L’anno che si è appena concluso ha fatto registrare un nuovo record negativo per la popolazione italiana. Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2017 sono nati in Italia solo 464mila bambini, il 2% in meno rispetto al 2016 quando se ne contarono 473mila. Cifre che battono il precedente record di minimo storico dall’Unità d’Italia, registrato nel 2016. E’ la nona consecutiva diminuzione dal 2008, anno in cui nacquero solo 577mila bambini. I decessi sono stati invece 647mila, 31mila in più del 2016 (+5,1%) e solo mille in meno rispetto al 2015, l’anno in cui si sono contati più morti dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Il risultato è che il “saldo naturale”, cioè la differenza tra numero di nuovi nati iscritti all’anagrafe dei residenti e numero di cancellati per decesso, è negativo per 183 mila persone. Si tratta del minimo storico: è stato superato di 21mila unità il precedente record negativo registrato nel 2015 (-162mila). Il saldo migratorio con l’estero, cioè la differenza tra il numero degli iscritti per trasferimento di residenza dall’estero e il numero dei cancellati per trasferimento di residenza all’estero, è stato in compenso positivo per 184mila unità. Sono però diminuite anche le nascite in Italia da madre straniera: sono state 90mila, il 3,6% in meno dell’anno prima. All’1 gennaio 2018, i residenti in Italia erano 60 milioni 494mila residenti, in calo dell’1,6 per mille rispetto all’anno prima. E in media la popolazione è sempre più vecchia: il 22,6% ha almeno 65 anni, il 64,1% ha età compresa tra 15 e 64 anni mentre solo il 13,4% ha meno di 15 anni. L’età media ha oltrepassato i 45 anni.
Giancarlo Blangiardo, professore ordinario di Demografia all’Università di Milano-Bicocca, ha commentato ricordando che il saldo naturale è stato più basso “solo due volte nel nostro Paese, nel 1917 e nel 1918, anni drammatici tra epidemia di spagnola ed effetti della prima guerra mondiale“. Per quanto riguarda l’aumento della mortalità del 5,1%, “era naturale aspettarsi un aumento, alla luce di una popolazione invecchiata, ma la crescita è stata significativa (+31mila decessi rispetto al 2016). Questo – secondo Blangiardo – può evidenziare qualche segnale di debolezza del sistema sanitario nazionale soprattutto verso i più fragili. In questo quadro anche la speranza di vita non aumenta. Dal 1974 ad oggi è sempre stata in crescita, a parte qualche “scivolone”, l’ultimo nel 2015. Nel 2017 è rimasta invariata per i maschi, con un leggero calo per le femmine. Insomma, si registra un arresto nel trend di crescita dell’aspettativa di vita che non è confortante. Se continuiamo in questa direzione nel 2047, in Italia, avremo 400.000 nati e 800.000 morti: è quello che vogliamo?”.
Il calo della popolazione non riguarda però tutte le aree del Paese. Dal report Istat emerge che le aree più ricche e con più opportunità di lavoro, grazie al saldo migratorio estero e a quello interno, registrano variazioni di segno positivo. La Lombardia per esempio passa da da 10.019.200 abitanti a 10.039.900, +2,1 per mille. L’incremento relativo più consistente è quello ottenuto nella Provincia autonoma di Bolzano (+7,1) mentre nella vicina Trento si arriva al +2 per mille. L’Emilia Romagna è a +0,8 per mille. La riduzione di popolazione è più intensa rispetto al dato nazionale in Campania (-2,1 per mille) e Molise (-6,6).
Anche la fecondità vede primeggiare le regioni del Nord (1,39 figli per donna) nei confronti di quelle Centro (1,28) e del Mezzogiorno (1,30). Con 1,75 figli per donna la Provincia di Bolzano si conferma nel 2017 la regione più prolifica del Paese, seguita piuttosto a distanza dalla Provincia di Trento (1,50), dalla Valle d’Aosta (1,43) e dalla Lombardia (1,41). All’opposto, le aree del Paese dove la fecondità è più contenuta sono tutte nel Mezzogiorno, in particolare Basilicata (1,23), Molise (1,22) e Sardegna (1,09).
Per gli stranieri invece, risultano positivi sia il saldo naturale (+58mila) sia il saldo migratorio estero (+256mila), che registra un “consistente” incremento sull’anno precedente, pari a 144mila. Tra le poste in negativo sono invece da segnalare 132mila cancellazioni per irreperibilità e 224mila cancellazioni per acquisizione della cittadinanza italiana (+11%). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55 milioni 430mila (-113 mila residenti), e risulta negativo sia il saldo naturale (-241 mila) sia il saldo migratorio con l’estero (-72mila). Secondo l’Istat, l’Italia è uscita “dalla fase di diminuzione che aveva contraddistinto la dinamica migratoria” durante la crisi “segnando nel 2017 “il più elevato numero d’ingressi dell’ultimo quinquennio”.
Stabile secondo gli indicatori demografici dell’Istat la speranza di vita degli italiani alla nascita, pari a 80,6 anni per gli uomini, come nel 2016, e a 84,9 anni per le donne, contro gli 85 anni del 2016. In virtù dei più rapidi miglioramenti nella mortalità maschile, se confrontati con quella femminile, il gap di genere si riduce nel 2017 a soli 4,3 anni. Si tratta del più basso divario riscontrato dalla metà degli anni ’50, un periodo quest’ultimo dal contesto profondamente diverso rispetto a quello attuale, in cui le donne tendevano anno dopo anno ad ampliare le distanze dagli uomini. Leggere variazioni a livello territoriale. I valori massimi continuano ad aversi nel Nord-est del Paese, dove gli uomini possono contare su 81,2 anni di vita media (+0,1 sul 2016) e le donne su 85,6 (invariata). Quelli minimi, invece, si ritrovano nel Mezzogiorno con 79,8 anni per gli uomini (-0,1 sul 2016) e 84,1 per le donne (-0,2). Nonostante un livello inferiore di nascite, il numero medio di figli per donna (1,34) risulta invariato rispetto all’anno precedente. L’età media al parto sale a 31,8 anni.
Le iscrizioni dall’estero di individui di nazionalità straniera sono 292 mila (+10,9% sul 2016) mentre i rientri in patria di italiani sono 45 mila (+19,9%). Solo 40mila emigrazioni per l’estero, sulle complessive 153 mila, coinvolgono cittadini stranieri (-5% sul 2016) contro 112mila cancellazioni di cittadini italiani, in leggera diminuzione (-1,8%). I trasferimenti di residenza intercomunali sono 1 milione e 360mila (+2,2% sul 2016). Tra questi, i movimenti interregionali (tra regioni diverse) sono 328 mila, corrispondenti al 24,2% dei trasferimenti totali.