianni” che su Spada hanno reso in passato “dichiarazioni convergenti” affermando che “appartiene all’omonimo clan con un ruolo di vertice“. Entrambi sostengono che Roberto Spada “coordina il ramo del sodalizio dedito al traffico e alla cessione di sostanze stupefacenti“. Secondo i pentiti il fratello di “Romoletto”, si “è reso responsabile – è scritto nel decreto – di una estorsione aggravata dal metodo mafioso, appropriandosi di una abitazione” di una persona “che non gli aveva pagato una partita di sostanza stupefacente“.