Quando lo scorso 20 novembre Milano, che aveva una sede già pronta da utilizzata, perse al sorteggio l’agenzia europea del farmaco a favore di Amsterdam l’Italia intera rimase delusa, ma si disse che entrambi i progetti presentati erano ottimi e che i dipendenti, che allo stato lavorano a Londra, preferivano i Paesi Bassi. Oggi a sorpresa arrivala notizia che l’edificio finale non sarà pronto per il 30 marzo 2019″, data entro la quale avverrà il trasloco da Londra a causa della Brexit e “quindi  – spiega il direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco, Guido Rasi, durante una conferenza stampa a L’Aia – dovremo prima trasferirci in locali temporanei nella città, e poi nell’edificio finale” a Zuidas, distretto finanziario della città. “Questo doppio trasferimento ci costringerà a investire più risorse. Prolungherà la nostra modalità di ‘pianificazione della continuità operativa’, il che significa che ci vorrà più tempo per tornare alle normali operazioni con le quali svolgiamo importanti attività di salute pubblica“.

La notizia ha immediatamente suscitato reazioni trai politici e rappresentati di governo locale e nazionale. Tanto che fonti di Palazzo Chigi fanno sapere che il governo intraprenderà ogni opportuna iniziativa presso la Commissione europea e le istituzioni comunitarie competenti affinché, venga valutata la possibile riconsiderazione della decisione che vide Milano battuta al sorteggio finale. “Amsterdam non è pronta ad ospitare l’agenzia del farmaco. Il governo riproponga la scelta di Milano. È importante fare presto nell’interesse dei cittadini europei” l’appello lanciato via Twitter dalla Presidente della Camera, Laura Boldrini. Il primo a commentare è stato il governatore leghista: “Ma come, Amsterdam non è pronta? Ci hanno presi in giro? Sulla salute dei cittadini non si può scherzare: cara Commissione Ue, riporta Ema a Milano, subito: il Pirellone è pronto e disponibile” scrive sul suo profilo Facebook il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni. “Leggo in una nota che, secondo la direzione di Ema, i problemi di Amsterdam ad ospitare la loro nuova sede sono evidenti. Sono in contatto con il Presidente Gentiloni per valutare tutte le possibili iniziative” scrive il sindaco di Milano, Sala sul suo profilo Facebook. “Sono d’accordo con il presidente Maroni confermiamo che Milano è in grado di rispettare la tempistica richiesta, sia per la sede che per tutte le condizioni a latere”.

“Da novembre – ha ricordato Rasi – abbiamo lavorato intensamente con le autorità olandesi per garantire che questa transizione sia il più semplice possibile. Vorrei ringraziarli per la loro disponibilità a impegnarsi. Siamo anche contenti dell’ampio supporto allo staff messo in atto dalla città di Amsterdam. Nelle scorse settimane abbiamo avuto ampie discussioni sulla selezione di un edificio temporaneo. Entrambe le parti hanno convenuto che gli edifici inizialmente proposti non erano pienamente adatti allo scopo e, pertanto, i nostri partner olandesi hanno dovuto trovare un’altra opzione. Ciò ha richiesto più tempo del previsto, ma sono lieto che ora abbiamo trovato una soluzione”. “Tuttavia – avverte il direttore esecutivo – non è una soluzione ottimale. Avremo solo la metà dello spazio rispetto alla nostra sede attuale a Londra. Ma anche se dovremo usare strutture esterne per le riunioni, potremo almeno ospitare i nostri incontri scientifici di base nell’edificio temporaneo. Questa soluzione sarà meno dannosa per il nostro lavoro e consentirà inoltre ai costruttori di accelerare il completamento dell’edificio permanente a Zuidas”. I funzionari dell’Agenzia europea del farmaco, dopo che nel 2019 avranno lasciato Londra per via della Brexit, per almeno un anno ad Amsterdam terranno le loro riunioni anche in albergo.

A pagare i due traslochi, tuttavia, non sarà l’Ue: “il conto del trasferimento da Londra alla prima sede in Olanda lo paga il governo britannico – spiega all’Adnkronos Giovanni La Via, europarlamentare di Alternativa Popolare (Ppe) e responsabile della stessa Commissione per la procedura di localizzazione della nuova sede dell’ente regolatorio – perché fa parte dei costi della Brexit”. Questo impegno “non è in discussione, anche se c’è un negoziato in corso e, finché questo negoziato non si chiuderà, non ci sarà alcun esborso monetario da parte del Regno Unito”. Nella pratica, la Commissione europea anticiperà la somma e “si rivarrà poi sul governo” britannico nell’ambito del ‘saldo Brexit’. Invece il secondo trasferimento, dalla sede provvisoria al Vivaldi Building, “sarà a carico del governo olandese che si è impegnato in questo senso nell’ambito dell’offerta formulata. Verrà specificato nella risoluzione che nessun costo dovrà gravare sul bilancio dell’Ue: i cittadini europei non dovranno pagare un euro a valere sul bilancio comunitario per questi trasferimenti“. È previsto, spiega ancora l’eurodeputato, che i dipendenti dell’Ema rimangano nella sede provvisoria per un periodo di circa “un anno: che poi siano 12 o 14 mesi oggi non è dato sapere”. Dunque, a spanne, nel Vivaldi Building l’Ema non dovrebbe entrare prima del marzo 2020. Le possibilità che si decida di cambiare l’assegnazione della sede, comunque, sono poche, anche se si tratta di una “decisione aperta: in linea teorica il Parlamento europeo potrebbe anche proporre una sede diversa, ma c’è stato un joint statement, un accordo tra le istituzioni, che noi saremmo tenuti a rispettare, visto che qualcuno per il Parlamento lo ha firmato”.

Uno piccolo spazio di manovra in effetti c’è ancora: perché l’iter legislativo della decisione, comunque, è fissato: c’è spazio per gli emendamenti, che potranno essere presentati, compresi emendamenti sulla sede, fino alla fine del mese. E la Commissione Affari costituzionali darà un parere”. Dopodiché “voteremo in Commissione lunedì 12 marzo e mercoledì 15 voteremo in plenaria (a Strasburgo, ndr)”. Se verrà confermata la sede di Amsterdam l’iter si chiuderà lì,

 

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