E’dall’epoca del governo Monti che l’Italia cerca di darsi una normativa sul consumo di suolo. Era il disegno di legge Catania, dal nome del proponente, Mario Catania, all’epoca Ministro delle Politiche Agricole. Allora – era la fine del 2012 – sembrava che il testo dovesse diventare legge da un giorno all’altro. Invece il governo cadde e, pur essendo il disegno di legge ripresentato, né il governo Letta, né quello Renzi, né quello Gentiloni, hanno avuto la volontà di varare la norma. Spesso si dice “ce lo chiede l’Europa” per produrre le peggiori nefandezze. Beh, lo stop al consumo di suolo ce lo chiede appunto l’Europa, e dovrà essere attuato entro il 2050. Ma ci sono evidentemente altre norme più urgenti per i nostri governanti. D’altra parte è anche vero che l’ultima versione che girava in commissione era meglio che non venisse approvata. Forse, per il momento, meglio nulla che una legge pessima. Eppure lo stesso Ispra ogni anno ammonisce circa la gravità della situazione: “Da novembre 2015 a maggio 2016, nonostante la crisi economica che ne ha rallentato la velocità, l’Italia ha consumato quasi 30 ettari di suolo al giorno, per un totale di 5 mila ettari di territorio. Come se in pochi mesi avessimo costruito 200.000 villette (rapporto 2017).
Nel frattempo, però, il forum nazionale Salviamo il paesaggio – che annovera oltre mille variegate organizzazioni nazionali e locali e, tra l’altro, le maggiori associazioni ambientaliste italiane – non è stato alla finestra, ed ha costituito un gruppo di lavoro composto da ben 75 esperti in vari campi che dopo tredici mesi ha prodotto un testo di dieci articoli pronto per diventare una proposta di legge di iniziativa popolare, dal titolo “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati”. Ecco il contenuto sintetico del testo.
L’articolo 1 denuncia le finalità, i principi e gli obiettivi della proposta di legge. Le finalità sono individuate, in primo luogo, nella necessità di contrastare in modo deciso il consumo di suolo, essendo il suolo un bene comune e una risorsa limitata e non rinnovabile. L’articolo 3 prevede che dalla data di entrata in vigore della legge non sia consentito nuovo consumo di suolo per qualsivoglia destinazione, indicando che le esigenze insediative e infrastrutturali siano soddisfatte esclusivamente con il riuso, la rigenerazione dell’esistente patrimonio insediativo ed infrastrutturale esistente. L’articolo 4 regola i termini appunto del principio del riuso e della rigenerazione urbana, stabilendo tra l’altro l’obbligo per i comuni del censimento degli edifici di qualsivoglia destinazione sfitti (sia pubblici sia privati) non utilizzati o abbandonati, le loro caratteristiche e dimensioni. L’articolo 5 definisce gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate da un punto di vista urbanistico, socio-economico, paesaggistico e ambientale. L’articolo 6 definisce le misure di incentivazione attribuite ai diversi soggetti, pubblici e privati. L’articolo 7 stabilisce che gli oneri di urbanizzazione siano destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria che non comportano nuovo consumo di suolo, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio.
E perciò cessi la prassi legalizzata di usare gli oneri di urbanizzazione per coprire i buchi di bilancio. L’articolo 8 definisce la funzione sociale della proprietà, individuando i beni che sono considerati abbandonati/inutilizzati e non più rispondenti ad alcuna funzione sociale, per i quali viene previsto uno specifico procedimento, a cura dei comuni singoli o associati, al fine di ricondurli alla proprietà collettiva per essere destinati a soddisfare l’interesse generale, in conformità con l’articolo 42 della Costituzione. L’articolo 9 reca le disposizioni finali e prevede che dalla data di entrata in vigore della legge non sia consentito il consumo di suolo, tranne che per le opere inserite negli strumenti pubblici di programmazione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, per gli interventi previsti dai titoli abilitativi edilizi rilasciati o formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché per gli interventi previsti nei piani attuativi comunque denominati approvati prima della entrata in vigore della presente legge.
Una proposta seria e rigorosa che prevede finalmente l’attuazione dell’articolo 9 della Costituzione sulla tutela del paesaggio e dell’articolo 42, in merito alla funzione sociale della proprietà privata. La speranza è che il prossimo governo non viva su una torre eburnea come i precedenti, ma metta i piedi per terra, dalla cui integrità dipende il futuro dell’uomo.