La visita del presidente egiziano con l'ad di Eni e il rappresentante diplomatico Giampaolo Cantini ai pozzi da 850 miliardi di metri cubi scoperti nel 2015 è stato un momento patriottico trasmesso in diretta tv. E conferma quello che i media di Stato sostengono da mesi: le tensioni provocate dalla morte del ricercatore sono terminate
Due anni fa di questi giorni Giulio Regeni era tra le mani dei suoi aguzzini, che lo stavano torturando prima di ucciderlo e gettarlo il 3 febbraio 2016 lungo la superstrada che collega il Cairo e Alessandria. Oggi è il giorno di un’inaugurazione simbolica, ma di acclarata efficacia per la propaganda di governo egiziana. La visita del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi agli impianti del giacimento gasiero di Zohr per cerimonia di avvio della produzione è stato un rafforzamento della sua immagine, un momento patriottico trasmesso integralmente in diretta televisiva. E conferma quello che i media di stato egiziani ormai sostengono dal 14 settembre (giorno del rientro del nostro ambasciatore al Cairo): le tensioni diplomatiche tra Italia ed Egitto provocate dalla morte del ricercatore di Fiumicello sono terminate.
I giornalisti di regime, partiti all’alba dal Cairo con un convoglio governativo, hanno avuto un compito semplice. La presenza di Claudio De Scalzi, amministratore delegato Eni (l’azienda italiana che ha scoperto il maxi giacimento e che ora detiene il 60% della concessione) e dell’ambasciatore italiano Giampaolo Cantini hanno confermato agli spettatori egiziani che tra Roma e il Cairo i rapporti sono tornati a funzionare a gonfie vele. “Non smetteremo di cercare i criminali che hanno fatto questo” per consegnarli “all’autorità giudiziaria”, ha detto il presidente egiziano parlando di Giulio Regeni e sostenendo che il crimine è stato commesso “per rovinare i rapporti con l’Italia” e “per danneggiare l’Egitto”. “Non smetteremo mai”, ha detto ancora il generale riferendosi alla ricerca dei “criminali che hanno fatto questo”. Una ricerca che viene condotta anche “per la famiglia“, ha detto il presidente, esprimendo le proprie “condoglianze”.
L’avvio del primo mese sperimentale della produzione del giacimento di Zohr era stata annunciata lo scoro 16 dicembre. Il giorno prima gli inquirenti egiziani avevano consegnato agli avvocati egiziani di Regeni e alla procura di Roma il faldone di mille pagine contenente interrogatori e documenti sulla morte del ricercatore di Fiumicello.
Ma la cerimonia ufficiale è avvenuta solo oggi dopo un avvio che diversi esperti hanno ritenuto “lampo” per il tipo di giacimento in questione. Negli ultimi 3 anni, infatti, i lavori per iniziare l’estrazione non si sono mai fermati nonostante il ritiro ad aprile 2016 dell’allora ambasciatore Maurizio Massari (deciso dopo i depistaggi del governo egiziano sulla morte di Giulio Regeni il cui corpo era stato trovato con evidenti segni di tortura nella periferia del Cairo appena due mesi prima).
Lo aveva confermato in una nota rilasciata lo scorso 20 dicembre anche il gruppo del cane a sei zampe. “Eni ha avviato in meno di due anni e mezzo, un tempo record per questa tipologia di giacimento, la produzione del super-giant a gas di Zohr”, scriveva. “Zohr è uno dei sette progetti record di Eni caratterizzati da sviluppo e messa in produzione in tempi rapidi ed è la testimonianza del successo del Dual Exploration Model di Eni, adottato dalla società dal 2013″.
Il connubio tra l’azienda italiana e il governo egiziano è storico ed è andato avanti con cospicui investimenti (la previsione per i prossimi cinque anni è di circa 10 miliardi di dollari) nonostante l’instabilità delle casse egiziane che dopo la rivoluzione del 2011 ha accumulato circa 3,6 miliardi di dollari di debiti con le compagnie petrolifere presenti nel Paese. Ma nonostante le sofferenze e i mancati pagamenti da parte delle casse del Cairo, gli sforzi di Eni sono stati ripagati nell’agosto del 2015.
Zohr, infatti, è la più grande scoperta di gas mai effettuata in Egitto nel Mar Mediterraneo. Si trova nel blocco di Shorouk, nell’offshore dell’Egitto a circa 190 chilometri a nord di Port Said e ha un potenziale di oltre 850 miliardi di metri cubi di gas in posto (circa 5,5 miliardi di barili di olio equivalente). Secondo il ministro del petrolio egiziano Tarek el-Molla la produzione dovrebbe salire a 2,7 miliardi cubi al giorno entro la fine del 2019 trasformando l’Egitto in un hub gasiero regionale per il Medio Oriente e il Nord Africa.
Una risorsa senza precedenti in grado di sconvolgere gli assetti regionali energetici, come affermato anche recentemente dal Financial Times. “Con questo nuovo giacimento il mercato egiziano è in cambiamento”, ha scritto il prestigioso giornale economico. “L’autosufficienza energetica potrebbe essere raggiunta in meno di 18 mesi e il paese, ancora una volta, potrebbe diventare un esportatore e costruire la sua reputazione come uno dei più importanti hub commerciali nella regione posizionandosi anche come mediatori tra i mercati occidentali e mediorientali”.