Oltre ai potenti dell’industria musicale, gli unici a ottenere rispetto e attenzione dalla Rai, in questa giostra notturna, sono gli inserzionisti. Gli spot dentro i blocchi di Sanremo si pagano a peso d’oro, ma c’è una clausola: sotto una certa quota di ascolti il cliente può puntare i piedi.
Quando c’era lui i treni arrivavano in orario. Lui, l’Abbronzato. Carlo Conti giurava: “Stasera finiamo a mezzanotte e dieci”, e potevi regolarci l’orologio. Piacesse o meno la sua conduzione, macinava la scaletta come un metronomo e capitava che dopo ore di diretta mandasse i titoli di coda anche con qualche minuto di anticipo. Prima del triennio dell’Abbronzato, Fazio sbrodolava fino alle ore piccole, e ieri Baglioni ha sciaguratamente sforato oltre l’una e un quarto.
Per stasera non si annunciano migliorie: tra cantanti big e giovani, ospiti, marchette varie, imbucati e potenziali Cavalli Pazzi, il rischio è che quei milioni di italiani vengano colti da narcolessia davanti al teleschermo. Tanto, l’apparecchio rimane acceso pure in presenza di dormienti e registra uno share da record: il vecchio caro “indice di gradimento” non esiste più da un pezzo. Si dirà: il “dittatore artistico” non è un mestierante della tv, del resto anche i suoi concerti, con o senza il sodale Morandi, vanno avanti fino a esaurimento psicofisico della platea.
Ma il Festival ipertrofico non giova a nessuno: anzi, a dirla tutta, è un segno di pressappochismo e di mancanza di rispetto nei confronti dei diretti interessati. Del pubblico, dei giornalisti e degli stessi artisti in gara. Sanremo dovrebbe essere una cena di gala dalla quale alzarsi, dopo, con ancora un certo appetito per la musica e per l’evento di costume, da commentare con gusto e spirito. Invece ti costringono all’abbuffata fuori orario, prendendoti per sfinimento, istigandoti quasi a odiare questo tronfio carrozzone, soprattutto i cantanti che si esibiscono dopo quattro ore dall’inizio della kermesse. Quanto ai cronisti, ai tempi in cui i quotidiani contavano ancora qualcosa, la Rai contraeva una sorta di gentlemen agreement con gli inviati nella Sala Stampa dell’Ariston, perché se la diretta si chiudeva troppo tardi a rimetterci erano i lettori, che non avrebbero trovato nelle pagine del giorno dopo le notizie più succose, eliminazioni o vittorie che fossero.
Oggi i maggiorenti della tv pubblica se ne fregano allegramente di dare una mano alla carta stampata, e la medesima sorte colpisce quei siti che non costringono i loro redattori a stare incatenati davanti al pc fino all’ultimo aggiornamento utile. Al fatto.it, per non morire dietro alle presunte breaking news della classifica provvisoria (peraltro monca, visto che alla fine della prima serata hanno dato indicazioni di preferenze di una sola giuria su tre), la saracinesca sarà tirata giù in tempi umani, nella certezza che i lettori sapranno comunque tutto alla riapertura dei lavori, l’indomani mattina. Consideratelo un segno di difesa della professionalità di chi racconta, su internet come su un giornale cartaceo, un evento come Sanremo, destinato troppo spesso a girare come un frullatore impazzito dove anche i destini dei cantanti in competizione vengono triturati via con disinvoltura in nome di una ragion privata dove il tour del superospite va pompato e annunciato, portandosi via mezz’ora qui e là di trasmissione. Perché al Festival i promoter, i manager, i discografici impongono le regole e le strategie future, sfruttando la vetrina fino all’ultimo secondo della messa in onda, e a costo di penalizzare molti dei propri rappresentati, ostaggi di una gara dove pochi venderanno copie, a bocce ferme.
Oltre ai potenti dell’industria musicale, gli unici a ottenere rispetto e attenzione dalla Rai, in questa giostra notturna, sono gli inserzionisti. Gli spot dentro i blocchi di Sanremo si pagano a peso d’oro, ma c’è una clausola: sotto una certa quota di ascolti il cliente può puntare i piedi. Per evitare di finire a carte bollate, i vertici della tv pubblica spalmano il Festival nell’arco di serate-maratona dove le percentuali si riveleranno in ogni caso lusinghiere. Ieri è andata benissimo: con una “prima parte” dell’evento esauritasi poco prima di mezzanotte, e la seconda andata avanti per un’altra ora e mezza, le cifre pompate con giubilo da viale Mazzini erano da record. Ma in quel 51,4 per cento molto era dovuto alla geniale esuberanza di Fiorello. E stasera, tradizionalmente, ci sarà il calo fisiologico. Ecco perché il dittatore artistico Baglioni non esclude il ritorno, a strettissimo giro, del mattatore siciliano. Magari, sgranata l’ora del Rosario, la più divertente del pacco, potrebbero chiudere la serata lì. Intorno alle dieci. In segno di rispetto di tutti, per una volta.