Per la prima volta due scimmie sono state clonate con la tecnica della pecora Dolly. Zhong Zhong e Hua Hua sono stati “creati” tramite il trasferimento del nucleo di una cellula dell’individuo ‘da copiare’ in un ovulo non fecondato e privato del suo nucleo. Elio Sgreccia, teologo e storico portavoce del Vaticano sui temi della bioetica, la definisce “una minaccia per il futuro dell’uomo”.
Finora ogni tentativo di clonazione con questa tecnica sulle scimmie era fallito perché i nuclei delle loro cellule differenziate contengono geni che impediscono lo sviluppo dell’embrione. La loro nascita, avvenuta 6 e 8 settimane fa, è stato annunciata sulla rivista Cell dall’Istituto di neuroscienze dell’Accademia cinese delle scienze a Shanghai e apre alla possibilità di ridurre il numero di primati usati nella sperimentazione animale.
La svolta arriva 19 anni dopo la prima clonazione di un primate, la femmina di macaco Tetra, ottenuta nel 1999 nei laboratori dell’Oregon Health and Science University grazie alla scissione dell’embrione, una tecnica che imita il processo naturale all’origine dei gemelli identici (monozigoti). “Questa tecnica consente per la prima volta di generare numerosi esemplari di primati geneticamente omogenei fra loro”, spiega Giuliano Grignaschi, responsabile del benessere animale presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e segretario generale di Research4life. “Ciò – rileva – permetterà di ottenere risultati sperimentali più affidabili e facilmente riproducibili: riducendo la variabilità e l’errore statistico si ridurrà anche il numero di campioni necessari per fare le misure e, di conseguenza, il numero di animali sacrificati per ogni singolo esperimento”.
La replica del Vaticano – “Al contrario della ipotesi di clonazione umana, sulla quale la Chiesa non può che esprimere la sua condanna più forte e totale, sulla clonazione animale il magistero ecclesiastico non ha finora espresso una condanna esplicita, ufficiale, lasciando il tema alla valutazione responsabile degli scienziati”, spiega Sgreccia all’Andkronos. Ma, aggiunge il porporato, “non c’è dubbio che il passaggio dalla prima pecora Dolly ad altri animali e ora persino alla scimmia, ovvero a un primate così vicino all’uomo, rappresenta un autentico attentato al futuro dell’intera umanità”. “C’è il fortissimo rischio che la clonazione della scimmia possa essere considerato come il penultimo passo, prima di arrivare alla clonazione dell’uomo – conclude l’ex presidente della Pontificia Accademia per la Vita – evento che la Chiesa non potrà mai approvare”.
“Problema etico esiste” – “È un passo avanti importate per il futuro della medicina e per lo sviluppo di nuove cure“, spiega Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell’università degli Studi di Roma Tor Vergata. “Ma si tratta anche di un lavoro scientifico che può sollevare importanti problemi etici, essendo le scimmie simili a noi. Questioni che devono essere affrontate nel modo più opportuno e con cauto ottimismo”, è il suo commento. Per Novelli, si tratta “di un lavoro ‘elegante’ dal punto di vista tecnico. I ricercatori hanno trovato il modo per evitare i problemi di riprogrammazione genetica, che rappresentavano il grande ostacolo, e che erano all’origine di aborti e fallimenti”. “Loro ci sono riusciti”, conclude.
La tecnica – Quella utilizzata negli Usa nel 1999 consente di generare al massimo quattro cloni per volta. Molti in passato hanno provato ad usare la tecnica impiegata nel 1999 per la pecora Dolly, che permette di creare un numero maggiore di cloni attraverso il trasferimento del nucleo di una cellula dell’individuo ‘da copiare’ all’interno di un ovulo non fecondato e privato del suo nucleo. A differenza di quanto accaduto con altri mammiferi, come topi e bovini, nelle scimmie ogni tentativo era fallito, perché nei nuclei delle loro cellule differenziate sono presenti dei geni ‘spenti’ che impediscono lo sviluppo dell’embrione. I ricercatori cinesi sono riusciti per la prima volta a riattivarli grazie a ‘interruttori’ molecolari creati ad hoc, aggiunti dopo il trasferimento del nucleo. La percentuale di successo è stata poi ulteriormente aumentata prelevando il nucleo da cellule fetali invece che da cellule di esemplari adulti.
A coronare tre anni di studi ed esperimenti sono poi arrivati i piccoli macachi Zhong Zhong e Hua Hua, il cui nome deriva dal termine cinese ‘Zhonghua’ con cui si indica il Paese del dragone. Al momento i due cuccioli godono di ottima salute e crescono in modo normale: il loro sviluppo fisico e cognitivo verrà continuamente monitorato, in attesa che nel laboratorio di Shanghai vengano alla luce anche altre scimmie ‘fotocopia’.