La storia di Tomek e Elisabeth ci ha tenuto con il fiato sospeso per due giorni. Ne hanno parlato tutti. Perfino il New York Times. Tomek Mackiewicz, noto e bravissimo alpinista polacco e Elisabeth Revol, altrettanto brava alpinista francese, hanno deciso di scalare in questa stagione, il Nanga Parbat, la nona montagna più alta del mondo, che si trova in Pakistan.
Dopo un periodo di acclimatamento, una decina di giorni fa hanno iniziato il loro tentativo per la cima di 8125 metri ieri. La raggiungono giovedì 26 gennaio. Una volta in vetta, iniziano la discesa. Ma qualcosa va storto e per un lungo lasso di tempo non si hanno più notizie di loro, creando moltissima preoccupazione. Tomek ha perso la vista e non può più scendere. Mi spiegano che la vista si può perdere in quelle situazione per due motivi. O per edema cerebrale. O per la rottura degli occhiali protettivi. Elisabeth lo aiuta come può e lo porta fino a 7.200 metri. Poi da lì, avrebbero dovuto risalire di poco e prendere un’altra discesa. Ma su quella salita, Tomek ha perso tutte le sue energie.
Elisabeth, nell’impossibilità di poter fare qualsiasi cosa da sola, ha continuato a scendere, non percorrendo la strada da dove erano saliti, ma dalla parte opposta. E questo la salva. Su quel costone infatti, erano rimaste delle corde intatte di una scalata avvenuta ad ottobre e non si erano distrutte. Piano, piano arriva al Campo 3. Intanto le notizie volano. E i tam tam tra alpinisti si fanno intensi. Daniele Nardi, noto alpinista italiano, alle 7 di sera del 26 gennaio viene a sapere delle difficoltà dei due compagni, che lui conosce molto bene. Lo avvisa Ludovic, uno scalatore francese amico di Elisabeth, con cui ha programmato una scalata sugli Appennini nei prossimi giorni
“Ho creato subito un gruppo Whatsapp – racconta Nardi – per coordinare i soccorsi e creare una linea diretta con l’agenzia pakistana che ha organizzato la spedizione e altre persone sempre in Pakistan. Dalle posizioni gps che mi arrivavano ho cercato di realizzare le foto per i soccorsi, al fine di dare una ubicazione visiva e tridimensionale ai numeri che definiscono il punto satellitare dei movimenti di Tomeck ed Elisabeth. Nel frattempo Ludovic informa le relative ambasciate. Chiama gli elicotteri e trova nel giro di poco tempo anche i soldi per farli volare. In questo gruppo di coordinamento che ho creato, continua Nardi, ci sono tante persone ed è stato meraviglioso vedere come ognuno si sia dato da fare al massimo delle possibilità. Oltre a me e Ludovic, ne fanno parte il marito di Elisabeth, e la moglie di Tomeck, e tanti altri alpinisti: Robert dalla Polonia, Maurizio Gallo, Ali Saltoro, Stefania Mondini, Masha Gordon e Thiery Filippo. Tutti con una unica grande speranza: salvarli. Ho passato al campo base del Nanga Parbat sul versante Diamir un totale di dieci mesi della mia vita e lo conosco bene”.
Daniele passa la notte a programmare e coordinare i soccorsi. Ed è mattina quando gli elicotteri si alzano in volo per andare a prelevare alcuni scalatori polacchi in marcia sul K2 e portarli sul Nanga Parbat. Arrivano intanto notizie da Elisabeth, che accusa un grave congelamento su cinque dita del piede sinistro. Sa però che i soccorsi composti da una squadra di scalatori e 2 elicotteri stanno arrivando. Decide allora di iniziare a scendere con le sue forze verso campo due per andare incontro ai suoi soccorritori. E’ consapevole che muovendosi ha più possibilità di vivere. Lasciati gli elicotteri Urubko e Bielecki, gli alpinisti polacchi, sanno di avere poco tempo per salvare i colleghi. Iniziano subito ad arrampicarsi e in 12 ore di notte raggiungono Elisabeth. Normalmente ci sarebbero voluti 2 giorni.
Elisabeth è salva e ora si trova in ospedale a Islamabad. Nardi l’ha sentita proprio stamattina. E’ molto confusa, ma salva. Tomek invece è rimasto lassù, a oltre settemila metri, da solo, a riposare sulla montagna che ha sempre sognato.