Giustizia & Impunità

Ferrovie Sud est, cronaca di un tradimento: da gioiello del trasporto pugliese a emblema dello spreco

Dai vagoni della vergogna ai contratti ricchissimi per un'unica famiglia, dagli incarichi con compensi fuori mercato alla protervia dei vertici: sono i capitoli della storia ingloriosa per la rete ferroviaria regionale più estesa di tutta Italia (con gli incassi da ticket più bassi) e binari che attraversano 85 comuni lungo 474 chilometri

Ferrovie Sud Est ha progressivamente smarrito la propria missione, il trasporto pubblico locale”. C’era scritto anche questo nella due deligence elaborata dall’agenzia di consulenza Deloitte, consegnata a marzo 2016 all’ex commissario straordinario della società Andrea Viero e depositata presso il ministero delle Infrastrutture. Proprio dalla relazione del commissario straordinario di Fse Viero è partita l’inchiesta sfociata nell’arresto dell’ex amministratore unico Luigi Fiorillo e di altre 10 persone (tutti ai domiciliari): l’avvocato Angelo Schiano, Fausto Vittucci, revisore e certificatore dei bilanci Fse, gli imprenditori Ferdinando Bitonte, Carlo Beltramelli, Carolina e Gianluca Neri, Franco Cezza, sua moglie Rita Giannuzzi e suo figlio Gianluigi Cezza, e l’ex assessore regionale ai Trasporti Fabrizio Romano Camilli.

In dieci anni l’azienda ha speso 42 milioni di euro nella manutenzione di treni e autobus e 272 milioni in esternalizzazione di servizi, spese legali e consulenze. In questo periodo “l’azienda era l’amministratore unico” Luigi Fiorillo, che tra il 2004 e il 2005 ha ricevuto compensi per oltre 13,7 milioni di euro, a fronte dei 240mila euro che gli spettavano in base alle delibere di incarico. La verità è che una valanga di contratti, sprechi e compensi per i dirigenti ha portato la società partecipata dal ministero dei Trasporti, concessionaria per la Regione Puglia del servizio ferroviario, ad accumulare oltre 300 milioni di debiti e 1400 contenziosi. Una storia ingloriosa per la rete ferroviaria regionale più estesa di tutta Italia (con gli incassi da ticket più bassi) e binari che attraversano 85 comuni lungo 474 chilometri, da Bari a Gagliano del Capo. C’è questo dietro il crac nella gestione dell’azienda, acquistata un anno fa da Ferrovie dello Stato e tuttora sottoposta a proceduta di concordato preventivo in continuità. Un crac al centro dell’inchiesta ribattezzata ‘Relata refero 2’: 29 le persone indagate, fra cui imprenditori, dirigenti, consulenti e progettisti Fse. Ma sono diverse le inchieste aperte negli ultimi anni con l’obiettivo di far luce su 20 anni di gestione scellerata.

L’AMMINISTRATORE UNICO – L’avvocato tarantino Luigi Fiorillo ha ricoperto diversi ruoli al vertice dell’azienda per poi diventare nel 2001 amministratore unico della Ferrovie Sud Est. Gli stessi analisti hanno rilevato che, “oltre ai compensi in qualità di organo amministrativo, Fiorillo ha percepito nel tempo diverse e non irrisorie forme di remunerazione”. Tanto che come amministratore guadagnava 48mila euro, ma tra il 2004 e il 2005 gli sono stati corrisposti – attraverso un contratto co.co.co – oltre 7 milioni di euro. A questi vanno aggiunti i compensi come responsabile unico del procedimento (quasi 5 milioni dal 2008 al 2015) e quelli pagati da Trenitalia come dirigente distaccato di Ferrovie Sud Est (circa un milione).

LE ESTERNALIZZAZIONI E LE SPESE LEGALI – Per dieci anni esternalizzare i servizi è costato 272 milioni, 26 solo nel 2015, l’ultimo anno prima del commissariamento. La spesa per la gestione contabile ammonta a 83 milioni percepiti da Centro Calcolo per le buste paga (42 milioni), Bit per i biglietti (30 milioni) ed Eltel (10). Sono stati pagati, invece, 116 milioni a società esterne per i sistemi informativi, mentre per spese legali, amministrative e di consulenza Ferrovie Sud Est ha sborsato circa 73 milioni. Fra il 2013 e il 2015 le spese legali sono passate da 1,9 fino a 8,1 milioni. Il caso più rappresentativo è quello dello studio legale Schiano che, dopo 27 milioni di euro liquidati dal 2001 al 2015, vantava crediti per circa 15 milioni. Eppure, nonostante la gigantesca mole di contenziosi, non c’era alcuna traccia nell’azienda Ferrovie Sud Est di una direzione affari legali o almeno di un ufficio che sia stato capace di rapportarsi con i legali esterni. Così dal giugno 2013 al febbraio 2015 sono stati corrisposti oltre 294mila euro allo studio associato dell’ex presidente della Provincia di Bari Marcello Vernola e del fratello Massimo. In tre anni, sono stati affidati 12 incarichi, sei dei quali in uno stesso giorno, il 22 gennaio 2014. Nel giro di 24 ore, tramite affidamento diretto lo studio ha intascato circa 110mila euro.

GLI SPRECHI – E poi c’è la questione degli immobili. In modo particolare, quelli che l’azienda aveva a Roma. Il collegio sindacale aveva ripetutamente sottolineato l’inopportunità di spendere notevoli risorse economiche nel mantenimento di un ufficio nella Capitale. Ma mentre la sede operativa dell’azienda era a Bari, l’amministratore unico risiedeva a Roma. E svolgeva la propria attività da Roma anche il direttore del personale che, al momento dell’insediamento del commissario, aveva abbondantemente superato i termini per l’accesso alla pensione. Percependo così 220mila euro all’anno e una indennità di trasferta (per ogni volta che andava a Bari) pari a 98 euro all’ora. All’esterno era affidata anche la gestione dell’archivio storico. Fiorillo ha firmato contratti per incarichi a Rita Giannuzzi, Franco Cezza e Gianluca Cezza, rispettivamente madre, padre e figlio. Il primo contratto l’ha firmato l’archivista Rita Giannuzzi, per un compenso mensile di 8.950 (oltre a spese generale forfettarie) poi salito a 9.500.  Nel 2005 il marito, Franco Cezza ha ottenuto un’altra consulenza per curare l’archivio storico per un compenso di 6.650 euro al mese fino al dicembre 2012. Sono seguiti aumento e proroga. Nel frattempo è spuntata un’altra consulenza per il figlio Gianluca Cezza.

I VAGONI DELLA VERGOGNA – Poi ci sono gli appalti affidati alle società dell’imprenditore bolognese Carlo Beltramelli (da Sil a Filben). Ed è passato poco più di un anno da quando Beltramelli e l’ex amministratore Luigi Fiorillo (insieme ad altre tre persone), sono stati rinviati a giudizio nel procedimento per l’acquisto delle carrozze d’oro tuttora in corso a Bari. È un’inchiesta a parte, infatti, quella sulle presunte truffe per l’acquisto di 52 vagoni (27 nuovi e 25 ristrutturati), messe in atto fra il 2006 e il 2012. Fse aveva acquistato 27 vagoni nuovi dalla società polacca Pesa, pagandoli 93 milioni di euro con un finanziamento della Regione Puglia. Secondo la Procura di Bari sarebbero stati inclusi nel costo rimborsato 12 milioni di euro di provvigioni sulle vendite pagati da Pesa alla società Varsa. E c’è una seconda vicenda: nel 2006 l’azienda aveva comprato in Germania 25 carrozze usate a 37.500 euro l’una, per poi rivenderle a 280mila euro ciascuna alla Varsa. Che le ha ristrutturate e le rivendute alle Fse per 900mila euro l’una, ossia il doppio del loro valore di mercato. Non solo: le caratteristiche tecniche di molte carrozze non sono adeguate alle linee delle Sud Est, così dal 2009 i mezzi sono rimasti inutilizzati. A processo sono finiti anche Nicola Alfonso, ex direttore tecnico di Fse, Giuseppe Fiaccadori, rappresentante legale della Railconsulting srl di Marmirolo, Marco Mazzocchi e Carlo Beltramelli, all’epoca rispettivamente rappresentante legale e procuratore speciale della società polacca Varsa di Varsavia.