Due processi in corso per concorso in falso, abuso d’ufficio e truffa. E poi storie (presunte) di tangenti, lauree comprate, festini, viaggi a Montecarlo, assunzioni clientelari e persino un amico-collaboratore scomparso da 9 anni. Fra leggende metropolitane, testimonianze e atti giudiziari, Marco Di Stefano torna alla ribalta e diventa protagonista del nuovo caso politico nel centrodestra nel Lazio. A quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, il deputato uscente (ex) Pd compare nella lista ufficiosa dei candidati alle regionali per Udc-Noi con l’Italia, la cosiddetta “quarta gamba” della coalizione che fa capo a Lorenzo Cesa e Raffaele Fitto e che sostiene la corsa alla presidenza di Stefano Parisi. “Il processo che mi vede accusato solo di concorso in falso e non di corruzione andrà in prescrizione fra pochi giorni – precisa in serata Di Stefano a IlFatto.it – Le polemiche sono avanzate da persone che evidentemente vedono in me un pericolo per le loro mire elettorali”.
Le vicende giudiziarie dell’ex assessore regionale al Demanio ai tempi di Piero Marrazzo stanno mettendo in forte imbarazzo non solo gli esponenti locali del partito fittiano – che si vedrebbero pure minacciati dalla “forza” elettorale di Di Stefano – ma anche gli alleati, in particolare Forza Italia e Fratelli d’Italia. “Se Giorgia Meloni viene a sapere una cosa del genere – azzarda un insider centrista – ci fa cacciare dalla coalizione, e non avrebbe nemmeno tutti i torti. Noi siamo garantisti per statuto, ma non significa che possa andar bene qualsiasi cosa”. La candidatura di Di Stefano sarebbe stata imposta dai vertici nazionali, ma l’accesa discussione in atto in questi giorni la rende, evidentemente, ancora sub-judice, in vista del termine ultimo di presentazione delle liste, fissato per sabato 3 febbraio.
DI STEFANO, PROCESSI E ACCUSE – Al momento, Di Stefano risulta rinviato a giudizio in due procedimenti. Nel primo è accusato di aver corrotto un’insegnnte per essere promosso a un esame sostenuto in un’università telematica. In cambio, secondo l’accusa, fece poi avere alla docente una consulenza all’Agenzia regionale “Sviluppo Lazio” ricompensata con circa 13mila euro. Il secondo rinvio a giudizio è relativo ai due immobili acquistati tra il 2009 e il 2010 dalla società dei costruttori Antonio e Daniele Pulcini (anch’essi a processo). Entrambi furono affittati alla Lazio Service a canoni, secondo la Procura, molto elevati ed ampliamente fuori mercato. Gli stessi sono stati poi ceduti all’Enpam, Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici, ed i costruttori Pulcini hanno ottenuto una plusvalenza di oltre 38 milioni di euro: i due immobili sarebbero stati destinati alla compagna di Di Stefano, Claudia Ariani, e al direttore responsabile di Lazio Service, Tonino D’Annibale.
Ma non solo. Perché il nome di Di Stefano è tirato in ballo anche nell’inchiesta sulla scomparsa di Alfredo Guagnelli, ritenuto destinatario di una tangente da 300mila euro sempre da parte dei costruttori Pulcini: Considerato vicino al parlamentare, di Guagnelli non si hanno notizie ormai da 9 anni: dal 2014, dunque, la procura di Roma ha aperto un’indagine contro ignoti per omicidio volontario. Di Stefano, ascoltato due volte come testimone, aveva definito Guagnelli “un semplice amico con cui condividevo momenti di vita privata e mai la mia attività politica”. Fra i suoi accusatori anche l’ex moglie Gilda Renzi, che negli anni ha detto davanti ai pm – ma anche intervistata dalla stampa – di aver intascato una tangente di 1,6 milioni di euro, di aver nascosto i soldi in Svizzera e, addirittura, di sapere dove si trova Guagnelli. “Ma mia ex moglie si è rimangiata tutte le sue dichiarazioni, che infatti non hanno avuto alcun seguito giudiziario” precisa ancora Di Stefano.
ULTIME ORE CONVULSE – Di Stefano dunque è al centro di un vero e proprio scontro politico che rischia di coinvolgere tutta la coalizione a sostegno di Parisi, già impegnata a chiudere le liste e a neutralizzare la concorrenza di Sergio Pirozzi. In attesa di conoscere la posizione di Andrea Augello e della sua Cuori Italiani, pare che alcuni candidati della lista dello Scarpone abbiano deciso di ritirarsi in extremis, poco allettati all’idea di funzionare da semplici portatori d’acqua al sindaco di Amatrice il quale – ben che vada – sarebbe l’unico del lotto a entrare in Consiglio regionale.