L’assessore di Milano Pierfrancesco Majorino parla niente meno che di “schifo”. E pure il candidato alla presidenza della Lombardia Giorgio Gori ci va giù duro: “Sulla composizione delle liste si è pasticciato molto”. Questa volta le espressioni forti, i due uomini di punta del Pd, non le hanno indirizzate agli avversari politici. Ma ai candidati scelti per la sfida del 4 marzo dal loro stesso partito. Nomi come quello di Paolo Alli, storico braccio destro di Formigoni, che un elettore di centrosinistra mai si sarebbe sognato di trovare sulla scheda accanto al simbolo del Pd. “Ma fa schifo solo a me questa cosa? – si è chiesto Majorino su Facebook -. Ma allora era meglio Formigoni direttamente”.
Alli è un esponente di Comunione e liberazione e per anni è stato uno dei più stretti collaboratori del Celeste in regione Lombardia, arrivando a ricoprire il ruolo di sottosegretario alla presidenza. Nel 2013 è stato eletto alla Camera per il Pdl, per poi passare all’Ncd di Alfano. Ciliegina sulla torta, lo scorso ottobre è stato rinviato a giudizio per tentato abuso d’ufficio a seguito di uno dei filoni d’inchiesta che hanno scoperchiato le magagne della sanità lombarda. Niente che dalle parti del Nazareno sia stato preso in considerazione mentre si sceglievano i nomi da mettere in lista. E così quello di Alli è finito nero su bianco nella casella del collegio uninominale di Mantova per il Senato, in quota della formazione della ministra Beatrice Lorenzin, Civica popolare. “Il problema non è Cl in sé – è l’opinione di Majorino – ma quella parte che in questi anni ha fatto scelte precise. Ecco, Alli era uno di quelli di quelle scelte precise. E più che legittimamente non se ne è mai vergognato”.
Il suo non è neppure l’unico nome a causare più di un mal di pancia tra i militanti lombardi del Pd. C’è anche Angelo Capelli, candidato nel collegio uninominale di Rozzano per la Camera. Anche lui ciellino, siede tra i banchi degli alfaniani al Pirellone, dove è stato relatore della riforma della sanità voluta da Maroni. Niente a che vedere col Partito democratico, almeno fino a qualche giorno fa. Poi c’è chi è entrato nel Pd solo qualche mese fa, dopo lunghissimi trascorsi dall’altra parte della barricata: vedi alla voce Maurizio Bernardo, in Forza Italia sin dalla discesa in campo di Berlusconi, partito per il quale ha ricoperto più di un mandato al Pirellone, dove è stato anche assessore di Formigoni. Nel 2006 Bernardo è entrato per la prima volta alla Camera, nel 2013 è stato rieletto per il Pdl. Poi è passato all’Ncd, prima di fare il grande salto nel Pd, lo scorso luglio. E ora a Montecitorio proverà a tornare, grazie alla seconda posizione nella lista proporzionale del collegio di Varese e Busto Arsizio.
Alli, Capelli, Bernardo. Nomi che messi in fila spingono l’esponente di Liberi e uguali Pippo Civati a ironizzare sulla “meglio gioventù” formigoniana: “Chi vota Pd sappia che vota Formigoni e vota la sua eredità politica”. Una situazione che unita all’esclusione – poi rientrata – della deputata uscente Lia Quartapelle, ha movimentato il week end della base del Pd milanese, sempre più incredula di fronte alle indiscrezioni che man mano arrivavano dalla segreteria. Oggi sul punto è intervenuto anche Gori: “Sulla composizione delle liste del Pd credo che si sia pasticciato molto. Si è ascoltato poco il territorio, si sono attribuiti posti in lista agli alleati. Data la legge elettorale era giusto che così fosse, ma forse la Lombardia non era il territorio più adatto per offrire collocazione agli alleati, vista la fortissima riduzione dei seggi del Pd in Parlamento”.
Se non bastassero i formigoniani, in lista per il proporzionale alla Camera compare anche Gianfranco Librandi, deputato uscente e imprenditore. Un passato come consigliere comunale di Saronno per Forza Italia, nel 2009 Librandi ha fondato il movimento politico Unione Italiana con cui nel 2011 ha appoggiato la corsa a sindaco di Milano di Letizia Moratti. Nel 2013 è entrato a Montecitorio con Scelta Civica, per poi entrare nel gruppo misto. Fino allo scorso luglio, quando anche lui ha fatto il balzo nel Pd. Un approccio trasformista replicato quando da imprenditore ha finanziato la politica: negli ultimi tre anni, con la sua Tci Telecomunicazioni Italia, è riuscito a donare contributi sia a Fratelli d’Italia che al Pd, oltre che a finanziare le campagne elettorali di Mariastella Gelmini e, contemporaneamente, quelle di Stefano Parisi e Giuseppe Sala a sindaco di Milano.
@gigi_gno