Silvio Berlusconi riesce a tingere di farsa anche la tragedia. La rappresaglia contro gli africani a Macerata (“rappresaglia” è il termine corretto, non “vendetta” o altro) non va attribuita “a una matrice politica, ma di non sanità di mente”. Quando fu lui vittima della famosa statuetta del Duomo che lo colpì in faccia a Milano il 13 dicembre 2009, dal letto d’ospedale parlò invece di “campagna d’odio”: “Questo – sentenziò – è il frutto di chi ha voluto seminare zizzania. Quasi me l’aspettavo…”. I suo colonnelli di allora, da Bondi a Cicchitto (che oggi guarda caso lo hanno pesantemente rinnegato) individuarono persino i mandanti morali di quel gesto: “L’Espresso, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Michele Santoro, Marco Travaglio e alcuni magistrati”.
Fermiamoci un attimo. Luca Traini, l’autore della rappresaglia contro i neri, è stato candidato della Lega nord, ha partecipato recentemente a una cena ristretta del partito di Salvini (lo ha rivelato Repubblica), ha il simbolo di Terza posizione, formazione neofascista degli anni Settanta, tatuato su uno zigomo, si è conquistato immediatamente la promessa di supporto legale da Forza nuova. Per quanto si definisse lui stesso – secondo chi lo conosceva – “borderline”, non risulta sia mai stato sottoposto a trattamenti psichiatrici. Ma il suo gesto, per Berlusconi, non ha alcuna “matrice politica”. Massimo Tartaglia, l’aggressore di piazza Duomo, fu subito fermato e la sua biografia fu passata ai raggi X dalla Digos: nessun “precedente” politico, nessuna adesione a sigle di alcun genere, nessuna partecipazione registrata a manifestazioni di piazza. Piuttosto, da dieci anni il 42enne Tartaglia era in cura ai servizi psichiatrici. Ergo, il suo sì che fu un gesto politico, sempre secondo Berlusconi e i suoi.
Questi i fatti, da cui Berlusconi trae le sue “logiche” conclusioni: la politica non c’entra nulla con Traini, mentre ha guidato la mano di Tartaglia. Ovvio, non scopriamo niente, la produzione di bufale berlusconiane è ormai superiore a quella dell’intera provincia di Caserta, come dimostrano i dati sparati a casaccio (476mila? 600mila?) sugli “immigrati che delinquono”, per accattonare un po’ voti di stampo salviniano. Il problema è (anche) un altro, e tocca soprattutto i giornalisti: perché al Presidente Incandidabile Pregiudicato (a proposito di gente che delinque…) è concesso di sommergerci quotidianamente di bufale senza che nessuno gli faccia mai la seconda domanda, e spesso neppure la prima?