“Ogni storia che ho incontrato e ho vissuto mi lascia la consapevolezza che vale la pena giocare la propria vita, con le sue regole e le sue strategie, come negli scacchi, ciascuno alla ricerca del proprio ruolo, insieme agli altri pezzi”. Queste sono alcune delle parole che Alberto Fontana ha scritto nel suo libro Le regole dei motoneuroni, edito da Mondadori. Alberto è affetto da atrofia muscolare spinale (Sma), è sposato con Anna e ha tre figli, tutti chiamati con la stessa iniziale “A” . Il suo è un racconto della sua vita che si intreccia con le storie di quattro persone, tutte con un elemento in comune che li unisce: la malattia del motoneurone. Daniele, Aldo, Marco e Monica sono impegnati in una sfida grandiosa che insegna “che nulla è già scritto, ma che la vita va vissuta con intensità e senza mai darsi per sconfitti in partenza”.
Fontana, direttore della cooperativa milanese Spazio Aperto, sin da ragazzo vive su una carrozzina ma questo non gli ha impedito di realizzare progetti proprio per migliorare la qualità della vita dei disabili. Inclusione sociale, inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e lotta contro le patologie genetiche neuromuscolari sono i suoi cavalli di battaglia.
Nel suo primo libro racconta la vicenda di Daniele (conosciuto da Alberto in una comunità per disabili) che, colpito da un proiettile vagante, si è trovato a vivere con la spina dorsale spezzata. In lui, scrive, “il desiderio di bello e di bene diventa la volontà concreta e quotidiana di far fronte agli eventi della vita, rendendoli sempre e comunque un’opportunità”. Ma anche il caso del cugino Marco, giovane promessa della ginnastica italiana, sogno infranto a causa di un incidente con la sua Vespa che gli danneggerà per sempre i motoneuroni, che controllano i muscoli e i movimenti.
Poi c’è Aldo, regista conosciuto ad una manifestazione di volontariato a Milano: è nato con la malattia del motoneurone, “colpa di un gene localizzato sul cromosoma numero cinque”. Con lui, un Alberto adolescente comincia a parlare di sessualità, argomento a volte considerato tabù per i disabili. “Ti devi svegliare ragazzo”, ripeteva spesso Aldo a Fontana. La storia di Monica è, invece, quella di una donna con disabilità grave che diventa mamma, coronando un sogno. “È riuscita a completare una gravidanza con una malattia terminale del motoneurone, comunicando con un apparecchio ottico”. La cosa che può sembrare incredibile è “far nascere una vita mentre la sua vita si era rivelata così dura – scrive l’autore del libro –, costretta ad affrontare ogni santo giorno le cose più normali come fossero delle battaglie”.
Alberto, da oltre vent’anni, si impegna per difendere i diritti di tutti, “perché tutti giocano la loro partita con la consapevolezza che vale la pena rischiare, soprattutto quando l’avversario è temibile”, proprio come nel caso di una grave patologia che può anche condurre alla morte. È stata sua, ad esempio, l’intuizione di ideare e fondare, insieme ad altri, il Centro Clinico Nemo, di cui è presidente, e la Fondazione Serena e Aurora. “Il Centro Nemo è un esempio inedito di eccellenza multidisciplinare in grado di curare le persone affette da malattie genetiche neuromuscolari e seguirle nel corso dello svilupparsi delle rispettive patologie rare. Qui, tra le tante attività, stiamo realizzando una cosa straordinaria: per la prima volta è in corso la somministrazione di un nuovo farmaco che è in grado di fermare la degenerazione della Sma”, spiega Alberto a Ilfattoquotidiano.it.
Fontana ha lavorato anche per “sostenere la ricerca scientifica con l’obiettivo di sconfiggere malattie gravi come la Sla, la Sma e le distrofie muscolari”. Grazie al suo attivismo in pochi anni è diventato un punto di riferimento per l’eterogenea comunità delle persone con disabilità. E’ stato presidente nazionale dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm), dal 2015 è presidente della Lega per i diritti delle persone disabili (Ledha) dopo la scomparsa prematura del giornalista e blogger con disabilità Franco Bomprezzi, oltre che essere stato nominato consigliere nazionale di Famiglie Sma (Genitori per la ricerca sull’Atrofia muscolare spinale), associazione conosciuta al grande pubblico per la campagna di raccolta fondi realizzata con Checcho Zalone. Alberto è anche consigliere della Fondazione Telethon e membro della Commissione centrale di beneficenza di Fondazione Cariplo.
“Il mio viaggio alla ricerca di me – spiega Fontana – è stato fino a ora ricco, frenetico, affascinante: ho conosciuto persone, ho fatto cose e raggiunto obiettivi che mi fanno dire di essere stato fortunato e penso che la vita sia una cosa meravigliosa”, nonostante a volte possa regalare “difficoltà immense e significative sofferenze“. “Eppure, in ogni persona con la quale ho condiviso un tratto del mio viaggio – aggiunge – ho potuto vedere, persino respirare, il desiderio di affermare che vale la pena vivere”.