Candidati cognati in Calabria. Uno, Domenico Furgiuele, con la Lega e l’altro, Massimo Cristiano, con Casapound. Hanno sposato le due sorelle Stefania e Maria Concetta Mazzei, a cui stamattina i carabinieri del Noe hanno confiscato i beni di famiglia. Due società e un immobile alla moglie di Domenico Furgiuele, coordinatore calabrese di Noi con Salvini e capolista nei due listini proporzionali alla Camera. Due società, invece, alla moglie di Massimo Cristiano, candidato di Casapound nel collegio uninominale della Camera di Catanzaro. Ex consigliere comunale di Lamezia Terme, Cristiano compare anche relazione prefettizia che ha portato allo scioglimento per mafia del Comune: “Da una consultazione in banca dati – scrive la commissione di accesso – risulta denunciato nel 1997 dal Commissariato di Lamezia Terme per reati contro la persona e porto abusivo di armi. Risulta essere stato riabilitato dal Tribunale dei minori di Catanzaro”.
Il provvedimento eseguito stamattina rientra nella più ampia confisca di beni per oltre 200 milioni di euro che, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, il Tribunale ha emesso nei confronti dell’imprenditore Salvatore Mazzei, suocero dei due candidati alle politiche. Sia l’esponente di Casapound che quello di Matteo Salvini non sono destinatari del provvedimento che gli uomini del maggiore Gerardo Lardieri hanno però notificato alle rispettive mogli. A Stefania Mazzei, infatti, è stato confiscato un’immobile a Lamezia Terme che, nel 2006, era stato acquistato dalla società Fidia Srl al prezzo di 234mila euro. Ma anche le sue quote della “Biorima srl” e la società “Fornace Maricello” (che si occupa della produzione di laterizi) di cui Stefania Mazzei è interamente proprietaria e amministratrice. Oltre alle sue quote della società “Biorima srl”, invece, Maria Concetta Mazzei ha subito la confisca della “Lamezia società a responsabilità limitata” di cui è proprietaria assieme al fratello Armando.
Il padre, Salvatore Mazzei, nei mesi scorsi finito in carcere per un cumulo di pene di 2 anni e 11 mesi di detenzione, viene descritto nel provvedimento di confisca come un “imprenditore di riferimento delle cosche mafiose dominanti nei territori calabresi interessati dall’esecuzione di costose opere pubbliche”.
“Risulta in maniera evidente – riporta la sentenza del Tribunale che ha accolto la richiesta del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri – come il Mazzei abbia rappresentato uno strumento sicuro di sviluppo di traffici illeciti non solo nel territorio lametino o nei confronti della cosca Mancuso. Un vero e proprio sistema criminale del quale appare aver fatto parte integrante il Mazzei Salvatore”. L’imprenditore avrebbe “introitato negli anni flussi di denaro enormemente superiori ai redditi dichiarati dal proprio intero nucleo familiare (moglie e figli) e ad oggi ingiustificati”.
Parte di quei soldi, secondo gli inquirenti, sarebbero andati a rimpinguare anche le casse delle società di Stefania e Maria Concetta Mazzei. Per la Dda, il padre non ha “fatto altro, nel corso degli anni, che veicolare tali somme ‘inquinate’ nelle società di famiglia in tal guisa finanziandole e, di fatto, tenendole in vita. D’altro canto, praticando a loro volta l’evasione fiscale (omessi versamenti di Irap e Iva per quasi due milioni di euro) hanno, per così dire, amplificato la natura illecita delle proprie fonti”.
Per quanto riguarda, invece, Stefania e Maria Concetta Mazzei, le mogli dei due candidati, “unitamente al proprio nucleo familiare (la famiglia Mazzei, ndr), – scrivono i carabinieri – hanno contribuito ad occultare, al fine di evitare sequestro e confisca, i beni del proprio genitore”.