Lo hanno perquisito nel giorno in cui le procure di Roma e Messina hanno ordinato 15 arresti tra magistrati, avvocati e imprenditori. E mentre tra la Capitale e la Sicilia si notificavano le ordinanze di custodia cautelare, a Milano gli uomini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza si sono presentati negli uffici e nell’abitazione di Massimo Mantovani, ex responsabile dell’ufficio legale di Eni ed attuale dirigente della società. Stando all’inchiesta del procuratore aggiunto Laura Pedio, sarebbe Mantovani l’organizzatore delle presunte manovre di depistaggio per condizionare le inchieste milanesi Eni-Nigeria ed Eni-Algeria. Si tratta del filone dell’inchiesta che si intreccia con le indagini delle procure di Roma e Messina.
Mantovani è indagato in qualità di ex responsabile dell’ufficio legale Eni fino all’ottobre 2016 e attuale Chief Gas & Lng Marketing and Power Officer del Cane a sei zampe. È accusato di associazione per delinquere finalizzata ai reati di false informazioni a pm e calunnia. È il quarto indagato dell’inchiesta, aperta nei mesi scorsi nel capoluogo lombardo per identificare i responsabili di esposti anonimi e di denunce, presentate a Trani e Siracusa, con i quali si sarebbe voluto far passare il consigliere indipendente di Eni, Karina Litvack, l’ex consigliere indipendente del gruppo, Luigi Zingales, e l’ex ad di Saipem, Umberto Vergine, come artefici di un presunto complotto ai danni dell’amministratore delegato del cane a sei zampe, Claudio Descalzi. Un complotto poi rivelatosi inesistente.
Nel fascicolo milanese, con l’accusa principale di associazione a delinquere per avere “concordato e posto in essere un vero e proprio depistaggio attraverso esposti anonimi alle procure di Trani e Siracusa nel 2015-2016″ per condizionare le indagini con al centro il reato di corruzione internazionale per i casi Eni-Nigeria (tra gli imputati figura anche Descalzi) e Eni-Algeria (tra gli imputato l’ex ad Eni Paolo Scaroni), risultano indagati anche il tecnico petrolifero Massimo Gaboardi, il legale esterno di Eni, Piero Amara e il suo collaboratore Alessandro Ferraro: gli ultimi due sono stati arrestati nell’operazione ordinata dalle procure di Roma e Messina.
Anche dall’inchiesta che martedì 6 febbraio ha portato agli arresti è emerso, infatti, che l’allora pm di Siracusa, Giancarlo Longo (a sua volta tra gli arrestati), su input di Amara, avrebbe aperto un’indagine, priva di qualunque fondamento, sul presunto piano di destabilizzazione dell’Eni e del suo ad Descalzi, poi rivelatosi falso. Il tutto sempre al fine di intralciare l’inchiesta milanese sui casi di presunta corruzione internazionale. I magistrati parlano di “regia occulta di Amara che, avvalendosi dell’asservimento di Longo, orchestrava una complessa operazione giudiziaria il cui fine ultimo era di ostacolare l’attività di indagine svolta dalla procura di Milano nei confronti dei vertici dell’Eni”. Le inchieste di Roma-Messina e quella di Milano, dunque, si intrecciano e la procura lombarda con le perquisizioni a Mantovani ipotizza che il manager sia stato tra gli organizzatori delle manovre di depistaggio.
Sarebbe stato, stando alle indagini del procuratore aggiunto Laura Pedio, il milanese Massimo Gaboardi, tecnico-progettista che ha lavorato anche per l’Eni, a denunciare alla procura di Siracusa il falso complotto. E per farlo avrebbe ricevuto soldi da Alessandro Ferraro, collaboratore di Amara. Quest’ultimo, a sua volta, sarebbe stato in contatto con Mantovani.
Lo scorso settembre, tra l’altro, il gip Stefania Pepe, su richiesta del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale (titolare delle indagini su Eni-Nigeria e Eni-Algeria), aveva disposto l’archiviazione dell’inchiesta che era stata aperta (proprio a seguito delle denunce sul complotto rivelatosi falso) a carico, tra gli altri, di Litvonkavaak, Zingales, Vergine. Era stato lo stesso De Pasquale a chiedere alla procura di Siracusa (un anonimo aveva anche denunciato il falso complotto a Trani) gli atti per competenza e poi a chiedere ed ottenere l’archiviazione.
Nel frattempo, il procuratore aggiunto Pedio ha aperto l’inchiesta per individuare gli autori del falso complotto, i quali avrebbero voluto, secondo l’accusa, smontare e creare intralcio alle indagini milanesi sulla presunta corruzione internazionale. L’indagine ipotizza reati come associazione per delinque, calunnia, false informazioni a pm, induzione a rendere dichiarazioni mendaci e intralcio alla giustizia. Con le nuove perquisizioni, dunque, la procura accusa del falso complotto anche l’allora capo dell’ufficio legale di Eni e punta a verificare anche se altre persone abbiano preso parte alla presunta associazione per delinquere, anche perché alcune informazioni, che erano parte delle denunce sul falso complotto, erano “riservate” ed “interne”. Potrebbero, tra l’altro, porsi anche delle questioni di coordinamento e di competenza territoriale tra le inchieste di Milano e quelle di Roma-Messina, poiché si intrecciano sia i personaggi che la stessa imputazione sul presunto depistaggio.
La notizia della perquisizione viene confermata anche dai vertici dell’azienda. “Nella giornata di oggi la polizia giudiziaria ha proceduto ad acquisire presso la società documentazione e supporti informatici nell’ambito di una inchiesta della procura di Milano in merito a un presunto falso complotto costruito ai danni dei propri vertici aziendali”, dice un portavoce del gruppo energetico italiano . Che poi sottolinea come l’azienza confidi “nella correttezza dell’operato del proprio management nell’ambito della vicenda e avvierà come in ogni altra circostanza analoga le opportune verifiche interne.
Giustizia & Impunità
Eni, perquisito il manager Mantovani: “C’è lui dietro il tentato depistaggio delle inchieste sull’azienda petrolifera”
Stando all’inchiesta del procuratore aggiunto Laura Pedio, l'ex responsabile dell’ufficio legale dell'azienda del cane a sei zampe sarebbe l’organizzatore delle presunte manovre di depistaggio per condizionare le inchieste milanesi Eni-Nigeria ed Eni-Algeria. Per questo motivo è indagato per associazione per delinquere finalizzata ai reati di false informazioni a pm e calunnia. Si tratta del filone dell'inchiesta che si intreccia con le indagini delle procure di Roma e Messina
Lo hanno perquisito nel giorno in cui le procure di Roma e Messina hanno ordinato 15 arresti tra magistrati, avvocati e imprenditori. E mentre tra la Capitale e la Sicilia si notificavano le ordinanze di custodia cautelare, a Milano gli uomini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza si sono presentati negli uffici e nell’abitazione di Massimo Mantovani, ex responsabile dell’ufficio legale di Eni ed attuale dirigente della società. Stando all’inchiesta del procuratore aggiunto Laura Pedio, sarebbe Mantovani l’organizzatore delle presunte manovre di depistaggio per condizionare le inchieste milanesi Eni-Nigeria ed Eni-Algeria. Si tratta del filone dell’inchiesta che si intreccia con le indagini delle procure di Roma e Messina.
Mantovani è indagato in qualità di ex responsabile dell’ufficio legale Eni fino all’ottobre 2016 e attuale Chief Gas & Lng Marketing and Power Officer del Cane a sei zampe. È accusato di associazione per delinquere finalizzata ai reati di false informazioni a pm e calunnia. È il quarto indagato dell’inchiesta, aperta nei mesi scorsi nel capoluogo lombardo per identificare i responsabili di esposti anonimi e di denunce, presentate a Trani e Siracusa, con i quali si sarebbe voluto far passare il consigliere indipendente di Eni, Karina Litvack, l’ex consigliere indipendente del gruppo, Luigi Zingales, e l’ex ad di Saipem, Umberto Vergine, come artefici di un presunto complotto ai danni dell’amministratore delegato del cane a sei zampe, Claudio Descalzi. Un complotto poi rivelatosi inesistente.
Nel fascicolo milanese, con l’accusa principale di associazione a delinquere per avere “concordato e posto in essere un vero e proprio depistaggio attraverso esposti anonimi alle procure di Trani e Siracusa nel 2015-2016″ per condizionare le indagini con al centro il reato di corruzione internazionale per i casi Eni-Nigeria (tra gli imputati figura anche Descalzi) e Eni-Algeria (tra gli imputato l’ex ad Eni Paolo Scaroni), risultano indagati anche il tecnico petrolifero Massimo Gaboardi, il legale esterno di Eni, Piero Amara e il suo collaboratore Alessandro Ferraro: gli ultimi due sono stati arrestati nell’operazione ordinata dalle procure di Roma e Messina.
Anche dall’inchiesta che martedì 6 febbraio ha portato agli arresti è emerso, infatti, che l’allora pm di Siracusa, Giancarlo Longo (a sua volta tra gli arrestati), su input di Amara, avrebbe aperto un’indagine, priva di qualunque fondamento, sul presunto piano di destabilizzazione dell’Eni e del suo ad Descalzi, poi rivelatosi falso. Il tutto sempre al fine di intralciare l’inchiesta milanese sui casi di presunta corruzione internazionale. I magistrati parlano di “regia occulta di Amara che, avvalendosi dell’asservimento di Longo, orchestrava una complessa operazione giudiziaria il cui fine ultimo era di ostacolare l’attività di indagine svolta dalla procura di Milano nei confronti dei vertici dell’Eni”. Le inchieste di Roma-Messina e quella di Milano, dunque, si intrecciano e la procura lombarda con le perquisizioni a Mantovani ipotizza che il manager sia stato tra gli organizzatori delle manovre di depistaggio.
Sarebbe stato, stando alle indagini del procuratore aggiunto Laura Pedio, il milanese Massimo Gaboardi, tecnico-progettista che ha lavorato anche per l’Eni, a denunciare alla procura di Siracusa il falso complotto. E per farlo avrebbe ricevuto soldi da Alessandro Ferraro, collaboratore di Amara. Quest’ultimo, a sua volta, sarebbe stato in contatto con Mantovani.
Lo scorso settembre, tra l’altro, il gip Stefania Pepe, su richiesta del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale (titolare delle indagini su Eni-Nigeria e Eni-Algeria), aveva disposto l’archiviazione dell’inchiesta che era stata aperta (proprio a seguito delle denunce sul complotto rivelatosi falso) a carico, tra gli altri, di Litvonkavaak, Zingales, Vergine. Era stato lo stesso De Pasquale a chiedere alla procura di Siracusa (un anonimo aveva anche denunciato il falso complotto a Trani) gli atti per competenza e poi a chiedere ed ottenere l’archiviazione.
Nel frattempo, il procuratore aggiunto Pedio ha aperto l’inchiesta per individuare gli autori del falso complotto, i quali avrebbero voluto, secondo l’accusa, smontare e creare intralcio alle indagini milanesi sulla presunta corruzione internazionale. L’indagine ipotizza reati come associazione per delinque, calunnia, false informazioni a pm, induzione a rendere dichiarazioni mendaci e intralcio alla giustizia. Con le nuove perquisizioni, dunque, la procura accusa del falso complotto anche l’allora capo dell’ufficio legale di Eni e punta a verificare anche se altre persone abbiano preso parte alla presunta associazione per delinquere, anche perché alcune informazioni, che erano parte delle denunce sul falso complotto, erano “riservate” ed “interne”. Potrebbero, tra l’altro, porsi anche delle questioni di coordinamento e di competenza territoriale tra le inchieste di Milano e quelle di Roma-Messina, poiché si intrecciano sia i personaggi che la stessa imputazione sul presunto depistaggio.
La notizia della perquisizione viene confermata anche dai vertici dell’azienda. “Nella giornata di oggi la polizia giudiziaria ha proceduto ad acquisire presso la società documentazione e supporti informatici nell’ambito di una inchiesta della procura di Milano in merito a un presunto falso complotto costruito ai danni dei propri vertici aziendali”, dice un portavoce del gruppo energetico italiano . Che poi sottolinea come l’azienza confidi “nella correttezza dell’operato del proprio management nell’ambito della vicenda e avvierà come in ogni altra circostanza analoga le opportune verifiche interne.
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Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
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Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.