C’è Antonio Angelucci, potentissimo e intoccabile editore di Libero e Il Tempo, signore delle cliniche e plurindagato padre politico dell’accordo fra Denis Verdini e Matteo Renzi. C’è anche il “re di Fondi”, Claudio Fazzone, colui che si oppose a spada tratta allo scioglimento per mafia del comune dal quale da 20 anni trae decine di migliaia di preferenze e che nel frattempo si è fatto sequestrare una villa lussuosissima intestata alla moglie. Nel frattempo, bussa alle porte di Montecitorio e Palazzo Madama la cosiddetta “generazione Polverini” – guidata dall’ex governatrice, ricandidata e “blindata” – ovvero ex assessori e consiglieri sopravvissuti (o riesumati) dopo la disastrosa esperienza in Regione Lazio fra il 2010 e il 2012, quando il centrodestra affondò sotto il peso delle spese pazze guidate da “Batman” Fiorito. Il centrodestra nel Lazio si prepara alle elezioni politiche del 4 marzo e, specie per quanto riguarda Forza Italia, non si lascia alle spalle indagini, processi e fallimenti politici, in nome del garantismo estremo e “della lotta di civiltà all’antipolitica”. Tutto ciò mentre la nave della Lega di Matteo Salvini, approdata nella regione che ospita la Capitale grazie supporto di tanti ex Msi rimasti senza casacca, sembra già irreparabilmente alla deriva.

IL SIGNORE DELLE CLINICHE
Recordman di assenze in Parlamento con il 99,59% delle sedute saltate, quello di Angelucci è sicuramente il nome che necessita di minori presentazioni. I guadagni provenienti dall’impero Tosinvest lo hanno portato, nel 2016, a denunciare un reddito annuo imponibile superiore ai 4 milioni di euro. Nella holding di famiglia, le cliniche San Raffaele, che a Roma hanno ormai soppiantato il monopolio dell’ex reuccio Giuseppe Ciarrapico, ma anche i quotidiani, su tutti Libero e, dal 2016, Il Tempo. Di inchieste e processi a carico suo e del gruppo ce ne sono diversi. Fra i principali – e più recenti – c’è la condanna a 1 anno 4 mesi per falso e tentata truffa (l’accusa di truffa è caduta in prescrizione) da parte del Tribunale di Roma per la vicenda dei doppi finanziamenti ai giornali (all’epoca Libero e Il Riformista). È iniziata dieci mesi fa, invece, l’indagine per traffico di influenze e false attestazioni nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Roma nella sanità laziale. Leggenda (politica) vuole che sia stato proprio “Tonino” a spingere il suo amico Denis Verdini – i due sono legati anche da vecchie questioni economiche – fra le braccia di Matteo Renzi (e viceversa) nei giorni dell’accordo in cui il segretario Dem sfondò il muro delle alleanze alla sua destra.

RIECCO “MISTER FONDI”
Dal basso Lazio – ma ormai in Parlamento da 13 anni – arriva Claudio Fazzone. Poliziotto in aspettativa ed ex autista di Nicola Mancino, si è costruito un impero politico a Fondi, cittadina nota per ospitare il mercato ortofrutticolo più grande d’Europa ma, anche, per essere stata sciolta per infiltrazioni mafiose nel 2009 su iniziativa dell’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Il provvedimento trovò la ferma opposizione di Fazzone – già senatore di maggioranza – il quale minacciò di querela il prefetto di Latina, Bruno Frattasi. D’altronde, fu proprio la sua città – di cui fu sindaco negli anni ’90 – a spingerlo a suon di voti, nel 2000, direttamente alla presidenza del Consiglio regionale e poi, nel 2005, in Senato. Nel 2015 la sua lussuosa villa sulla splendida Piana di Fondi viene considerata abusiva dalla Procura di Latina e confiscata, nonostante il sindaco del comune pontino, a lui vicino, avesse tentato una sanatoria. L’edificio era intestato alla moglie, e il senatore non risulta nemmeno indagato nel procedimento.

LA “GENERAZIONE POLVERINI”
Dietro Angelucci e Fazzone, (ri)emerge una generazione di politici rimasta nell’ombra dopo i disastri dell’era Polverini in Regione Lazio. Ricandidata come capolista a Viterbo proprio l’ex governatrice, espulsa lo scorso anno dall’Ugl – di cui è stata deus ex machina per anni – in virtù dell’inchiesta sulle spese folli con la carta di credito del sindacato. Di quella stagione facevano parte anche il ciociaro Mario Abbruzzese – presidente del Consiglio regionale travolto dallo scandalo delle spese pazze e oggi candidato all’uninominale per la Camera, dopo 5 anni passati all’opposizione alla Pisana – e il montefiasconese Francesco Battistoni, che di “Batman” Fiorito fu grande accusatore, prima che il vaso di Pandora fosse scoperchiato.

ESPLODE LA LEGA NEL LAZIO
Intanto, mentre in Forza Italia si fanno i conti con i curriculum dei propri candidati, la Lega di Salvini nel Lazio è sull’orlo di una crisi di nervi. All’origine dei mali, la totale assenza di corrispondenze fra i candidati e i territori. Dietro il leader Matteo e la capolista Giulia Bongiorno, infatti, prevale la ragion di partito. A Fiumicino, fatto fuori William De Vecchis in favore di Reggimenti. A Guidonia, la necessità di candidare Barbara Saltamartini in un territorio non ostile all’ex marito – e capo corrente – Pietro Di Paolo, ha tolto dai giochi un arrabbiatissimo Alessandro Messa. Ma soprattutto, a Frosinone il coordinatore regionale Luigi Zicchieri (di Latina) si auto-candida lasciando a piedi il coordinatore provinciale Fabio Forte. Che non l’ha presa bene: ha convocato una conferenza stampa e annunciato che non solo non voterà per la Lega, ma anche l’intenzione di ritirare il simbolo di Noi Con Salvini alle regionali a sostegno di Stefano Parisi. Un disastro, dato che – come si mormora da più parti – porterebbe la neonata base del Carroccio a spostarsi in massa su Sergio Pirozzi, così come ci si auspicava prima della discesa in campo dell’ex ad di Fastweb. Con buona pace della tanto acclamata “candidatura unitaria”.

MUSSOLINI, DINASTIA INFINITA
Difficilmente verrà eletta, ma va segnalato che nelle liste di Fratelli d’Italia è presente anche Rachele Mussolini, sorellastra di Alessandra – è figlia del jazzista Romano e dell’attrice Carla Maria Puccini – e a tutti gli effetti nipote del Duce. Sempre per restare in tema, la Lega schiera a Tor Bella Monaca, seppur con poche velleità – è territorio della pentastellata Paola Taverna – Barbara Mannucci, che nel 2011 si definì “la Claretta Petacci di Silvio Berlusconi”, alludendo al fatto di voler restare al fianco del Cavaliere “fino alla morte”, salvo poi passare tre anni dopo con il Carroccio. Con Fratelli d’Italia, poi, ha buone chance di entrare in Senato, Isabella Rauti, figlia del dirigente Msi Pino e ormai quasi ex moglie del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Quest’ultimo, invece, è destinato a saltare un giro, impegnato insieme a Francesco Storace con il Movimento Nazionale Sovranista (i due hanno annunciato di voler votare Salvini). Infine, curioso il confronto al collegio Gianicolense: lì il Pd schiera la radicale Emma Bonino. Fdi risponde con il pro-Life Federico Iadicicco, fra gli organizzatori del family-day.

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