Quattro mezze cartelle, proposta numero 17. Chi volesse inviare estratti di romanzi, racconti o poesie (no saggistica) legga prima questo post, grazie. (rb)
Verranno a prendermi
di Enrico Miceli
Incipit
«Sei stato un idiota», continuavi a ripeterti «sì, sei stato un idiota perché ti sei distratto e ti sei lasciato portar via il piccolo da quel porco. Non devi più distrarti, cazzo. Devi farlo per il bambino. Quello lì è pericoloso, lo sai bene».
Per strada a quell’ora di sera non c’era nessuno, si vedevano solo quel porco e il piccolino, Lucio. Ma lui non doveva trovarsi in sua compagnia. No, proprio non doveva. E se questo era successo era solo per colpa tua. Lo sapevi fin troppo bene, vero? Dovevi assolutamente rimediare finché eri ancora in tempo. Che figlio di puttana, Ettore. Ci avresti giurato che era un malato di mente. Era ovvio, evidente. Lui lo ha trascinato per un braccio e il piccolo Lucio ha iniziato a piangere sommesso e aveva il viso disperato. Povero.
«Smettila di piangere» gli hai sentito dire. Come sarebbe mai potuto crescere un bambino in mezzo a tanta violenza? Non sarebbe mai stato possibile. Non sarebbe mai diventato un uomo. Lo sapevi bene, vero? E sì, non era proprio possibile. Abitava lì vicino, lui. E trascinava il piccolo che intanto piagnucolava.
«No, non è possibile diventare uomini in mezzo a tutta questa pazzia» hai pensato.
E tu non eri più disposto ad accettare tutto questo. Non eri più disposto ad accettare oltre, vero? Soprattutto da lui poi, Ettore. Lo conoscevi bene, tu, Ettore.
No, non era possibile tollerare ancora. Era necessario che qualcuno facesse qualcosa. E toccava a te farla, dato che eri l’unico ad aver capito cosa stesse succedendo realmente lì. Sì, tu eri l’unico ad averlo intuito. Tu eri l’unico in grado di evitare che accadesse ancora. Sì, tu eri l’unico. E quindi sei entrato in azione.
Dovevi recuperarlo quel bambino. Era necessario. Per te. Per lui. Per tutti. E così sei entrato in azione, vero? Sì, sei entrato in azione esattamente come spiegano al primo anno di addestramento in polizia. L’hai visto fare tante di quelle volte, ormai. Lo hai aggirato in silenzio e sei arrivato alle sue spalle.
«Ettore?» gli hai chiesto.
«Sì. Che cosa c’è?» e ti ha guardato sorpreso, ruotando il collo mentre con la mano continuava a stringere il braccio del piccolo.
«Lascialo andare».
«Ma che diavolo…»
Lo hai guardato fisso con tutta la rabbia che avevi accumulato dentro. Con tutto l’odio di cui disponevi. Con tutta la cattiveria che il tuo cuore era in grado di sopportare.
Era inutile aspettare oltre.
Malato.
Porco.
Psicotico.
«Devi essere forte e devi cancellare la tua pietà» ti sei detto «lo sai, vero?».
Sì, lo sapevi. Lo sapevi bene. Nessuna pietà per lui, per questo mostro così alieno. E poi dovevi rimediare al tuo errore. Dovevi. Non importava quello che aveva da dire questo mostro, non importava quale fosse la causa che lo spingeva all’azione. Ormai nulla era più importante. Già, perché oramai lì c’eri tu. Sì, c’eri tu.
E così sei esploso, e hai caricato il colpo.
Un breve estratto
I giornali e i telegiornali sono deprimenti. Lo so, me lo ripeto in continuazione: Marc, i giornali e i telegiornali sono per i depressi. Evitali. Non fanno per te.
Mi alzo che il mattino non è ancora iniziato e tutto ciò che sento o leggo mentre bevo il caffè sono le solite notizie che vengono ripetute oramai da anni o da decenni, e verranno aggiornate e ripetute certamente per altri anni, per altri decenni o forse fino all’infinito: una ragazzina stuprata per strada, un contingente salta per aria in medio-oriente, il papa, i musulmani, due omosessuali picchiati in un locale, un tizio pestato a morte dalle forze dell’ordine, la disoccupazione, il Pil, gli immigrati irregolari, le carceri piene, il debito pubblico, gli scontri, i nuovi nazisti, la depressione, le epidemie, i cocainomani, le prostitute, le aziende fallite, la prescrizione, i terremoti, le mafie, il campionato, l’apocalisse.
Fanculo.
Un fiume in piena di ansie. Un garbuglio assoluto.
Si tratta di paura. Semi di paura piantati dentro ognuno di noi, semi che aspettano solo la stagione giusta per sbocciare.
Enza a quest’ora dorme, io prendo il caffè e tra poco fumerò una sigaretta.
Anzi, paura non è la parola esatta, qui si vuole seminare il panico. E’ notizia di oggi che in un rave party in Germania la folla in preda al panico ha ucciso numerose persone. Un fiume di gente all’interno di una galleria, poi qualcuno dice qualcosa, qualcun altro capisce qualcos’altro, e i semi sbocciano fuori all’improvviso e la massa di persone bloccata in galleria impazzisce, preda del panico, e d’improvviso gli uomini corrono a piedi nudi sui cadaveri schiacciati di altri uomini. Questa è la fine dell’umanità.
Spengo la tv.
Richiudo il giornale.
Vado in bagno.
Mi sforzo di cagare.
Quarta di copertina
Marc è un uomo mai cresciuto, un bambino paranoico e frustrato che racchiude il suo intero mondo nel rapporto morboso che ha con sua moglie Enza. Claudia è invece una ex campionessa di body building, fanatica di tatuaggi, oramai depressa e troppo in là con gli anni per ricominciare una nuova vita. Ettore Terranova è un poliziotto che si è convinto di essere un extraterrestre.
Santo, invece, è appena evaso di prigione. Un gruppo di amici-nemici eterogeneo, macabro e grottesco, senz’arte né parte, incapace di vivere seguendo le regole della società.
Non sarà impresa facile ritrovare Lucio, il figlio di Claudia, un ragazzo scomparso all’improvviso, nel nulla, senza lasciare traccia.
Biografia
Ho pubblicato il romanzo Humus (Castelvecchi 2010) e il racconto Proprio come la Guerra (Lite Editions 2013). Ho collaborato con giornali e riviste occupandomi quasi sempre di narrativa e cinema, e ho scritto storie brevi per Granta, Linus, Il Garantista, Linkiesta, Corriere.it e per diverse antologie collettive. Sul mio blog personale www.enricomiceli.com scrivo di satira e deliri introspettivi. Se volete, scrivetemi a micelienrico@yahoo.it o seguitemi su Twitter e Facebook