In queste ore il carcere di Trieste verrà intitolato al maresciallo Ernesto Mari. La cerimonia pubblica si terrà alla presenza delle più alte autorità dell’Amministrazione Penitenziaria. Chi era Ernesto Mari?
Durante la Seconda Guerra Mondiale, all’epoca della gestione nazista dell’istituto penitenziario, era il comandante di quel carcere. In quell’edificio, come in molti altri, si praticava la tortura con modalità sistematiche. Dopo l’8 settembre ’43, dal carcere di Trieste partivano ebrei, detenuti politici e partigiani verso Auschwitz o verso la vicina Risiera di San Sabba. Da quest’ultima si poteva venire smistati verso altri campi oppure soppressi e bruciati anche dopo poche ore dall’arrivo.
Non conosciamo le responsabilità dirette di Ernesto Mari in questo scenario. Egli fu tuttavia, come scriveva ieri un comunicato del comitato provinciale dell’Anpi di Trieste, “per lo meno osservatore immobile, pur da posizioni di responsabilità e di comando”. Dopo che, all’inizio del maggio 1945, le truppe nazi-fasciste lasciarono Trieste, Ernesto Mari fu ucciso e infoibato a Basovizza. Mari merita pietà umana, dice ancora il comunicato Anpi, ma intitolare al suo nome l’istituto penale significa cancellare “le sue responsabilità come comandante delle Carceri”.
Tutto questo accade a pochi giorni dal 27 gennaio, il Giorno della Memoria che commemora le vittime della Shoah. Pochi giorni fa il presidente Sergio Mattarella ha nominato senatrice a vita Liliana Segre, una delle ultime sopravvissute ai campi di concentramento nazisti. Un gesto importante. Un gesto che comprende come la memoria diretta di quegli eventi si vada inevitabilmente perdendo. Tra pochi anni non resterà più nessuno ad aver vissuto in prima persona quella drammatica storia. E sarà solo nostro il dovere di ricordare, di distinguere, di custodire quel “mai più” che la comunità internazionale ha voluto fissare nel Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Intitolare a Ernesto Mari il carcere in cui egli era comandante per conto dei nazisti è un’offesa alla memoria, alle vittime, alla comunità ebraica. Viviamo in un’epoca in cui sempre più tutto è permesso. Sempre più si vuol far credere che tutto sia uguale a tutto. Il fumettista Zerocalcare su L’Espresso disegna le “Dieci banalità che renderebbero più igienico il dibattito pubblico sui nazisti”. Una boccata d’aria. Su questo tema non dovremmo mai permetterci di non essere banali. “Dopodiché oh, se pensi che nella Seconda Guerra Mondiale era meglio se vinceva l’Asse, per me sei nazista checcazzo”, scrive Zerocalcare. Una banalità. Niente a che vedere con la sofisticata cerimonia che a breve intitolerà l’istituto Ernesto Mari.
Ci piacerebbe che il Ministero della Giustizia, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e l’intero governo spiegassero ai cittadini il perché di questa scelta. A pochi giorni dal Giorno della Memoria, credo che non si possa evitare di parlarne.