“Inaccettabili accuse”. Lo Stato Maggiore della Difesa attacca la Commissione d’inchiesta sull’uranio dopo la pubblicazione della relazione finale nella quale si parla di “negazionismo” dei vertici militari e di una “diffusa inosservanza degli obblighi” che “risulta perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive”. La presa di posizione dei vertici delle Forze armate arriva dopo lo scontro tra il presidente della Società di Radioprotezione, Giorgio Trenta, e il presidente della Commissione, Gian Piero Scanu, riguardo ad alcune affermazioni riportate nel documento, disconosciute dal medico.
Il botta e risposta con il tecnico – “Non è il mio pensiero, non ho mai detto che l’uranio impoverito è responsabile dei tumori riscontrati nei soldati. Le mie affermazioni sono state travisate“, ha detto Trenta commentando le conclusioni della Commissione, che invece citano proprio la sua relazione per stabilire che c’è un legame tra uranio e malattie. Le sue affermazioni, ribatte Scanu, sono depositate in una sua perizia giurata presso la Corte dei Conti dell’Abruzzo e nella sua audizione in Commissione il 23 marzo 2016 gli “fu chiesto due volte se confermava quel testo e non ne negò la paternità“. Non si riesce a capire, aggiunge il presidente della Commissione, per quale motivo ora il professore voglia negare ‘la responsabilità di tali proiettili nel generare le nanopolveri che sono la vera causa di molte forme tumorali”.
“Massima trasparenza” – Proprio “alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal professor Trenta, le Forze armate respingono con fermezza le inaccettabili accuse” mosse dai parlamentari, si legge in una nota dello Stato Maggiore della Difesa, ribadendo “la più completa disponibilità alla collaborazione, come peraltro dimostrato anche in sede di tavolo tecnico negoziale con la Commissione e sottolineano l’assoluta trasparenza di tutte le loro attività”. Le Forze armate “mai hanno acquistato o impiegato munizionamento contenente uranio impoverito”, ribadiscono i vertici militari. “Tale verità – si legge nella nota – è emersa ed è stata confermata anche dalle commissioni tecnico-scientifiche ingaggiate dalle quattro Commissioni parlamentari che, dal 2005 ad oggi, hanno indagato su tale aspetto”.
Il prof: “Ho detto mandante, non esecutore” – “Il presidente della Commissione cita una perizia che avevo fatto in cui affermavo che l’uranio al massimo poteva essere il mandante, non l’esecutore materiale – spiega Trenta – Io parlavo di un militare che lavorava in un campo di atterraggio e decollo degli aeroplani che portavano le bombe all’uranio depleto in Kosovo che aveva una pista in terra battuta. Quindi quando gli aeroplani atterravano facevano un polverone, e questo faceva sì che inalasse microparticelle ma non di uranio, ma del materiale che stava nella pista. In questa perizia ho dato colpa a nanoparticelle derivate dalle attività che si svolgevano nel sito dove stava, ma non certo all’uranio”. Spiegando che tutte le agenzie internazionali, a partire dall’Oms, hanno sempre escluso una responsabilità dell’uranio impoverito, Trenta dice che “nessuno l’ha mai provata”.
Scanu: “È scritto a pagina 16” – “Gli fu chiesto due volte se confermava quel testo e non ne negò la paternità. Non si riesce a capire per quale motivo ora il professore voglia negare ‘la responsabilità di tali proiettili nel generare le nanopolveri che sono la vera causa di molte forme tumorali'”, replica Scanu. A pagina 16 della perizia firmata da Trenta, ricorda, è affermato: “È necessario demolire una volta per tutte l’ipotesi che l’uranio depleto, in quanto tale, possa essere la causa di induzione di tumori nei militari che hanno soggiornato in luoghi bellici ove lo stesso è stato utilizzato. Se si continuasse a perseguire tale ipotesi, considerando le caratteristiche fisiche dell’uranio depleto, si sarebbe portati a negarne la responsabilità. Invece, deve essere ricordata la responsabilità di tali proiettili nel generare le nanopolveri, che sono, in effetti, la vera causa dell’induzione di molte forme tumorali. In conclusione, si può affermare, mutuando dalla criminologia, che l’uranio depleto è il mandante e le nano-polveri l’esecutore”. Negando la responsabilità dei proiettili all’uranio impoverito di generare le nanopolveri causa di forme tumorali, sottolinea il presidente della Commissione, il professore nega “quanto sostenuto non in una libera audizione o in una nota stampa, ma in un documento giurato depositato agli atti di un procedimento giudiziario“.
Avvocati di parte civile: “Difficile da negare” – Riguardo alla marcia indietro del professor Trenta, Mariella Cao, leader dell’associazione Gettiamo le Basi che da decenni in Sardegna denuncia l’inquinamento ambientale dei poligoni militari, dice: “Conosciamo Giorgio Trenta, nella precedente Commissione parlamentare d’inchiesta aveva negato qualsiasi connessione tra il torio e le malattie, sostenendo che il torio non è pericoloso. In quell’occasione il pm Fordalisi aveva sollecitato l’apertura di una indagine a suo carico e trasmesso gli atti in Procura”. “È indecente – attacca ancora Cao – che non si riesca a stabilire che i militari si ammalano, e molti sono morti, a causa dell’uranio e di altre sostanze pericolose per poter fare avere a loro e alle famiglie gli indennizzi che gli spettano”. Critico anche l’avvocato Gianfranco Sollai, legale di alcune famiglie che vivono nelle vicinanze del poligono di Quirra a Perdasdefogu: “Si tratta di un’evidenza difficile da negare. Una cosa è certa: al di là della relazione, ci sono diverse sentenze che hanno riconosciuto un nesso di causalità tra patologie dei militari e uranio impoverito”. Per quanto riguarda il poligono di Perdasdefogu, “c’è una forte correlazione – spiega Sollai – tra la presenza di torio e uranio impoverito in quelle zone e le patologie riscontrate ai cittadini che vivono e lavorano intorno alla base, in particolare il linfoma di hodgkin, tumore tipico dei militari provocato molto verosimilmente dalle sostanze tossiche presenti dove c’è attività antropica militare e utilizzo di armi che rilasciano sostanze tossiche come il torio”.