Il prodotto peggiore del fascismo fu l’antifascismo. Così ebbe ad asserire il comunista Amadeo Bordiga. Tutto, oggi, sembra dargli ragione. E avvalorare tristemente la sua tesi. Alla quale potrebbe con diritto affiancarsi l’altra, di Flaiano, secondo cui i fascisti si dividono in due specie: i fascisti e gli antifascisti. Stessi metodi, stessa intolleranza, stessa ottusità.
A suffragare tutto ciò è una vicenda che ha, in questi giorni, coinvolto la Fondazione Feltrinelli di Milano, importantissimo punto di riferimento culturale. Che aveva organizzato una rilevantissima serie di incontri sul tema filosofico-politico di destra e sinistra. Un’iniziativa lodevole, come sempre accade con questa eccellente fondazione. Tra i relatori, anche Alain de Benoist, a suo tempo fondatore della nuova destra francese e oggi teorico dell’oltrepassamento della dicotomia destra-sinistra. Uno studioso di rilevanza internazionale, tradotto e apprezzato in tutto il mondo. Non un politico, né un agitatore. Un filosofo, autore di moltissimi libri teorici: i cui contenuti possono anche non condividersi, a patto che li si sappia discutere criticamente.
Ebbene, accade che una virtuosa conventicola di pedagoghi dell’antifascismo (i cui nomi omettiamo per carità di patria) ha impedito al filosofo Alain de Benoist di tenere la sua lectio a Milano. Una lectio filosofica, ripeto: non un comizio politico. In nome dell’antifascismo, costoro usano abominevoli metodi squadristi. E scrivono una lettera alla Fondazione, agitando, ut semper, lo spauracchio del fascismo ritornante. In forza di tali pressioni, la conferenza è annullata. Siffatte pressioni, analoghe a quelle del Ventennio, inducono la Fondazione ad annullare l’evento.
Ecco l’happy end. Che una volta di più ci insegna come l’odierno antifascismo nulla abbia a che fare con quello eroico e sacrosanto di Gramsci e Gobetti: e sia, invece, la nuova forma dello squadrismo fascista, mutato nomine. Insomma, cari pedagoghi dell’antifascismo, state uccidendo ancora una volta Gramsci. Le idee si combattono con le idee, non con la censura. Ché altrimenti dal campo della socratica discussione si volge a quello dell’ostracizzazione, della demonizzazione e del silenziamento. Metodi che ci rimandano – converrete con me – al manganello più che alla pratica greca del logon didonai.