Prima della scoperta di Plutone, quando il sistema solare era più piccolo e l’inerzia del positivismo spingeva l’immaginario verso orizzonti assai lontani, il cosmo era la meta dei sognatori più arditi.
E siccome i sogni non hanno confini, dopo le influenti lezioni di Wells, Verne, Salgari e Poe viaggiare fantasticando tra le stelle divenne sempre più frequente. Ma ci fu qualcuno che pensò di poterlo fare persino senza astronavi. Nel 1906 usciva la prima edizione de Gli Esploratori dell’Infinito, delizioso capolavoro di fantascienza liberty, scritto e illustrato da Enrico Novelli, in arte Yambo, considerato a ragione caposaldo seminale della fantascienza italiana.
La storia narra la straordinaria avventura vissuta dal miliardario Harry Stharr, editore della Of The Good Young Gazette e da Giorgio Halt, suo giovane e pratico redattore. Dietro promessa di un cospicuo stipendio, Giorgio accetta di seguire il filantropo sul bolide Cupido, una cometa entrata nell’atmosfera e rimasta in orbita intorno alla Terra. Deluso dall’umanità infatti, Harry ha deciso di abbandonarla e di vivere quasi in solitudine sul nuovo satellite. Dopo un mirabolante approdo, i due scoprono Cupido già abitato da una banda di falsari che, approfittando del precedente passaggio del bolide, vi erano sbarcati intenzionati a produrre abbastanza valuta falsa da poter vivere serenamente il resto della vita.
A guidarli è il signor Harrigton, archetipo del malvagio chiacchierone con un piano a metà tra la Spectre e la Banda Bassotti. Quando Harrigton sta per impiccare i due invasori, un incidente che anticipa di 70 anni il fato della Luna nella serie tv Spazio 1999, scaglia Cupido nello spazio con tutti i suoi abitanti. Ha così inizio un lunghissimo viaggio, che porterà i cosmonaufraghi in prossimità di tutti i pianeti allora conosciuti del sistema solare, in una serie di picaresche ed ellittiche vicende in cui spiccano aumenti salariali, incontri con razze aliene, vendemmie extraterrestri e altre amenità, come il desiderio di Stharr di recuperare eticamente i numismatici briganti.
Oggi Gli Esploratori dell’Infinito è stato ripubblicato da Cliquot nella collana Fantastica, sia in edizione classica che a tiratura limitata, restituendoci un romanzo che, a dispetto dell’età, non può in alcun modo definirsi datato. Su Cupido infatti il linguaggio è ancora attuale, i dialoghi brillanti e ricchi di ritmo e i panorami mozzafiato. Come Blade Runner , il romanzo di Yambo è quindi ben invecchiato, senza alcuno scotto da pagare al secolo abbondante che ci separa dalla sua pubblicazione.
L’opera è sorretta non solo da un’elegante ironia, ma anche dal rispetto di quelle questioni scientifiche che contribuiscono a rendere tutto credibile ed evocativo, senza mai smarrire l’impegno divulgativo verso il pubblico meno preparato o gravando l’atmosfera di inclinazioni saggistiche.
In un viaggio così lungo e periglioso infatti, la sorte dei viaggiatori è sempre al centro della speculazione, con riferimenti ad atmosfere irrespirabili, temperature inumane, tranelli gravitazionali e istinti di sopravvivenza. Spesso Yambo ricorre all’escamotage della logorrea di Harry Stharr per mantenere alto il livello del discorso, e infine bistrattarlo come fosse il Puffo Quattrocchi. Indimenticabile la condizione che i marziali, testoni abitanti di Marte, pongono in prossimità dell’afelio, il punto più lontano e freddo dell’orbita cupidiana quando, per salvare gli umani dal gelo, decidono di ospitarli a bordo del loro piccolo mezzo, a patto che Stharr non apra mai bocca fino al momento di poter tornare all’aria aperta.
E ancora l’opera tutta è pregna di un meraviglioso che si nutre di riferimenti concreti alle scoperte del tempo, dalle problematiche sulla dimostrazione della teoria della relatività alle aspettative future del mondo accademico.
L’assenza di significative novità al 1928, anno della seconda edizione, risparmiò all’autore modifiche di sorta dal momento che, rispetto all’uscita del libro, l’universo era rimasto sostanzialmente lo stesso. Solo due anni dopo infatti Plutone venne scoperto dagli astronomi.
Il romanzo è infine impreziosito dalle bellissime illustrazioni dell’autore che conferiscono un tono recitativo gaio e al tempo solenne a personaggi e situazioni, incastonando il racconto in una cornice epica e narrativa, che rimanda a suggestioni dell’epoca che ammiccano a Melies e alla Domenica del Corriere. E ora, by Jove, leggetelo anche voi, che è meglio!