Lo avevano già fatto un anno fa quando Donald Trump era stato eletto: spostare le lancette di 30 secondi verso la mezzanotte dell’Apocalisse. E un anno dopo il mondo è ancora più vicino al punto di non ritorno. Citando i dodici mesi della nuova presidenza americana, l’associazione degli scienziati atomici che mantengono il Doomsday Clock hanno spostato nuovamente le lancette che ora si trovano ad appena due minuti dalla mezzanotte. “Non succedeva dal 1953, all’apice della guerra fredda”, ha avvertito Rachel Bronson, la presidente dell’organizzazione. L’annuncio della nuova valutazione, raggiunta in coordinamento con un comitato di 15 premi Nobel e resa nota nel giorno del debutto di Trump a Davos, è stato dato a Washington dal Bollettino degli Scienziati Atomici, un gruppo di esperti fondato dopo la Seconda Guerra Mondiale. “Trump deve moderare la retorica nucleare, negoziare con la Corea del Nord, restare nell’accordo con l’Iran, ridurre le tensioni con la Russia e insistere per un’azione globale contro il cambiamento climatico”, affermano gli scienziati, secondo cui “nel 2017 i leader mondiali non sono riusciti a rispondere efficacemente alle minacce della guerra nucleare e del cambiamento del clima, creando la situazione più pericolosa per il mondo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”.
Nei decenni dalla sua istituzione l’orologio dell’Apocalisse era arrivato a due minuti dalla mezzanotte solo nel 1953, il momento più pericoloso nel secondo dopoguerra per le sorti del mondo. Quell’anno gli Stati Uniti avevano deciso di aggiornale i loro arsenali nucleari con la bomba all’idrogeno. Nel 2015 l’orologio era stato spostato da cinque a tre minuti dalla mezzanotte, mentre nel 2017, a causa dell’elezione di Trump, le lancette erano arrivate a due minuti e mezzo dall’Apocalisse. Al momento della sua ideazione, le lancette furono impostate a sette minuti dalla mezzanotte. In questi 70 anni si sono mosse una ventina di volte, toccando il loro minimo appunto negli Anni ‘50, con appena due minuti d’intervallo dal baratro. In passato, il pericolo numero uno per il mondo, uscito dal secondo conflitto bellico diviso in due blocchi contrapposti, era quello di un olocausto nucleare. A questa, nel tempo, si sono aggiunte altre emergenze, come per l’appunto i mutamenti climatici o la ricerca di nuove fonti energetiche sostenibili e sicure.
Il report del Bulletin of the atomic scientists sul Doomsday clock 2018
Scienza
Orologio dell’Apocalisse, due minuti alla mezzanotte ed è sempre colpa di Trump
"Non succedeva dal 1953, all’apice della guerra fredda" dice la presidente dell'organizzazione Rachel Bronson. L’annuncio della nuova valutazione, raggiunta in coordinamento con un comitato di 15 premi Nobel e resa nota nel giorno del debutto del presidente Usa a Davos, è stato dato a Washington dal Bollettino degli Scienziati Atomici, un gruppo di esperti fondato dopo la Seconda Guerra Mondiale
Lo avevano già fatto un anno fa quando Donald Trump era stato eletto: spostare le lancette di 30 secondi verso la mezzanotte dell’Apocalisse. E un anno dopo il mondo è ancora più vicino al punto di non ritorno. Citando i dodici mesi della nuova presidenza americana, l’associazione degli scienziati atomici che mantengono il Doomsday Clock hanno spostato nuovamente le lancette che ora si trovano ad appena due minuti dalla mezzanotte. “Non succedeva dal 1953, all’apice della guerra fredda”, ha avvertito Rachel Bronson, la presidente dell’organizzazione. L’annuncio della nuova valutazione, raggiunta in coordinamento con un comitato di 15 premi Nobel e resa nota nel giorno del debutto di Trump a Davos, è stato dato a Washington dal Bollettino degli Scienziati Atomici, un gruppo di esperti fondato dopo la Seconda Guerra Mondiale. “Trump deve moderare la retorica nucleare, negoziare con la Corea del Nord, restare nell’accordo con l’Iran, ridurre le tensioni con la Russia e insistere per un’azione globale contro il cambiamento climatico”, affermano gli scienziati, secondo cui “nel 2017 i leader mondiali non sono riusciti a rispondere efficacemente alle minacce della guerra nucleare e del cambiamento del clima, creando la situazione più pericolosa per il mondo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”.
Nei decenni dalla sua istituzione l’orologio dell’Apocalisse era arrivato a due minuti dalla mezzanotte solo nel 1953, il momento più pericoloso nel secondo dopoguerra per le sorti del mondo. Quell’anno gli Stati Uniti avevano deciso di aggiornale i loro arsenali nucleari con la bomba all’idrogeno. Nel 2015 l’orologio era stato spostato da cinque a tre minuti dalla mezzanotte, mentre nel 2017, a causa dell’elezione di Trump, le lancette erano arrivate a due minuti e mezzo dall’Apocalisse. Al momento della sua ideazione, le lancette furono impostate a sette minuti dalla mezzanotte. In questi 70 anni si sono mosse una ventina di volte, toccando il loro minimo appunto negli Anni ‘50, con appena due minuti d’intervallo dal baratro. In passato, il pericolo numero uno per il mondo, uscito dal secondo conflitto bellico diviso in due blocchi contrapposti, era quello di un olocausto nucleare. A questa, nel tempo, si sono aggiunte altre emergenze, come per l’appunto i mutamenti climatici o la ricerca di nuove fonti energetiche sostenibili e sicure.
Il report del Bulletin of the atomic scientists sul Doomsday clock 2018
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Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Adesso, assolutamente, le condizioni carcerarie di mia figlia". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono quali siano le sua maggiori preoccupazioni. "Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...".