I carabinieri hanno arrestato Gianmarco Buonanno, figlio di Tommaso, capo dell'ufficio inquirente bresciano. Il giovane è accusato di aver rapinato un supermercato insieme a due complici e di essere poi fuggito a bordo di un'auto intestata la padre. A incastrarlo sono state le immagini registrate dalle telecamere
Una rapina impugnando una mitraglietta, poi la fuga a bordo di un’automobile intestata al padre. Che però di lavoro fa il procuratore capo di Brescia. Con quest’accusa i carabinieri hanno arrestato Gianmarco Buonanno, figlio di Tommaso, capo dell’ufficio inquirente bresciano. Trentatré anni da compiere a marzo, il giovane è accusato di aver rapinato un supermercato a Rogno, provincia di Bergamo, mercoledì scorso verso l’orario di chiusura. Adesso si trova in carcere con l’accusa di rapina a mano armata. A incastrarlo sono state le immagini registrate dalle telecamere del supermercato rapinato in Val Brembana.
Buonanno sarebbe entrato in azione con altri due complici armati di bastone e pistola. Il 49enne Luigi Mazzocchi, era già stato fermato qualche ora dopo il colpo, mentre Buonanno è stato arrestato la notte scorsa. Secondo la ricostruzione i tre scapparono, con un bottino di dodicimila euro prelevato dalle casse del supermercato, a bordo di un’auto che risulta intestata al magistrato, Tommaso Buonanno, ma da tempo in uso al figlio Gianmarco. La competenza delle indagini è della procura di Bergamo che sta cercando anche il terzo uomo.
Oggi Buonanno non era presente nel suo ufficio al quarto piano del palazzo di giustizia di Brescia dove la notizia è arrivata al mattino presto. Solo un anno fa l’altro figlio del magistrato, Francesco, era stato coinvolto nell’inchiesta della procura di Bergamo sullo spaccio di droga nel mondo degli ultras dell’Atalanta. Per lui era scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il nome di Gianmarco Buonanno era invece comparso nell’inchiesta sui presunti maltrattamenti all’interno della comunità Shalom di Palazzolo, nel Bresciano, il cui processo è in corso con imputate 43 persone. Il figlio del procuratore di Brescia era uno dei 33 ex ospiti della struttura che accusò i responsabili e ad inizio dell’indagine disse che il padre lo aveva costretto ad entrare in comunità. Il 4 aprile 2013 nei confronti del magistrato, all’epoca dei fatti procuratore capo a Lecco, il pm Leonardo Lesti aprì un’inchiesta per concorso in sequestro di persona, poi archiviata un mese dopo, il 9 maggio, dal gip del tribunale di Brescia, Ciro Iacomino.