Lo Stato confisca la casa al boss? E la famiglia del sindaco, titolare di un’agenzia immobiliare, gliene regala un’altra. A rivelarlo è Francesco Farao, il figlio del boss di Cirò Marina, Giuseppe Farao, che nei giorni scorsi ha deciso di collaborare con la giustizia. Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, e il sostituto della Dda, Domenico Guarascio, lo hanno già interrogato due volte e i verbali sono finiti nel fascicolo dell’inchiesta Stige che, il 9 gennaio, ha portato all’arresto, in Calabria e in Germania, di 170 persone ritenute affiliate o contigue alla cosca Farao-Marincola.
Nel blitz, i carabinieri hanno arrestato anche una decina di amministratori locali, molti dei quali secondo la dda sono veri e propri affiliati alla ‘ndrangheta. Tra questi anche il sindaco Nicodemo Parrilla, il vicesindaco Giuseppe Berardi, il presidente del Consiglio comunale, Giancarlo Fuscaldo, l’ex sindaco Roberto Siciliani e il fratello Nev io che è stato anche lui assessore dello stesso Comune. È proprio sulla famiglia Siciliani che si sofferma, nella prima parte dell’interrogatorio, il nuovo pentito Francesco Farao. Pur non essendo stato “battezzato”, il neo collaboratore è stato in grado di spiegare ai magistrati i rapporti politici della sua cosca: “La famiglia Siciliani, è titolare di una grossa società immobiliare ed edile denominata Ionica Immobiliare, detentrice di numerosi immobili in Cirò Marina. Ebbene molti di questi immobili sono stati donati a diversi componenti della cosca”.
“Le assegnazioni – aggiunge – sono state delle vere e proprie donazioni. Lo scambio sinallagmatico trova il suo sfogo in alcune competizioni elettorali in cui la famiglia Siciliani è stata favorita dalla consorteria”. Il riferimento è all’elezione a sindaco di Roberto Siciliani: “In quella tornata Vittorio mio cugino, ma tutti i componenti apicali della cosca, si impegnarono a far si che l’elettorato votasse Roberto Siciliani. Il voto era mediato anche dalla figura di Giuseppe Berardi che è stato consigliere di maggioranza nella precedente giunta Parrilla. Tutti i componenti delle famiglie accoscate votarono e fecero in modo che si votasse Berardi Giuseppe e per tale via Roberto Siciliani. Nel periodo in considerazione Roberto Siciliani si accompagnava nel paese con Cariati e Spagnolo al fine proprio di dimostrare che la consorteria lo appoggiava”.
I voti in cambio di case -“Dopo che a mio padre confiscarono la casa a Cirò Superiore, – fa mettere a verbale Francesco Farao – ricordo che don Peppe Siciliani (il padre defunto dell’ex sindaco, ndr) venne personalmente a casa nostra e ci consegnò le chiavi di un’abitazione. Del resto Peppe Siciliani fece in modo di ‘regalare’ una casa anche a mio zio Silvio Farao, sempre a Cirò Superiore. Nel 2003/2004, invece, i Siciliani ci donarono una casa a Cirò Marina”. Ma non solo i Siciliani erano intranei alla famiglia mafiosa. Anche il vicesindaco Giuseppe Berardi (“È un politico che da sempre risponde alle esigenze della cosca”) e il presidente del consiglio comunale Giancarlo Fuscaldo. Quest’ultimo, accusato di concorso esterno, “si occupava di risolvere ogni autorizzazione o licenza che poteva servire per le attività economiche gestite dai componenti della consorteria”.
Per non parlare dell’attuale sindaco e presidente della provincia di Crotone, Nicodemo Parrilla. Sul suo conto, il pentito Francesco Farao non ha dubbi: “È stato eletto grazie al sostegno dei componenti della cosca. Fu sempre Vittorio Farao a dirmi e a dirci che avremmo dovuto votare Parrilla. In definitiva posso affermare che tutti i sindaci di Cirò Marina hanno sempre goduto dell’appoggio elettorale della cosca Farao. Sarebbe stato “impossibile”, secondo il collaboratore, svolgere le funzioni amministrative “senza l’accordo” con i boss.
A Cirò, infatti, non era la ‘ndrangheta a bussare alla porta del comune. Piuttosto le case dei boss diventavano quasi un luogo di pellegrinaggio degli aspiranti politici: “Erano i candidati a sindaci a recarsi direttamente dagli esponenti apicali della cosca”. I voti significano soldi. E la ‘ndrangheta li fa anche con il business dell’accoglienza. Ecco che il pentito fornisce un altro importante riscontro a quanto già scoperto dalla Dda con l’operazione Stige. Francesco Farao, infatti, ha raccontato come la casa di cura “Sant’Antonio”, tra il 2013 e il 2015, era diventata una discoteca per poi trasformarsi in centro di accoglienza per migranti minori non accompagnati: “So che questa struttura è stata adibita a ricovero per migranti. Sono stati gli accoscati Siena Salvatore, Carmine e Michele a parlarmene. Mi dissero che avevano trovato un soggetto napoletano di nome Esposito Aniello capace, grazie alle sue entrature in Prefettura, di adibire la struttura a centro di accoglienza. L’allestimento di un centro migranti nella struttura è affare della cosca”.
Un affare di cui “era informato anche il sindaco Roberto Siciliani” dove gli affiliati si recavano per “richiedere i pagamenti arretrati per la struttura”. Dai migranti al pesce è sempre la ‘ndrangheta che comanda: “Il porto di Cirò è in tutto e per tutto controllato dagli uomini della cosca Farao con la compiacenza dei sindaci e dei vari componenti dell’amministrazione comunale che nel tempo si sono succeduti”.