“Renzi ha la smania di prendersi la rivincita dalla sonora sconfitta del referendum e per far questo da febbraio chiede a noi di Alternativa Popolare di far cadere il governo Gentiloni ed in cambio ci ha detto ‘la legge elettorale scrivetela voi’ questa è la verità ed è gravissimo”. Era indignatissimo Sergio Pizzolante il primo giugno dello scorso anno quando denunciava questa storia davanti alle telecamere del Fatto.tv. Più che indignato, furente: “Il nostro vuole la rivincita, dopo il referendum. Perché gli è stato tolto il giocattolo del governo e adesso lo rivuole. Un capo che divide e si alimenta d’odio. Gli ritornerà tutto contro”. A Renzi Pizzolante non gliene passava mai una: “Renzi è in piena campagna elettorale e il suo problema è uno solo, la campagna elettorale non può durare 8-9 mesi, deve andare a votare prima. Il resto non conta. Il Paese non conta. Così dal 4 dicembre”. E ora? Ora Sergio Pizzolante, eletto per tre volte (nel 2006, nel 2008 e nel 2013) con Forza Italia e poi con il Popolo delle Libertà, va verso l’elezione consecutiva numero 4. Ma questa volta passerà dall’uninominale del Rosatellum e non dal proporzionale del Porcellum. Questa volta, soprattutto, sarà con il centrosinistra, proprio con Renzi. Dove? Nelle valli della Lombardia? Nella campagna laziale? In qualche città del Sud? No, in Romagna: a Rimini. Forse non si può definire proprio un collegio “blindato”, certamente è in una zona in cui il richiamo del partito – nonostante la crisi – tira ancora.
Nel disastro delle amministrative della primavera scorsa, per esempio, qui il Comune rimase ai democratici senza passare dal ballottaggio. Il sindaco Andrea Gnassi è molto amato, ma resta che tutti i sondaggi dicono che il Pd può conquistare la maggioranza dei suoi collegi della parte uninominale solo nelle Regioni rosse. E diversi collegi, per decisione della segreteria, finiranno agli alleati formato mignon del centrosinistra.
Da una parte, però, ai Radicali di Emma Bonino sono finiti collegi come Roma (non proprio una passeggiata), mentre gli ex di Alternativa Popolare – inseriti dentro la lista Civica Popolare – spuntano soprattutto in Emilia Romagna e Toscana, le Regioni rosse. Oltre a Pizzolante, per esempio, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin sarà la candidata della coalizione a Modena, un collegio arcisicuro per il “partitone”. Ma poi c’è Gabriele Toccafondi – sottosegretario all’Istruzione per cinque anni – che sarà candidato al collegio di Firenze-Novoli-Peretola, area ovest del capoluogo toscano. Probabilmente non c’è bisogno di presentazioni: la Lorenzin è stata a lungo tra gli astri nascenti di Forza Italia, tra le altre cose ha lavorato come capo di gabinetto di Paolo Bonaiuti quando era a Palazzo Chigi, fino a 10 anni fa era la leader dei giovani azzurri. Toccafondi invece è considerato un parlamentare “ciellino”, vicino all’organizzazione fondata da don Luigi Giussani e sicuramente garante in Parlamento e al governo delle scuole paritarie che non manca mai di rassicurare. A proposito di ciellini, la candidatura di Paolo Alli al collegio di Mantova ha fatto molto arrabbiare Pierfrancesco Majorino, assessore della giunta comunale di Milano: “Il braccio destro di Formigoni: ma fa schifo solo a me questa cosa? Ma allora era meglio Formigoni direttamente. Sono basito. Però per Realacci e Manconi non c’era posto”.
A queste candidature si aggiunge quella, già discussa a volontà sui giornali, di Pierferdinando Casini a Bologna. Ma poi ci sono terre in cui il Pd è forte, a prescindere dalla definizione di “regione rossa”. Come la Basilicata, dove vige il potentato dei Pittella. E infatti se a Potenza, per il Senato, corre Gianni (il capogruppo di Socialisti e Democratici all’Europarlamento, fratello del governatore), alla Camera – nello stesso territorio – gli elettori del centrosinistra si troveranno sulla scheda il nome di Guido Viceconte, a lungo storico componente di sottogoverno negli esecutivi guidati da Silvio Berlusconi.
A Pescara la candidata sarà un’altra parlamentare uscente che nel 2013 fu eletta col Pdl: è Federica Chiavaroli, che del Popolo delle Libertà fu coordinatrice cittadina fino al 2012. Lo stesso discorso vale per Gioacchino Alfano, che del ministro degli Esteri è solo omonimo, ma del quale ha seguito tutti i passi, da Forza Italia al Pdl fino alla scissione “per responsabilità”. L’Alfano meno famoso, finora sottosegretario alla Difesa, ha poi scelto il percorso della Lorenzin e quindi se la giocherà per il Senato nel collegio Napoli San Carlo. Sempre ex berlusconiano è Angelo Capelli, che nel 2013 entrò al consiglio regionale della Lombardia proprio con il Pdl: sarà il candidato del centrosinistra per l’uninominale della Camera nel collegio di Rozzano, dove di solito il centrosinistra va benino, ma deve fare i conti con il fatto che il centrodestra è tornato a scoppiare di salute.
A Reggio Calabria per il Pd e per gli altri partiti del centrosinistra il candidato del collegio per la Camera sarà un altro storico esponente del centrodestra, Nico D’Ascola, avvocato e presidente della commissione Giustizia del Senato, legale dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti e anche di Silvio Berlusconi, oltre che ex socio di Niccolò Ghedini. Di Giacomo Mancini junior – che da socialista, da anni fa la spola tra destra e sinistra – ha già scritto Gian Antonio Stella, sottolineando che se c’è uno che ama il ricambio è proprio il nipote dell’ex ministro degli anni Sessanta, visto che è passato con disinvoltura da tutte le aree conosciute dell’arco costituzionale. L’ultima traccia l’aveva lasciata come promotore della diffusione sul territorio dell’esperienza di Ala, ma alla fine ha trovato un ultimo tram per il Parlamento: correrà all’uninominale per la Camera con il centrosinistra, ma se gli andasse male c’è sempre la possibilità che venga eletto con la destra al consiglio regionale. E’ infatti il primo dei non eletti e Fausto Orsomarso è candidato al Parlamento per Fratelli d’Italia.
Ma non ci sono solo ex berlusconiani messi in pista da Renzi. La riconoscenza si allarga anche agli ex di Scelta Civica, che ormai è scomparsa da anni, ma che è stata fino all’ultimo giorno al governo con molti tecnici. Per esempio il viceministro degli Esteri Mario Giro che ha trovato un posto non proprio comodissimo nel listino proporzionale di Salerno-Scafati-Battipaglia: è al terzo posto, ma è pur sempre la terra di De Luca, dove il Pd va a tavoletta abbassata a prescindere da cosa accade nel resto d’Italia.
Messo meglio è Benedetto Della Vedova, anche lui alla Farnesina da sottosegretario, che se la giocherà all’uninominale di Prato, ultima sacca di resistenza della sinistra almeno sulla carta che infatti si è rivoltata contro la candidatura della Lorenzin. Qualche speranza ce l’ha anche Giuseppe De Mita (nipote di) che aveva mollato la Margherita per passare con l’Udc, ma ora ha deciso di mettere la retro. Lo zio Ciriaco fu protagonista di un memorabile scontro tv con Renzi durante la battaglia referendaria del 2016, ma tutto è perdonato: De Mita junior sarà candidato del centrosinistra nel collegio per la Camera di Ariano Irpino.
Ex montiani sono Andrea Mazziotti Di Celso e Andrea Olivero. Il primo, discendente di baroni e per molti mesi sconsolato relatore di una legge elettorale che non si voleva fare, non è stato proprio premiato: è candidato a Como per il Senato. Il secondo, viceministro dell’Agricoltura dopo essere stato per anni presidente dell’Acli, ha qualche speranza in più a Cuneo, sempre per Palazzo Madama.
I premi di consolazione vanno a ex Cinquestelle ed ex vendoliani che soprattutto nell’ultima parte della legislatura sono diventati i più leali con i governo di Renzi e Gentiloni. Dario Stefàno, presidente della giunta per le immunità del Senato che fu relatore della decadenza di Berlusconi, è l’uomo del centrosinistra a Lecce per il Senato, con un mega-paracadute perché sarà anche capolista del listino proporzionale nella stessa circoscrizione. La lealtà è premiata. Un po’ meno quella di Luciano Uras – anche lui ex Sel e poi Campo Progressista – che sarà candidato a Cagliari, anche se in Sardegna i Cinquestelle puntano al cappotto. La carrarese Martina Nardi, tra i parlamentari che con Gennaro Migliore uscirono in tempi non sospetti da Sel per dare una cintura di sicurezza ai governi del Pd, sarà terza nel listino proporzionale della circoscrizione Prato-Pistoia-Lucca-Massa Carrara.
Ci riprovano col Pd 4 ex M5s, infine, anche se si tratta di poco più di un premio di consolazione. L’emiliana Mara Mucci – al gruppo misto dal 2015 e dall’anno dopo nei Radicali – proverà a diventare senatrice a Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia. In Calabria, al terzo posto del listino proporzionale per il Senato, c’è Sebastiano Barbanti, che a dire il vero si è iscritto al gruppo Pd della Camera già dal marzo 2016. Nella circoscrizione Esteri, perché da dieci anni residente a Zurigo, c’è infine Alessio Tacconi: è al quarto posto e non tutto è perduto. Paola Pinna è quella messa peggio: è al quarto e ultimo posto del listino proporzionale per il Senato a Cagliari. In sostanza ci vuole un miracolo.