All’indomani dell’Undici settembre 2001, la falsa attribuzione a Saddam Hussein di armi di distruzione di massa permise a George W. Bush, con la complicità di Tony Blair, di invadere l’Iraq e destabilizzare l’intero Medioriente. Di un diritto alla conoscenza si parlava già da tempo; ma da allora vari movimenti, fra i quali il Partito Radicale Transnazionale, perseguono il riconoscimento del diritto, da parte di individui e gruppi, di chiedere ai governanti informazioni che questi vorrebbero tenere riservate. Sabato si terrà a Trieste un convegno per discutere, in particolare, dell’equilibrio fra libertà e sicurezza. Qui anticipo qualche idea critica, sviluppata a partire da un mio libro sul tema.
Certo, parlare di un diritto alla conoscenza, oggi, rischia di suonare surreale. Di diritti ce n’è già un fottio, che rischiano di restare sulla carta sinché parlamentari o giudici non riescono ad attivarli contro i governi: basti pensare alle informazioni sui nostri militari morti per essere venuti in contatto con materiali come l’amianto o l’uranio impoverito. Quanto alla conoscenza, di informazioni vere o presunte sul web ce ne sono pure troppe; semmai mancano i controlli, un tempo compiuti dalla stampa indipendente. Oggi non più: dall’inizio del 2018, per fare solo un piccolo esempio, hanno chiuso tutte le edicole del mio quartiere, e un bar che ha chiesto di poterli vendere aspetta inutilmente l’autorizzazione da un mese.
Ma soprattutto, che significa ‘diritto alla conoscenza’? Almeno due cose diverse, a volte coincidenti, altre volte in conflitto fra loro. Da un lato, un interesse collettivo dell’opinione pubblica, eventualmente fatto valere da individui o gruppi di pressione, alla trasparenza di un’amministrazione, pubblica ma anche privata. Dall’altro, diritti individuali di persone in carne e ossa a conoscere notizie determinanti circa la propria vita, libertà e beni: ma pure a che tali notizie vengano tenute riservate, oppure cancellate sia se acquisite illegalmente sia in mancanza di un interesse pubblico alla loro divulgazione, come nel caso del cosiddetto diritto all’oblio.
Un esempio di possibile conflitto fra interesse collettivo e diritti individuali si trova nell’ultimo film di Steven Spielberg, The Post. Il Washington Post voleva pubblicare documenti riservati dai quali risultava che nessun presidente americano aveva mai davvero creduto alla possibilità di vincere la guerra in Vietnam: ma l’amministrazione Nixon vi si opponeva, affermando che la pubblicazione poteva mettere a repentaglio la vita dei soldati americani. Fosse stato così, il diritto individuale alla vita avrebbe prevalso sull’interesse collettivo alla trasparenza: ma qui diritti e interesse coincidevano, e anche per questo la Corte suprema diede ragione al Post. Gli americani avevano il diritto di sapere che i loro figli venivano sacrificati sull’altare della sicurezza nazionale. E quando tutti lo seppero, i soldati furono rimandati a casa.

Mauro Barberis
Docente universitario e scrittore
Politica - 8 Febbraio 2018
Perché i governi devono dirci tutto. Sul diritto alla conoscenza
All’indomani dell’Undici settembre 2001, la falsa attribuzione a Saddam Hussein di armi di distruzione di massa permise a George W. Bush, con la complicità di Tony Blair, di invadere l’Iraq e destabilizzare l’intero Medioriente. Di un diritto alla conoscenza si parlava già da tempo; ma da allora vari movimenti, fra i quali il Partito Radicale Transnazionale, perseguono il riconoscimento del diritto, da parte di individui e gruppi, di chiedere ai governanti informazioni che questi vorrebbero tenere riservate. Sabato si terrà a Trieste un convegno per discutere, in particolare, dell’equilibrio fra libertà e sicurezza. Qui anticipo qualche idea critica, sviluppata a partire da un mio libro sul tema.
Certo, parlare di un diritto alla conoscenza, oggi, rischia di suonare surreale. Di diritti ce n’è già un fottio, che rischiano di restare sulla carta sinché parlamentari o giudici non riescono ad attivarli contro i governi: basti pensare alle informazioni sui nostri militari morti per essere venuti in contatto con materiali come l’amianto o l’uranio impoverito. Quanto alla conoscenza, di informazioni vere o presunte sul web ce ne sono pure troppe; semmai mancano i controlli, un tempo compiuti dalla stampa indipendente. Oggi non più: dall’inizio del 2018, per fare solo un piccolo esempio, hanno chiuso tutte le edicole del mio quartiere, e un bar che ha chiesto di poterli vendere aspetta inutilmente l’autorizzazione da un mese.
Ma soprattutto, che significa ‘diritto alla conoscenza’? Almeno due cose diverse, a volte coincidenti, altre volte in conflitto fra loro. Da un lato, un interesse collettivo dell’opinione pubblica, eventualmente fatto valere da individui o gruppi di pressione, alla trasparenza di un’amministrazione, pubblica ma anche privata. Dall’altro, diritti individuali di persone in carne e ossa a conoscere notizie determinanti circa la propria vita, libertà e beni: ma pure a che tali notizie vengano tenute riservate, oppure cancellate sia se acquisite illegalmente sia in mancanza di un interesse pubblico alla loro divulgazione, come nel caso del cosiddetto diritto all’oblio.
Un esempio di possibile conflitto fra interesse collettivo e diritti individuali si trova nell’ultimo film di Steven Spielberg, The Post. Il Washington Post voleva pubblicare documenti riservati dai quali risultava che nessun presidente americano aveva mai davvero creduto alla possibilità di vincere la guerra in Vietnam: ma l’amministrazione Nixon vi si opponeva, affermando che la pubblicazione poteva mettere a repentaglio la vita dei soldati americani. Fosse stato così, il diritto individuale alla vita avrebbe prevalso sull’interesse collettivo alla trasparenza: ma qui diritti e interesse coincidevano, e anche per questo la Corte suprema diede ragione al Post. Gli americani avevano il diritto di sapere che i loro figli venivano sacrificati sull’altare della sicurezza nazionale. E quando tutti lo seppero, i soldati furono rimandati a casa.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.