Largo ai giovani. Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali uscente, Dario Franceschini, ha appena nominato i cinque esperti che andranno a comporre per i prossimi tre anni la Commissione ministeriale che concederà i contributi selettivi al settore cinematografico e audiovisivo. Ovvero, come recita la dicitura ministeriale, coloro che “saranno chiamati a valutare in relazione alla qualità artistica o al valore culturale le opere dei giovani autori, le opere prime e seconde, i film difficili per concedere eventuali contributi alla loro scrittura, sviluppo, produzione e distribuzione nazionale e internazionale”. Insomma per giudicare le nuove leve del cinema italiano che verrà, quello ibridato con smartphone, web, realtà virtuali e compagnia filmante, Franceschini ha messo insieme un quintetto che come media anagrafica viaggia attorno ai 70 anni. I nomi? Pupi Avati, Daria Bignardi, Marina Cicogna, Enrico Magrelli e Paolo Mereghetti. Grandissimi nomi della critica cinematografica, della produzione e realizzazione di film, per carità, ai quali non ci si può altro che inchinare. Solo che la più giovane del gruppo, e per così dire inesperta in materia di cinema, è proprio la concittadina dell’ex ministro PD, la ferrarese ex direttrice di Rai3, Daria Bignardi che di anni ne ha già 56. Cinque romanzi all’attivo con Mondadori negli ultimi sei anni (Franceschini ha preferito invece farsi pubblicare prima dalla Bompiani e ora da La Nave di Teseo, sempre della concittadina Elisabetta Sgarbi) Bignardi annovera nel suo curriculum una preziosa carriera di conduttrice tv e tante belle serate passate in sala o davanti alla tv a vedere film.
Con lei vengono affiancati nel giudicare “le opere dei giovani autori, le opere prime e seconde, i film difficili per concedere eventuali contributi” un 62enne, un 68enne, un 79enne e una 83enne. Enrico Magrelli non ha bisogno di presentazioni. Sessantadue anni ben portati, un curriculum lungo come la linea della Transiberiana, autore di decine di libri sui più grandi maestri del cinema, colonna portante della virtuosa trasmissione di Radio3 Hollywood Party, selezionatore alla Mostra del Cinema di Venezia e presente nei comitati scientifici di festival di mezzo pianeta. Del collega Paolo Mereghetti, 68 anni, il più grande critico cinematografico italiano vivente, columnist del Corriere della Sera, non si può nemmeno accennare senza levarsi il cappello e imparare ogni giorno qualcosa.
Un po’ più complicato definire il ruolo di Pupi Avati in una commissione che decide se finanziare opere prime di giovani autori ventenni o trentenni. 79 anni compiuti, ultracattolico, burbero e iracondo bolognese, una vita dietro la macchina da presa con svariati “capolavori” in carriera, ma anche con un certo appannamento nei risultati almeno nell’ultimo decennio, e uno sguardo sull’oggi che proprio non possiamo definire “sul pezzo”, come formalmente e contenutisticamente illuminato. Di una donna non si dovrebbe ricordare l’età, ma la si trova già scritta da decenni su mille pagine web. L’affascinante Marina Cicogna ha 83 anni, nipote del conte Giuseppe Volpi di Misurata creatore del Festival di Venezia durante il Ventennio, è stata la prima donna ad aver esposto in pubblico la sua relazione lesbica con l’attrice Florinda Bolkan nei primi anni settanta, quando ancora Monica Cirinnà andava alle elementari. Inoltre è stata il primo produttore cinematografico donna in Europa, selezionatrice lungimirante, a cui dobbiamo per dirne uno, un capolavoro come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri. Solo che la Cicogna non produce un film da oltre quarant’anni, cioè dall’oramai lontano 1974 quando finanziò Le Orme di Luigi Bazzoni con interprete la compagna di allora.