Il 27 gennaio manifestazione a Bellinzona, capitale del canton Ticino, in difesa della tv di Stato. I cittadini elvetici pagano oggi circa 387 euro l'anno, la cifra "più alta d'Europa", ma usufruiscono di un servizio pubblico in 4 lingue, che trasmette tutto in chiaro. Soprattutto i grandi eventi sportivi. Se passerà l'abolizione, stop ai finanziamenti
Ve la immaginate l’Italia senza la Rai? Ecco, in Svizzera la televisione di Stato rischia di chiudere. Le sue sorti sono nelle mani dei cittadini elvetici, chiamati a decidere alle urne il prossimo 4 marzo se continuare a erogare i finanziamenti pubblici alla Società Svizzera di Radiotelevisione e a Radiotelevisione Svizzera in lingua italiana (gli equivalenti elvetici della nostra Rai). In particolare, l’elettorato è chiamato a pronunciarsi sull’iniziativa popolare “No Billag” che vuole abolire il canone televisivo. Billag è infatti la società che si occupa della riscossione del canone che, in Svizzera, ammonta a circa 450 franchi all’anno, pari a 387 euro. “Il più alto d’Europa” lamenta la Lega dei Ticinesi, movimento schierato a favore della sua cancellazione.
Ma a preoccupare sono soprattutto le conseguenze che questo referendum avrebbe sulla tv pubblica: in caso di vittoria del “Sì” all’abolizione del canone infatti, SSR e RSI sarebbero costrette a chiudere. “Il testo dell’iniziativa referendaria è chiarissimo”, spiega al fattoquotidiano.it Maurizio Canetta, direttore di RSI: “Anche la consigliera federale Doris Leuthard, responsabile del Dipartimento dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, ha detto che, in quel caso, il governo non avrebbe margine di manovra perché il quesito dice espressamente che la Confederazione non potrà più finanziare il servizio pubblico né chiedere il pagamento di un canone ai cittadini. Uno scenario che per noi è come un salto nel vuoto – prosegue Canetta – Garantiamo un servizio in 4 lingue, per rispettare le diverse identità regionali, e per questo il nostro pubblico è molto specifico. Fattori difficili da mantenere per un investitore privato. Per questo in caso di vittoria del ‘Sì’ al referendum il nostro Paese sarebbe invaso dalle tv private straniere, con la conseguente perdita delle minoranze linguistiche“.
Per il 27 gennaio è in programma una manifestazione a Bellinzona, capitale del Canton Ticino: un evento che vedrà protagonista tutta la società civile, schierata a sostegno della radiotelevisione di servizio pubblico. “Vogliamo che la gente comune scenda in piazza a manifestare affetto e consapevolezza per il valore e il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo” spiega al fatto.it Paolo Bertossa, giornalista e portavoce del Sindacato svizzero dei massmedia. “A parlare saranno giovani che hanno fatto carriera lanciati proprio dalla nostra radiotv e un gruppo di sordi tradurrà in simultanea nella lingua dei segni, per ricordare a tutti l’importanza che il servizio pubblico riveste nell’offrire un servizio fondamentale anche a chi soffre di handicap. Se il servizio pubblico dovesse sparire, più nessuno si preoccuperebbe più di loro” conclude. Anche Governo e parlamento invitano a respingere l’iniziativa: nuocerebbe, tra l’altro, alla coesione in un paese con quattro lingue e quattro culture nazionali. Ne soffrirebbe anche la qualità e alla pluralità dell’informazione, garantita finora dai media di servizio pubblico che annovera non solo la SSR ma anche molte emittenti private che percepiscono una parte del canone. “La nostra radiotelevisione pubblica offre un servizio di grande qualità agli utenti: siamo gli unici a trasmettere tutto in chiaro, dalle inchieste allo sport. In Italia ormai da tempo chi vuole seguire la Formula 1, il calcio o il tennis deve abbonarsi ad una pay tv, noi invece trasmettiamo tutto in diretta sui canali pubblici” precisa il sindacalista.
E proprio il mondo dello sport, una delle colonne portanti delle trasmissioni in chiaro di SSR e RSI, si è mobilitato in sostegno della tv pubblica per convincere i cittadini svizzeri a votare “No” al referendum. Si, perché “oltretutto il quesito del referendum è posto in maniera ingannevole per l’elettore – spiega ancora Bertossa-: il ‘No Billag’ presuppone infatti che si voti ‘Si’ per l’abolizione del canone e ‘No’ per mantenerlo”. “Certo, abbiamo il canone più caro ma allo stesso modo abbiamo anche il caffè più caro o la pizza – interviene Canetta -. Tutto va messo in proporzione. Ma una sua riduzione è già stata approvata dal Governo: dal 2019 sarà infatti di 365 franchi“. Ma anche se la maggioranza degli elettori dovesse votare “No” sarebbe comunque una “vittoria mutilata” per la radiotv svizzera. “I promotori di questo referendum non si rassegneranno. Se l’iniziativa del 4 marzo dovesse essere rigettata,: sono già pronti la lanciare nuove iniziative per ridurre in modo drastico il canone” spiega Bertossa e comunque “in prospettiva è possibile che ci siano ulteriori riduzioni dei finanziamenti – gli fa eco Canetta – per questo noi dovremo metterci al lavoro per riformare l’azienda e riorganizzarla in funzione dei minori finanziamenti, per dimostrare al nostro pubblico che sappiamo stare al passo con i tempi” conclude il direttore.
Al momento i sondaggi danno il fronte del “No” in vantaggio: in particolare, nella Svizzera italiana a opporsi alla “No Billag” è nell’insieme il 65% degli intervistati, a fronte del 25% di pareri certamente favorevoli o piuttosto favorevoli. Gli indecisi sono al 10%. Il loro sistema di votazione prevede che per vincere sia necessaria sia la maggioranza del voto popolare che la maggioranza dei cantoni che la accettano. Nell’attesa del verdetto che uscirà dalle urne è nata anche l’associazione Amici della RSI che ha lanciato una petizione su change.org che ad oggi ha raccolto quasi 6mila firme in sostegno della tv pubblica svizzera.