La discussione sul trattato era in stallo da un anno, quando dopo l'avvento di Trump alla Casa Bianca gli Usa si erano ritirati dai tavoli delle trattative. Firma ufficiale l'8 marzo in Cile. Partecipano Australia, Brunei, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam
Il Trans-Pacific Partnership (TPP) andrà avanti anche senza gli Stati Uniti. A sbloccare la trattativa è stato l’annuncio del Canada, che ha deciso di aderire all’accordo commerciale trans pacifico. Una svolta che dà un segnale forte al presidente degli Stati Uniti Donald Trump: la discussione del TPP era in stallo da un anno, quando con l’avvento del tycoon alla Casa Bianca gli Usa si erano ritirati dai tavoli delle trattative. Ora i dieci Paesi del Pacifico che vi avevano già aderito hanno raggiunto un accordo di principio con il Canada sulla creazione di una vasta area di libero scambio transpacifico, che include Australia, Brunei, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Canada appunto. Il primo ministro canadese Justin Trudeau durante il suo intervento al Forum economico mondiale ha spiegato che si tratta “del giusto accordo che assicurerà posti di lavoro e benessere per le classi medie nel nostro Paese”.
L’accordo con il Canada è stato siglato martedì 23 gennaio, nel corso di colloqui che si sono svolti a Tokyo, in Giappone, ed è stato confermato anche dal governo di Singapore. La cerimonia con la firma ufficiale è prevista per l’8 marzo prossimo in Cile. “Abbiamo fatto progressi significativi sui punti fermi che avevamo identificato a margine del vertice Apec“, ha spiegato il funzionario di Singapore. Cruciale per il Canada l’accesso al mercato giapponese, il terzo più grande al mondo. Secondo gli analisti, questo accordo rappresenta una spinta al libero commercio e un segnale forte per Trump che, in risposta, ha minacciato di far uscire Washington dal Nafta, il trattato commerciale del Nord America. Nel caso, Ottawa dovrà trovare nuovi sbocchi per le proprie merci.
L’abbandono dei negoziati da parte della Casa Bianca guidata da Donald Trump ha fatto saltare l’originale TPP, ma la bozza dell’accordo è ancora valida ed è stata rilanciata nel novembre scorso come Comprehensive and Progressive Agreement for the TPP (CPTPP). L‘intesa sul nuovo accordo era stata raggiunta a margine del vertice Apec di Danang (Vietnam), dopo consultazioni a livello ministeriale tra gli 11 Paesi superstiti (Giappone, Australia, Canada, Messico, Singapore, Malaysia, Vietnam, Cile, Perù, Nuova Zelanda e Brunei). In quell’occasione, l’indecisione del premier canadese Trudeau aveva rischiato di affossare definitivamente le trattative.
Anche se ritoccato, il nuovo testo conserva elevati standard commerciali e ambientali e si impegna a mantenere validi i principi raggiunti nel febbraio 2016, quando a guidare le negoziazioni dell’allora TPP c’era ancora Washington con Barack Obama. L’idea di fondo è quella di un mercato comune sulla falsariga dell’Unione Europea, in cui il consolidamento dei legami economici tra i Paesi firmatari avviene attraverso il taglio dei costi delle esportazioni e l’eliminazione delle tariffe sui prodotti industriali e agricoli. Ma per Donald Trump, che ha inserito il ritiro degli Stati Uniti tra le sue priorità da presidente, l’accordo mette a rischio posti di lavoro in America e implica uno spostamento della produzione verso i mercati emergenti.