“Come nel 2008, ma con meno qualità”. Il segretario confederale Uil Guglielmo Loy sintetizza così i dati di fine 2017 sul mercato del lavoro. Secondo i numeri snocciolati dall’Istat dopo la crescita del mese scorso, a dicembre 2017 la stima degli occupati diminuisce dello 0,3% (66mila unità in meno), tornando al livello di ottobre. Nell’ultimo mese dell’anno appena terminato il tasso di disoccupazione si è attestato al 10,8% (-0,1 punti percentuali), mentre quello di occupazione è diminuito fino al 58,0% (-0,2%). In quest’ultimo caso si tratta di un calo che riguarda sia gli uomini che le donne e tutte le fasce di età, ad eccezione degli ultracinquantenni. In particolare risultano in diminuzione i dipendenti, a tempo determinato e indeterminato, mentre rimangono stabili gli indipendenti. Ma proprio la diminuzione dei dipendenti a tempo indeterminato registrata a dicembre 2017 su base annua (e pari a meno 25mila unità) è il primo calo tendenziale che si osserva da gennaio 2015, ossia dall’esordio degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato partiti nel 2015. Nel confronto mensile la diminuzione è di 31mila unità per i dipendenti stabili.
A ilfattoquotidiano.it Loy, spiega: “Rispetto al 2008, il 2017 ci consegna una media di 467mila occupati dipendenti in più e 530mila occupati indipendenti in meno”. Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti ritiene che i dati Istat evidenzino, al di là delle oscillazioni e delle correzioni mensili, “un mercato del lavoro non ancora pienamente assestato, ma che conferma i miglioramenti di medio-lungo periodo”, tenuto conto che “gli occupati sono 173mila in più su base annua e i disoccupati sono 273mila in meno, con un tasso di disoccupazione che scende al 10,8%”. Poletti confida in una spinta positiva nei prossimi mesi dovuta “agli incentivi mirati per l’assunzione a tempo indeterminato dei giovani”, ma c’è chi non è così ottimista. È il caso, ad esempio, del segretario confederale della Cisl Gigi Petteni, secondo cui “nonostante su base annua si confermi l’aumento degli occupati, i dati di dicembre registrano una frenata, forse il segno di una ripresa economica non ancora consolidata”.
I DATI ISTAT – Nel trimestre ottobre-dicembre si registra un lieve incremento degli occupati rispetto al trimestre precedente (+0,1%, +16 mila). La crescita interessa prevalentemente le donne e si concentra soprattutto tra gli over 50 e, in misura più lieve, anche tra i giovani di 15-24 anni, a fronte di un calo tra i 25 e i 49 anni. L’aumento, però, è stimato esclusivamente per i dipendenti a termine, mentre diminuiscono i lavoratori a tempo indeterminato e gli indipendenti. La stima delle persone in cerca di occupazione a dicembre cala per il quinto mese consecutivo (-1,7%, -47 mila). La diminuzione della disoccupazione interessa donne e uomini e si distribuisce tra tutte le fasce di età ad eccezione dei giovani tra i 25 e i 34 anni. Il tasso di disoccupazione si attesta così al 10,8% (-0,1 punti percentuali rispetto a novembre), mentre quello giovanile scende al 32,2% (-0,2 punti). Dopo la diminuzione del mese scorso, a dicembre la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni cresce dello 0,8% (112mila in più). L’aumento interessa uomini e donne e tutte le età. Il tasso di inattività sale così al 34,8% (+0,3 punti percentuali). Nel trimestre ottobre-dicembre, rispetto ai tre mesi precedenti, alla crescita degli occupati si accompagna il calo dei disoccupati (-2,5%, -72mila) e l’aumento degli inattivi (+0,4%, +48mila).
I dati si prestano così a più letture. Perché se è vero che su base annua si conferma l’aumento degli occupati (+0,8%, +173mila) che riguarda donne e uomini, è emblematico che la crescita si concentri tra i lavoratori a termine (+303mila), mentre calano gli indipendenti (-105mila) e in misura minore i lavoratori a tempo indeterminato (25mila in meno). Inoltre ad aumentare sono soprattutto gli occupati con più di 50 anni (+365mila) e i giovani tra i 15 e i 24 anni (+42mila), mentre calano significativamente quelli tra i 25 e i 49 anni (-234mila). Nello stesso periodo diminuiscono i disoccupati (-8,9%, -273 mila) e crescono gli inattivi (+0,3%, +34 mila). Al netto dell’effetto della componente demografica, l’incidenza degli occupati sulla popolazione cresce su base annua tra i 15 e i 34 anni e fra i 50 e i 64 anni, mentre è in lieve calo tra i 35 e i 49 anni.
COME NEL 2008, MA CON MENO QUALITÀ – Secondo Loy il confronto tra gli anni, purtroppo, non conforta dal punto di vista della qualità dei posti di lavoro creati. “Siamo, infatti, in presenza di 2,7 milioni di occupati a termine nello scorso anno – ricorda – con un aumento di 443mila unità rispetto al 2008, a fronte di un debolissimo incremento di 24mila unità di occupati a tempo indeterminato con una media, nel 2017, che si chiude a 14.951mila unità”. Aumentano di oltre 1,2 milioni le persone in cerca di occupazione (2,9 milioni nel 2017), mentre la fascia maggiormente sofferente è quella tra i 35 e i 49 anni che, con circa un milione di disoccupati, vedono tendenzialmente un incremento di 435mila unità nello scorso anno. Secondo Loy i dati descrivono una ripresa che si sta concretizzando “con un aumento dei posti di lavoro che tornano ai livelli del 2008, ma con una occupazione purtroppo ancora debole”.
L’EX MINISTRO SACCONI: SALDO VIZIATO DA DIVERSI FATTORI – Per l’ex ministro Maurizio Sacconi, presidente dell’Associazione Amici di Marco Biagi, la rilevazione Istat “conferma un andamento sinusoidale che alterna piccoli incrementi dovuti ai dipendenti a termine e agli over 50, con piccoli decrementi dovuti ai lavoratori indipendenti e alla fascia anagrafica centrale”. Ecco perché per Sacconi “il saldo sull’anno trascorso è solo moderatamente positivo, ma viziato dal persistere di una grande dimensione di inattivi, da una vasta area di esclusione giovanile, dalla ripresa del lavoro sommerso, dal continuo cedimento occupazionale degli adulti con carichi di famiglia e dallo sviluppo dei contratti a termine come espressione della sfiducia nel futuro”. Della stessa opinione anche Paolo Mameli della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo che all’Ansa ha definito il dato sul calo della disoccupazione “meno brillante di quanto non appaia a prima vista, in quanto il calo del tasso dei senza-lavoro è dovuto all’aumento degli inattivi e la creazione di posti di lavoro su base annua resta confinata all’occupazione temporanea e ai lavoratori più anziani”.