Quando dieci anni fa atterrò per la prima volta all’aeroporto di Luqa, dopo quattro passati a girovagare tra le contee del Regno Unito, fu un po’ come mettere piede in paradiso. Le palme, i fichi d’india, i muri delle case in pietra calcarea e quel clima quasi subtropicale, così lontano dal grigiore di Stevenage, che spesso – in barba alle piogge invernali – ti regala ancora la magia di un Natale in bermuda e t-shirt. “Tornare? Nemmeno per sogno”. Frankie risponde d’istinto. Poi ci ripensa. “Magari torno per i miei genitori. Sono figlio unico”. Frankie all’anagrafe è Francesco Nanni, 35 anni, uno dei tanti italiani residenti oggi sull’isola di Malta, meta turistica tra le più ambite del Mediterraneo. Descritta dai detrattori, ma anche da molti fruitori, come una sorta di Panama in salsa europea, ad attrarre i tanti migranti, provenienti soprattutto da Italia, Spagna e Inghilterra, non è più soltanto il mare azzurro pastello.

“Qui c’è un sistema fiscale decisamente agevolato, per un imprenditore investire è molto più facile. E poi la burocrazia: in pochi giorni apri la tua società, mica come le attese bibliche che abbiamo in Italia”. Certo il Belpaese non si dimentica, nemmeno dopo un tuffo nelle acque di Silema Beach. “Sto bene, il mare qua è una piscina, ma appena posso torno. Mancano la mia famiglia, i miei amici, la piadina, i cappelletti, il folklore di una città come Rimini. Il ricordo, quella dimensione del sogno di cui parlava bene un mio illustre concittadino: Federico Fellini”. A chi gli chiede di tornare, insomma, risponde che il suo inno resta quello di Mameli, ma di rifare le valigie non è ancora ora. Malta ha tanto da offrirgli. Soprattutto perché questa, come ripete spesso, non è una crisi passeggera. “L’Italia deve cambiare marcia, altrimenti non ne esce. Sembra quasi che gli stessi italiani si siano arresi, abbandonati alle loro sfighe. Si lotta per arrivare a fine mese, ognuno nel proprio guscio. Manca la partecipazione, l’attivismo sociale, vorrei vedere la gente scendere in strada, lottare per il proprio futuro. Serve una rinascita totale. Nel frattempo sto benissimo qua”.

L’Italia deve cambiare marcia, altrimenti non ne esce. Sembra quasi che gli stessi italiani si siano abbandonati alle loro sfighe

Francesco il primo volo l’aveva già preso nel 2003 quando, con in mano soltanto il suo diploma e una buona padronanza dell’inglese, aveva deciso di mollare tutto per trasferirsi ad Huddersfield, un’antica cittadina medioevale nel cuore della Gran Bretagna, a metà strada tra Leeds e Manchester. “Volevo rifarmi una vita, crescere, essere indipendente, Rimini e la sua gente cominciavano ad andarmi stretti. Presi su tutto e me ne andai. Oggi chi fugge lo fa soprattutto per disperazione, alla ricerca di un lavoro, ma le mie furono motivazioni personali. Così, senza troppe pretese, mi accontentai di quello che c’era, prima lavapiatti e poi cameriere. Nel 2007 però, mentre avevo appena iniziato come broker telefonico, la società di scommesse per cui lavoravo mi propose il trasferimento a Malta. Da lì è cominciata la mia nuova vita”.

A stranger is a friend you haven’t met yet, che in italiano suona pressapoco così: uno sconosciuto è un amico che non hai ancora incontrato. “Me lo insegnò un cliente del ristorante dove lavoravo”, racconta. “E’ una frase che mi ripeto spesso. Soprattutto quando, di fronte a un mondo sempre più globalizzato, mi scontro ancora con la diffidenza stupida delle persone. Del resto qua c’è un po’ di pregiudizio verso gli italiani, come da noi con i neri e i musulmani. Però credo molto nell’integrazione, lavoro, mi occupo di sociale, gioco anche in una delle squadre locali di flag football”.

Oggi Francesco, dopo aver chiuso con un mondo non sempre trasparente come quello del gaming online, che resta comunque uno dei nuovi motori economici, ha deciso di aprire la sua partita Iva. “Da un anno ho iniziato una piccola attività per mettere a disposizione dei nuovi arrivati la mia esperienza sul territorio. Faccio consulenza e sono un intermediario multisettore: devi aprire un’azienda a Malta? Devi acquistare una casa? Puoi chiedere a me. Così mi pago da vivere e sono felice. Aiutando soprattutto italiani. Certo, se tornassi proverei a lavorare come social media manager. Da noi quello che faccio oggi come mediatore non sarebbe possibile, c’è un sistema di comparazione prezzi completamente diverso”.

Da noi quello che faccio oggi come mediatore non sarebbe possibile, c’è un sistema di comparazione prezzi completamente diverso

Gli italiani che ogni anno decidono di trasferirsi sull’isola sono in continuo aumento. Perché Malta è un Paese in forte crescita, soprattutto per alcuni settori, con un tasso di disoccupazione bassissimo, lontano però dal Paese dei balocchi che Francesco aveva conosciuto nel 2007. “A Malta ci sono molte opportunità, ma oggi il costo della vita è aumentato parecchio. La pasta, il pane, gli affitti soprattutto. E anche gli stranieri, che qua vengono per investire o trovare comunque un lavoro sicuro. Ma non è più come una volta, non ce n’è per tutti”.

Insomma, ai ragazzi che gli chiedono come sia vivere a Malta, lui risponde con un pizzico di filosofia: “Nessuna città sarà mai come quella in cui sei nato. Partire per rabbia e disperazione è umano, ma non pensiate che fuori sia diverso. I problemi ci sono dappertutto, ogni mondo è paese. Bisogna avere tanto spirito di adattamento e avere il coraggio di mettersi in gioco per raggiungere i propri obiettivi”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

“In Australia aiuto i giovani italiani emigrati. Bamboccioni? No. Coraggiosi e intraprendenti, ricominciano da zero”

next
Articolo Successivo

Chirurghi in fuga dall’Italia? Il dibattito – “No, le cose stanno cambiando”. “Sì, saremo costretti a importarli”

next