Televisione

Sanremo 2018, i testi delle canzoni in gara: ecco le più belle ‘supercazzole come fosse antani”

Ermal Meta e Fabrizio Moro in Non mi avete fatto niente la toccano piano evocando gli attentati terroristici degli estremisti islamici in mezzo mondo. Tutto condito da rime alla Rodari e un ritornello che forse nemmeno uno svogliato Mattarella oserebbe inserire in un discorso di commemorazione. Luca Barbarossa in versione Lando Fiorini si prepara al prossimo Masterchef

di Davide Turrini

Sa, sa, sa, prova microfono. A pochi giorni dal via del Festival di Sanremo 2018 (6-10 febbraio) abbiamo dato una sbirciatina ai testi delle venti canzoni in gara. Complice il consueto speciale di Sorrisi e Canzoni TV, che da anni pubblica in anticipo testi oramai pronti da parecchi mesi, eccoci al cospetto delle parole senza la musica. Impresa sempre bizzarra. Per giudicare definitivamente attendiamo ovviamente i live dell’Ariston. Intanto iniziamo dalle sensazioni spirituali di Giovanni Caccamo. Nel suo brano Eterno parla di un’inquietante entità che preoccupa un po’ tutti: “Qualcosa di strano, qualcosa di eterno/Mi tiene la mano”. Altre mani in condizioni cadaveriche compaiono in Così sbagliato, brano che conferma il ritorno di Le Vibrazioni e delle sillabe con la vocale allungata all’infinito degli acuti di Francesco Sarcina: “Da queste mani fredde e viola/ riportami a casa/ perché ho paura di me”. Di mano in mano, anche Mario Biondi ragiona sul tema con Rivederti, sfiorando il ricordo di Memo Remigi: “Pensa come è strano qui a tenerci per la mano/viene lento un sorriso e il sole”. Max Gazzé si dedica invece ad una lezione di anatomia completa (braccia, volti, mani) ne La leggenda di Cristalda e Pizzomunno, virando su una rima convenzionale: “E lui da lontano/poteva vederla/ancora così/con la mano/protesa/e forse una lacrima scesa”.

Poi va detto, ogni artista ce la mette tutta però per farsi criptico, per non farsi capire del tutto, per rendere misterioso l’inutile. Il terzetto Decibel (Enrico Ruggeri-Silvio Capeccia-Fulvio Muzio) nelle Lettere al Duca (nientemeno che David Bowie) la butta lì così, proprio nell’attacco del brano con misteriose simbologie animali a rima baciata: “Passano come rondini/possibilità e utopie/volano senza redini/come libere armonie”. Ci sono diverse supercazzole come fosse antani in Custodire di Renzo Rubino. Brano che rischia di risultare il peggiore fin da subito con un uso spregiudicato di verbi e preposizioni: “Tu ridotta una bambina/Io tradotto (?) in un bastardo (…) Puoi custodire l’affetto nell’insolenza (??)/Non fare così/Abbracciami dai/Arrabbiati poi/Tu vestita d’innocenza/Io carisma usato male (???)”. Prova a tenergli testa la vacuità cosmica della rivoluzione copernicana che Annalisa declama in Il mondo prima di te: “Un giorno capiremo chi siamo/Senza dire niente/E sembrerà normale/Immagina che il mondo/Scelga di girare/Attorno a un altro sole”.

Ermal Meta e Fabrizio Moro in Non mi avete fatto niente la toccano piano evocando gli attentati terroristici degli estremisti islamici in mezzo mondo: Il Cairo, Barcellona, Parigi, Londra, Nizza. Tutto condito da rime alla Rodari e un ritornello che forse nemmeno uno svogliato Mattarella oserebbe inserire in un discorso di commemorazione: “Cadranno i grattacieli/e le metropolitane/I muri di contrasto alzati per il pane/Ma contro ogni terrore che ostacola il cammino/Il mondo si rialza/col sorriso di un bambino”. Il premio “Non siamo i Pooh ma lo siamo” se lo contendono, appunto, Red Canzian e la coppia Riccardo Fogli/Roby Facchinetti (Dodi Battaglia e Stefano D’Orazio non pervenuti). Il primo ci prova con qualche timida assonanza e qualche spuria anafora in Ognuno ha il suo racconto: “Ne ho dipinta di primavera/Ne ho incontrata di gente cara/Sono contento di me/Ne ho percorsi di chilometri/Ne ho scampati di pericoli”. Molto più Pooh Uomini soli allora l’attacco de Il segreto del tempo del duo Fogli/Roby che vince allora l’ambito premio: “Ci sono giorni in cui muori dentro, e non lo sai/Perché volevi cambiare il mondo che non cambia mai/La tua vita che non ti vuole, che sembra scegliere senza te”.

Luca Barbarossa in versione Lando Fiorini si prepara al prossimo Masterchef (“Passame er sale, er sale fa male”), mentre Nina Zilli la butta in vacca come sempre con un caos di soggetti e verbi che albergano nelle strofe di Senza appartenere da possessione modello Esorcista (“Donna siete tutti e tu non l’hai capito”); infine Elio e le storie tese danno l’addio definitivo alle scene senza Rocco Tanica (che però firma il testo) ma con un Arrivedorci di rara purezza espressiva in pieno stile ELST: “Di una storia unica, una bella musica/Una scelta artistica di origine domestica/E questa storia unica, ha una fine drastica/Leggermente comica/Arrivedorci”.

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