Noi con l’Italia tenta l’aggancio della soglia di sbarramento del 3 per cento, molto vicina, ma per il momento ha più di un problema con le proprie liste di candidati in Lombardia, una delle Regioni in cui è più forte quella che è stata chiamata la “quarta gamba” del centrodestra. La Corte d’Appello di Milano ha infatti contestato le candidature in 17 collegi uninominali. Mancano dei documenti, come la dichiarazione di accettazione della candidatura da parte dei rispettivi candidati di coalizione. Documenti che, secondo i rappresentanti del centrodestra, sarebbero però stati depositati dalla Lega per Lombardia 1, e da Forza Italia per Lombardia 4, in quanto i quattro partiti si erano divisi, per motivi organizzativi, la presentazione delle candidature comuni. Nelle prossime ore sarà depositato il ricorso di Noi con l’Italia, che dovrà essere vagliato dalla Cassazione.
Tra le 15 candidature in Lombardia 1 contestate ci sono anche i nomi della leader del movimento animalista Michela Vittoria Brambilla, degli assessori lombardi Massimo Garavaglia (Lega) e di Valentina Aprea (Forza Italia) e l’avvocato Cristina Rossello, che ha assistito Silvio Berlusconi nella fase iniziale della causa di separazione da Veronica Lario. Gli altri candidati “a rischio” sono Andrea Crippa, Paola Frassinetti, Andrea Mandelli, Jari Colla, Luca Squeri, Guido Della Frera, Alessandro Morelli, Igor Iezzi, Laura Molteni, Federica Zanella e Graziano Musella.
Stop, per il momento, anche alle candidature del Partito Repubblicano-Ala e di Grande nord nelle circoscrizioni lombarde per il Senato. Le due liste sono state dichiarate inammissibili con Democrazia cristiana, Siamo, Italia agli italiani, Destre unite, Partito comunista e Valore umano. In tutto sono 22 le liste che hanno formalizzato la richiesta di candidatura al Senato. “Faccio un appello al presidente Mattarella, che riguarda non solo noi, affinché vigili – dichiara Marco Reguzzoni, ex leghista e ora leader di Grande Nord – In uno Stato democratico la democrazia deve essere compiuta, non possiamo impedire alla gente almeno di partecipare alla competizione elettorale”.