Tra le critiche più ricorrenti ai rapper della nuova scuola c’è quella di non avere contenuti. “Cantano banalità. Versi stupidi. Sempre le solite cose”. Un refrain ripetitivo e a volte anche fuori luogo che ci ha accompagnato fastidiosamente nell’ultimo anno. Poi ti accorgi che l’esponente principale di questa “nuova scuola” se ne esce fuori con un pezzo più che singolo è uno stato d’animo. E tutto il castello di critiche di colpo casca al primo verso della canzone.
“Cara Italia” di Ghali è un inno al nostro Paese. Un ritratto che l’artista italo-tunisino ha voluto scrivere in un momento storico e culturale delicato per l’Italia quanto al tema dell’ integrazione. “Cara Italia. Ti dedico questa canzone che ho ideato tornando dal mio primo viaggio in America. Non hai nulla da invidiare a questi grandi paesi che vediamo nei film. Spero però che tu non ti offenda per aver risaltato i tuoi difetti, sappiamo tutti che sei bellissima ma questo serve a migliorarsi”. Così ha scritto in un post su Instagram il rapper.
Incollare l’etichetta di “nuovi cantautori” ai rapper è sbagliato e forse esagerato. Però una cosa è certa: spesso nei loro testi ritroviamo una quotidianità per noi ormai sconosciuta. Un aspetto molto diffuso soprattutto tra gli artisti delle seconde generazioni. “Ho scritto sei la mia dolce metà perché è davvero così. Tu mi hai visto nascere, mi hai cresciuto e ora che in ogni tuo angolo gridano il mio nome come posso voltarti le spalle? Tu che sei la dimora dei miei desideri, il letto dei miei sogni” scrive ancora nel post su Instagram Ghali.
Nel pezzo spunta anche una citazione a Gaber. Tra passato e futuro l’artista italo-tunisino è il simbolo del cambiamento. Di un nuovo vento che sta per scombussolare un po’ tutto. “Ti chiedo solo tre cose: NON PARLARMI più di confini e non ti parlerò più con diffidenza. NON SENTIRTI inferiore e io mi sentirò all’altezza. NON VEDERMI come un nemico e io ti vedrò come una sorella, un’amica, una mamma”. Cara Italia” è più di una canzone . È un manifesto contro i luoghi comuni. È un messaggio di integrazione e distensione.