Oggi, come 80 anni fa, c’è chi afferma di voler salvaguardare “la razza bianca a rischio”. Ma se nel 1938, anno in cui il Fascismo promulgava in Italia le Leggi razziali, “non era una bestemmia credere nella razza perché ci credevano più o meno tutti”, nel 2018 lo è. Perché nel frattempo la genetica ha dimostrato che le razze umane non esistono, erano solo l’invenzione di qualche scienziato di “terza categoria”, come quelli che firmarono il Manifesto della Razza voluto da Mussolini. Classificare gli uomini in gruppi è impossibile. Lo spiega al fattoquotidiano.it Guido Barbujani, genetista e professore all’università di Ferrara, autore di 146 articoli su riviste internazionali e di sei saggi divulgativi: “Ognuno di noi ha il 99,9% del dna e un parente in comune con qualsiasi altra persona sulla Terra”. E probabilmente Attilio Fontana, leghista candidato a guidare la Regione Lombardia, non sa che la pelle bianca che lui vuole salvaguardare dall’immigrazione, non sarebbe mai esistita proprio senza i fenomeni migratori: “Gli studi genetici fatti sulle ossa fossili preistoriche dimostrano che se 7-8mila anni fa i migranti provenienti dal Medio Oriente e dal nord della Russia fossero stati bloccati, oggi in Europa saremmo tutti quanti scuri“.
Partiamo da un concetto. Le razze umane esistono?
No, nell’uomo non ci sono le razze. C’è una grande variabilità e, come diceva l’antropologo americano Frank Livingstone – che nel 1962 fu il primo a pubblicare un articolo sulla non esistenza delle razze umane – le differenze ci sono, ma sono come sfumature in una tavolozza in cui non c’è mai una soluzione di continuità. Oggi grazie alla genetica abbiamo capito che ognuno di noi ha in comune con una qualunque altra persona sulla Terra il 99,9% del suo dna.
Nel suo libro “L’invenzione delle razze” scrive infatti che ognuno di noi ha un parente in comune con qualsiasi altra persona sulla Terra.
Sì, è uno studio che hanno fatto degli americani. Stavano cercando di ricostruire le genealogie umane sulla base del dna e sono arrivati a capire che se torniamo indietro di 3mila anni circa mediamente troviamo un parente in comune con chiunque sulla Terra.
Quindi si può dire che siamo tutti africani?
Esatto, e non è una provocazione. Siamo tutti quanti figli di un gruppo molto piccolo di persone che 100mila anni fa è uscito dall’Africa e ha colonizzato la Terra. E’ una ricostruzione fedele della nostra storia.
E si può dire anche che siamo il frutto di tante migrazioni?
È quello che sto tentando di dimostrare con il mio ultimo libro, Il giro del mondo in 6 milioni di anni, scritto con Andrea Brunelli. Le migrazioni che tanto preoccupano oggi non sono altro che la prosecuzione di una storia cominciata 6 milioni di anni fa quando fu fatta la prima migrazione: dagli alberi alla terra.
Perché allora si usa ancora il termine razza?
Ci hanno spiegato che deriva da una parola francese, haraz, che si riferiva ai discendenti di uno stesso stallone, quindi si usava in ambito equino. E poi è passata a indicare un gruppo di animali, di piante, di persone, che si assomigliano tra di loro. E questo è proprio il problema: nell’uomo questi gruppi non si possono distinguere a livello biologico. Dal ‘700 in poi sono stati proposti tantissimi cataloghi e non ce ne sono due che indichino lo stesso numero di razze e la stessa definizione. La stessa persona, se classificata dal punto di vista della pelle finisce in una razza, in base a certi test del Dna finisce in un’altra razza e guardando al gruppo sanguigno ancora in una terza razza. È un sistema che non è coerente e la scienza invece richiede coerenza.
E quali erano allora le basi scientifiche che esattamente 80 anni fa portarono alle Leggi Razziali?
Gli scienziati che hanno firmato il Manifesto della Razza – il documento che aprì la strada alla promulgazione delle Leggi Razziali – non sapevano quello che dicevano, erano dei pessimi scienziati. E basta leggere il manifesto per capirlo: dopo aver detto che le razze esistono, quando devono definire la razza italiana, danno quattro definizioni diverse in quattro righe diverse. Secondo loro siamo ariani, quindi appartenenti a un gruppo che comprende anche buona parte dell’Asia, poi siamo italiani, due righe più sotto diventiamo mediterranei occidentali e nell’ultima riga siamo europei. Un pasticcio indecente. Erano scienziati di terza categoria che hanno firmato quel documento solo per compiacere Benito Mussolini.
Però oggi…
Oggi si sente ancora parlare di “razza italiana”, come ha detto l’esponente del Pd Patrizia Prestipino questa estate, o di “razza bianca”, un concetto espresso da Attilio Fontana, candidato del centrodestra alla Regione Lombardia, solo alcuni giorni fa.
Ma la preoccupazione di Attilio Fontana di bloccare l’immigrazione perché salvaguardare la razza bianca ha qualche fondamento?
Le posso raccontare questo. Grazie agli studi genetici fatti sulle ossa fossili preistoriche, oggi sappiamo che gli europei fino a 7mila anni fa non avevano affatto la pelle bianca. Avevano la pelle scura e gli occhi azzurri. E la pelle chiara è arrivata con due ondate migratorie: una dal Medio Oriente e una dal nord della Russia. Insomma, niente migrazione, niente pelle bianca in Europa. Se 7-8mila anni fa i migranti fossero stati bloccati, oggi saremmo tutti quanti scuri. E questo è un dato di fatto.
Secondo Lei queste affermazioni sono frutto di ignoranza o di una consapevole strumentalizzazione?
Un po’ tutte e due. Però Fontana si è vantato dopo le sue esternazioni perché il suo consenso è aumentato: vuol dire che c’è chi punta decisamente a buttarla sul razzismo per far breccia in un elettorato che ha bisogno più di un nemico da odiare che di un ragionamento da seguire.
E perché la gente non capisce che le razze non esistono?
Io penso che sia perché in realtà in questi discorsi la genetica c’entra molto poco. Chi fa discorsi razzisti sta dicendo che secondo lui ci sono delle persone che possono essere discriminate in base al colore del pelle, al passaporto. “Padroni a casa nostra” significa non voler fare i conti con la complessità del mondo in cui viviamo. È chiaro che costa fatica vivere con persone che hanno abitudini e costumi diversi. Ma finché nel mondo esistono le disuguaglianze economiche ci sarà sempre gente che cercherà di venire qui da noi. I muri non pagano, perché la gente continuerà a venire.
Quindi come si può smettere di essere razzisti?
Partendo dalla consapevolezza che abbiamo tutti dei pregiudizi. Io una volta in Kenya mi sono ritrovato con una gomma a terra. C’erano 40 africani intorno a me e io ho chiesto aiuto all’unico bianco in circolazione. Il punto è cercare di mettersi nei panni degli altri. Ho vissuto anche tre anni in America e mi ricordo cosa loro pensano degli italiani: sono sessisti, mettono le mani nel culo delle donne. Forse la cosa migliore per abbassare il nostro livello di razzismo sarebbe viaggiare e misurarci con i pregiudizi che circolano su noi italiani. Quelli ti fanno capire cosa significa sentirsi discriminati.
E se dovesse spiegare questi concetti a un bambino?
A un bambino non spiegherei per esempio che abbiamo il 99,9% del Dna in comune. Cercherei di sottolineare che siamo tutti diversi ma che questo non significa che guardando una persona si riesca a capire chi è migliore e chi peggiore.
Scienza
Razzismo, genetista: “La razza bianca? Senza immigrazione gli europei avrebbero la pelle scura”
Il professor Guido Barbujani spiega al fatto.it come anni di studi abbiano dimostrato che le razze umane non esistono e che coloro che firmarono il Manifesto sulla Razza 80 anni fa erano "scienziati di terza categoria". Classificare gli uomini è impossibile e anche tratti che crediamo tipici di un territorio sono in realtà frutto di fenomeni migratori. Come la pelle bianca, che fu portata in Europa "dal Medio Oriente e dal nord della Russia"
Oggi, come 80 anni fa, c’è chi afferma di voler salvaguardare “la razza bianca a rischio”. Ma se nel 1938, anno in cui il Fascismo promulgava in Italia le Leggi razziali, “non era una bestemmia credere nella razza perché ci credevano più o meno tutti”, nel 2018 lo è. Perché nel frattempo la genetica ha dimostrato che le razze umane non esistono, erano solo l’invenzione di qualche scienziato di “terza categoria”, come quelli che firmarono il Manifesto della Razza voluto da Mussolini. Classificare gli uomini in gruppi è impossibile. Lo spiega al fattoquotidiano.it Guido Barbujani, genetista e professore all’università di Ferrara, autore di 146 articoli su riviste internazionali e di sei saggi divulgativi: “Ognuno di noi ha il 99,9% del dna e un parente in comune con qualsiasi altra persona sulla Terra”. E probabilmente Attilio Fontana, leghista candidato a guidare la Regione Lombardia, non sa che la pelle bianca che lui vuole salvaguardare dall’immigrazione, non sarebbe mai esistita proprio senza i fenomeni migratori: “Gli studi genetici fatti sulle ossa fossili preistoriche dimostrano che se 7-8mila anni fa i migranti provenienti dal Medio Oriente e dal nord della Russia fossero stati bloccati, oggi in Europa saremmo tutti quanti scuri“.
Partiamo da un concetto. Le razze umane esistono?
No, nell’uomo non ci sono le razze. C’è una grande variabilità e, come diceva l’antropologo americano Frank Livingstone – che nel 1962 fu il primo a pubblicare un articolo sulla non esistenza delle razze umane – le differenze ci sono, ma sono come sfumature in una tavolozza in cui non c’è mai una soluzione di continuità. Oggi grazie alla genetica abbiamo capito che ognuno di noi ha in comune con una qualunque altra persona sulla Terra il 99,9% del suo dna.
Nel suo libro “L’invenzione delle razze” scrive infatti che ognuno di noi ha un parente in comune con qualsiasi altra persona sulla Terra.
Sì, è uno studio che hanno fatto degli americani. Stavano cercando di ricostruire le genealogie umane sulla base del dna e sono arrivati a capire che se torniamo indietro di 3mila anni circa mediamente troviamo un parente in comune con chiunque sulla Terra.
Quindi si può dire che siamo tutti africani?
Esatto, e non è una provocazione. Siamo tutti quanti figli di un gruppo molto piccolo di persone che 100mila anni fa è uscito dall’Africa e ha colonizzato la Terra. E’ una ricostruzione fedele della nostra storia.
È quello che sto tentando di dimostrare con il mio ultimo libro, Il giro del mondo in 6 milioni di anni, scritto con Andrea Brunelli. Le migrazioni che tanto preoccupano oggi non sono altro che la prosecuzione di una storia cominciata 6 milioni di anni fa quando fu fatta la prima migrazione: dagli alberi alla terra.
Perché allora si usa ancora il termine razza?
Ci hanno spiegato che deriva da una parola francese, haraz, che si riferiva ai discendenti di uno stesso stallone, quindi si usava in ambito equino. E poi è passata a indicare un gruppo di animali, di piante, di persone, che si assomigliano tra di loro. E questo è proprio il problema: nell’uomo questi gruppi non si possono distinguere a livello biologico. Dal ‘700 in poi sono stati proposti tantissimi cataloghi e non ce ne sono due che indichino lo stesso numero di razze e la stessa definizione. La stessa persona, se classificata dal punto di vista della pelle finisce in una razza, in base a certi test del Dna finisce in un’altra razza e guardando al gruppo sanguigno ancora in una terza razza. È un sistema che non è coerente e la scienza invece richiede coerenza.
E quali erano allora le basi scientifiche che esattamente 80 anni fa portarono alle Leggi Razziali?
Gli scienziati che hanno firmato il Manifesto della Razza – il documento che aprì la strada alla promulgazione delle Leggi Razziali – non sapevano quello che dicevano, erano dei pessimi scienziati. E basta leggere il manifesto per capirlo: dopo aver detto che le razze esistono, quando devono definire la razza italiana, danno quattro definizioni diverse in quattro righe diverse. Secondo loro siamo ariani, quindi appartenenti a un gruppo che comprende anche buona parte dell’Asia, poi siamo italiani, due righe più sotto diventiamo mediterranei occidentali e nell’ultima riga siamo europei. Un pasticcio indecente. Erano scienziati di terza categoria che hanno firmato quel documento solo per compiacere Benito Mussolini.
Però oggi…
Oggi si sente ancora parlare di “razza italiana”, come ha detto l’esponente del Pd Patrizia Prestipino questa estate, o di “razza bianca”, un concetto espresso da Attilio Fontana, candidato del centrodestra alla Regione Lombardia, solo alcuni giorni fa.
Ma la preoccupazione di Attilio Fontana di bloccare l’immigrazione perché salvaguardare la razza bianca ha qualche fondamento?
Le posso raccontare questo. Grazie agli studi genetici fatti sulle ossa fossili preistoriche, oggi sappiamo che gli europei fino a 7mila anni fa non avevano affatto la pelle bianca. Avevano la pelle scura e gli occhi azzurri. E la pelle chiara è arrivata con due ondate migratorie: una dal Medio Oriente e una dal nord della Russia. Insomma, niente migrazione, niente pelle bianca in Europa. Se 7-8mila anni fa i migranti fossero stati bloccati, oggi saremmo tutti quanti scuri. E questo è un dato di fatto.
Secondo Lei queste affermazioni sono frutto di ignoranza o di una consapevole strumentalizzazione?
Un po’ tutte e due. Però Fontana si è vantato dopo le sue esternazioni perché il suo consenso è aumentato: vuol dire che c’è chi punta decisamente a buttarla sul razzismo per far breccia in un elettorato che ha bisogno più di un nemico da odiare che di un ragionamento da seguire.
E perché la gente non capisce che le razze non esistono?
Io penso che sia perché in realtà in questi discorsi la genetica c’entra molto poco. Chi fa discorsi razzisti sta dicendo che secondo lui ci sono delle persone che possono essere discriminate in base al colore del pelle, al passaporto. “Padroni a casa nostra” significa non voler fare i conti con la complessità del mondo in cui viviamo. È chiaro che costa fatica vivere con persone che hanno abitudini e costumi diversi. Ma finché nel mondo esistono le disuguaglianze economiche ci sarà sempre gente che cercherà di venire qui da noi. I muri non pagano, perché la gente continuerà a venire.
Quindi come si può smettere di essere razzisti?
Partendo dalla consapevolezza che abbiamo tutti dei pregiudizi. Io una volta in Kenya mi sono ritrovato con una gomma a terra. C’erano 40 africani intorno a me e io ho chiesto aiuto all’unico bianco in circolazione. Il punto è cercare di mettersi nei panni degli altri. Ho vissuto anche tre anni in America e mi ricordo cosa loro pensano degli italiani: sono sessisti, mettono le mani nel culo delle donne. Forse la cosa migliore per abbassare il nostro livello di razzismo sarebbe viaggiare e misurarci con i pregiudizi che circolano su noi italiani. Quelli ti fanno capire cosa significa sentirsi discriminati.
E se dovesse spiegare questi concetti a un bambino?
A un bambino non spiegherei per esempio che abbiamo il 99,9% del Dna in comune. Cercherei di sottolineare che siamo tutti diversi ma che questo non significa che guardando una persona si riesca a capire chi è migliore e chi peggiore.
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Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".