Moltissimi sono stati gli interventi sui post precedenti sulla mobilità, con critiche, suggerimenti e insegnamenti tutti da tenere in conto. Grazie a chi è intervenuto perché costituisce una fonte di verifica e apprendimento. Qui vorrei precisare alcuni punti e abbozzare oltre che analizzare possibili e necessarie strategie.

Le strategie climatiche accentuano l’importanza del passaggio alla mobilità elettrica. Le auto vendute nel 2025 nella Ue dovranno raggiungere un livello di emissioni di 68-78 grammi CO2/km (35-40% in meno rispetto alle emissioni delle nuove auto in Italia) raggiungibili con una quota di veicoli elettrici del 15-25%.

In ambito urbano è ragionevole immaginare, in Europa e non solo, una contrazione del numero complessivo di auto in circolazione, sempre più condivise e senza guidatore, e un rapido declino di quelle a combustione interna. “La General Motors crede in un futuro tutto elettrico”, ha dichiarato il mese scorso Mark Reuss, presidente di GM North America. Parliamo di un mercato di duemila miliardi di dollari l’anno nel quale le auto elettriche rappresentano per ora solo l’1%, ma che è destinato a drastici cambiamenti.

Con quali conseguenze occupazionali? Ancora una volta, dipende dalle scelte che verranno fatte dai singoli produttori nell’organizzazione del lavoro e dalle politiche dei vari paesi nel mercato del lavoro. L’automazione dei processi produttivi ha già portato ad una forte riduzione del lavoro necessario e il passaggio all’auto elettrica comporterà un’accelerazione di questo processo. Parliamo infatti di un numero molto inferiore di componenti da assemblare (200 contro 1.400) e di una semplificazione dei processi di lavorazione.

Occorre dunque riflettere sulla possibilità di cogliere nuove opportunità fornendo servizi di mobilità sempre più articolati che limitino il ricorso a veicoli di proprietà individuale. Il baricentro produttivo probabilmente si sposterà verso l’Asia. La Cina, incapace di competere sul fronte dei veicoli convenzionali, sembra infatti voler tentare il sorpasso puntando sull’elettrico (nel secondo trimestre 2017 ha registrato il 44% delle vendite mondiali di questi veicoli e punta a ospitare nel 2022)

Uno dei fattori decisivi in questa corsa riguarda, come è noto, la produzione dei sistemi di accumulo che al momento incidono per il 30-50% sul costo dei veicoli elettrici. Non a caso per il 2022 la Cina punta al 65% della capacità produttiva mondiale delle batterie al litio. Per ora la rapidità della riduzione dei prezzi degli accumuli taglia fuori dai giochi l’alimentazione ad idrogeno con celle a combustibile su cui puntano i giapponesi e metterà in difficoltà anche le alimentazioni alternative come il Gpl e il metano, punti di forza in Italia.

Creare le condizioni per la rivoluzione elettrica anche in Italia

La diffusione di veicoli senza emissione di particolato (a combustione interna) sarà di particolare interesse per gli innumerevoli centri urbani della nostra penisola, che si distingue per elevate concentrazioni di inquinanti nelle città. Bisogna accelerare anche per quanto riguarda la riduzione di climalteranti! Infatti Nel rapporto “Decarbonizzazione dell’economia italiana”, appena pubblicato da Rse le attuali politiche sul trasporto e l’edilizia consentirebbero infatti di ridurre solo del 24% le emissioni rispetto al 2005, contro il taglio del 33% che l’Italia dovrà raggiungere.

Il secondo elemento di riflessione riguarda il ridimensionamento industriale dell’auto. Esistono 2.500 aziende della componentistica auto che in passato operavano prevalentemente per la Fiat e oggi si sono riorganizzate anche come fornitrici di case estere, tedesche in particolare (ST Microelectronics, Magneti Marelli). Marchionne continua ostinatamente a non credere alla mobilità elettrica. Una miopia che rischia di far fare alla Fca la fine della Kodak e che si trasmette ai settori decisionali del paese.

La prima smentita al pessimismo viene da Ispra. Un recente confronto di sostenibilità ambientale sulla base di dati dell’Ispra condotto sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Elementi per una roadmap della mobilità sostenibile, 2017), conferma che, già con l’attuale mix energetico utilizzato nel nostro Paese per la generazione elettrica, le emissioni di CO2 di un’auto elettrica sono inferiori a quelle di ogni altra tecnologia veicolare.

In base alle direttive europee le pubbliche amministrazioni e i loro enti e istituzioni, gli enti locali e i gestori dei servizi di pubblica utilità, al momento del rinnovo del parco veicoli sono obbligati all’acquisto di una quota del 25% di veicoli a Cng, Gnl, veicoli elettrici e ibridi plug-in. Ma, stante il divario di prezzo tra questi ultimi e quello delle altre tipologie tecnologiche elencate, e considerato lo stato delle finanze dei soggetti istituzionali oggetto del provvedimento, è difficile che si immettano i veicoli più costosi senza un fondo nazionale di incentivazione

Della scarsa convinzione è testimone la Sen che afferma testualmente: “è atteso al 2030 un importante contributo anche dai veicoli elettrici e Phev (ibridi ricaricabili dalla rete elettrica)”. Di conseguenza lo svecchiamento del nostro parco veicoli viene ottenuto solo attraverso le tecnologie convenzionali. Ma in questa campagna elettorale si sente forse parlare di mobilità pubblica o di decollo di veicoli meno inquinanti? Unicamente a livello delle amministrazioni locali si inizia a percepire la forte valenza proattiva che un’adeguata regolamentazione della mobilità locale e nella politica delle soste e parcheggi può avere nella promozione della mobilità a impatto zero (come accade a Milano).

Una proposta che merita grande attenzione è stata avanzata da G.B. Zorzoli. In Europa vige la regola di ridurre i debiti degli Stati europei al 60% rispetto ai rispettivi pil nominali. Sarebbe opportuno che l’Unione europea, attraverso speciali Enti di finanziamento – Banca Europea degli investimenti, ad esempio – assumesse su di se una quota dei previsti debiti pubblici rapportati al pil. Campi di possibile intervento sotto il nostro specifico interesse, potrebbe essere: viabilità, utilizzo e distribuzione di energia, trasporto terrestre.

Con l’emissione di obbligazioni con buone remunerazioni sui mercati finanziari, a disposizione di privati, banche, assicurazioni, enti locali come mediatori, con possibilità di effettuare investimenti lunghi, in ottica europea e mondiale, come nel caso della riduzione dell’impatto del traffico. Dato che accanto alla generazione distribuita con localizzazione fissa (tetti solari, eolico, miniidro, geo) se ne affiancherà un’altra, ancora più numerosa, ma che sarà mobile, legata anche ai veicoli elettrici e allo scambio bilaterale dell’energia con la rete, l’aspetto di incentivi a questo sistema regolati e remunerabili sul mercato è tutt’altro che da trascurare.

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