Spiccano soprattutto i nomi di Manconi, Realacci e Lo Giudice, che sono legati a importanti leggi come quella sulla tortura e la legge sulle unioni civili
Fuori Manconi, fuori Realacci, fuori Lo Giudice. Dentro solo Cirinnà. I grandi esclusi della prossima legislatura sono i padri delle leggi sui diritti civili, approvate o mancate. Luigi Manconi, padre di molte battaglia è forse il nome più noto. A nulla è valsa la sua battaglia per far approvare la legge sullo ius soli né il suo sciopero della fame. Lui commenta così su Facebook: “Ringrazio tutti coloro che – e sono stati tantissimi – si sono impegnati, nelle modalità più diverse, per sostenere la mia candidatura. Non è andata bene. Non sono candidato e, dunque, non sarò presente nel prossimo Parlamento. Non rimarrò con le mani in mano. Con affetto”, lasciando intendere che continuerà a condurre le sue battaglie anche fuori dal Parlamento. Non solo ius soli, Manconi, sociologo e scrittore, si espresse anche sulla legge sulla tortura che finì per non votare, ritenendola stravolta rispetto al testo iniziale.
Anche Ermete Realacci resta fuori dalla prossima legislatura. Ecologista, ex presidente di Legambiente e, nella legislatura uscente, presidente della Commissione Ambiente della Camera. E come Realacci, resta fuori il senatore Sergio Lo Giudice che insieme a Monica Cirinnà è stato il padre della legge sulle unioni civili. Nonostante sia stato il primo firmatario di disegni di legge sui diritti delle persone Lgbt, dei disabili, degli immigrati, sulla trasmissione del cognome della madre ai figli, su reato di depistaggio e sulla depenalizzazione del consumo di droghe, l’impegno non è bastato a farlo ricandidare.
Lo Giudice affida a Facebook il suo sfogo: “Sono rimasto incastrato dai veti incrociati del mio partito, nazionale e locale” e in un’intervista rilasciata a LaPresse dichiara che per quanto riguarda la sua non ricandidatura “Ci sono due riflessioni da fare, una personale e l’altra politica. Per quanto riguarda la prima, mi chiedo quanto la scelta di non candidarmi possa generare una battuta d’arresto nella battaglia dei diritti civili. Mi auguro di no, spero che nel programma ci siano i punti qualificanti di questa battaglia. E’ importante, a questo scopo, per esempio che la senatrice Monica Cirinnà sia candidata. Detto questo, io farò campagna elettorale per il Pd.” Sulla riflessione politica aggiunge: “E’ stata volutamente umiliata una fetta del partito. Ci sono stati dei veti posti da Renzi senza coinvolgere le aree di appartenenza. Nella formazione delle liste è stata bombardata tutta una determinata area politica per impedirne l’esistenza e con il preciso progetto politico di rendere omogeneo il partito che, a questo punto, è diventato qualcosa di molto diverso dal Pd plurale delle origini, nato come soggetto che metteva insieme più poli”.
“Il Pd sarà in grado di mantenere il voto della comunità che si batte per i diritti civili?” si domanda Lo Giudice – “Lo vedremo nel programma. Ci sono altri obiettivi da raggiungere come il matrimonio egualitario e la lotta alla transfobia“.