I tenoretti hanno preso “Canzone per te” dalla teca e l’hanno sbriciolata urlandoci dentro come se fosse “Nessun dorma”, arrampicandosi verso impervi do di petto con un belcantismo d’accatto che nulla ha a che fare con le sfumature, i sussurrati e la delicatezza dell’originale
Era un Festival a suo modo rivoluzionario, quello del 1968. Un mese prima di Valle Giulia e dell’invettiva di Pasolini, a trionfare all’Ariston era qualcosa di più di un effimero trallallà. Sergio Endrigo e Roberto Carlos vincevano (su Ornella Vanoni & Marisa Sannia, mentre al terzo posto si insediavano Celentano e Milva) con “Canzone per te”, una gemma autorale che si è da allora sedimentata nella coscienza collettiva degli italiani come un tesoro da condividere e tutelare, non certo da oltraggiare. Quelli de Il Volo, con la complicità dell’autoproclamato dittatore artistico del Sanremo 2018, l’hanno invece distrutta, spacciando per omaggio quella che è stata un’impura operazione autopromozionale. I tenoretti hanno preso “Canzone per te” dalla teca e l’hanno sbriciolata urlandoci dentro come se fosse “Nessun dorma”, arrampicandosi verso impervi do di petto con un belcantismo d’accatto che nulla ha a che fare con le sfumature, i sussurrati e la delicatezza dell’originale. Endrigo era un poeta che dava senso a ogni parola, frase, nota. E mezzo secolo dopo è ben possibile che le nuove generazioni ne ignorino la grandezza artistica: tanto più insulso, allora, tradirne lo spirito affidando quel suo capolavoro ai tre rappresentanti del pop-kitsch pseudolirico invece che proporla a gente che sa quel che canta: la stessa Vanoni, o Paoli, Cammariere, Cristicchi. Tutta gente a portata d’albergo a Sanremo, se la Rai voleva rimanere sulle spese.
E c’è rimasta male Claudia, autrice di “Sergio Endrigo. Mio padre, artista per caso”, il libro in cui tenta di preservare la memoria del genitore, in un Paese che dimentica tutto e non protegge nessuno. Confidava che nel cinquantennale della vittoria al Festival e a quasi tredici anni dalla scomparsa, a Sanremo dedicassero un premio alla carriera al papà. Invece ecco lì l’intemerata del Volo, con l’aggravante che lo stesso Baglioni aveva da tempo messo a punto, in un disco di cover nobili, una versione più che dignitosa proprio di “Canzone per te”. Ora la direzione-dittatura artistica, vista anche la sollevazione sui social dopo la triste perfomance dei tre giovanotti, è corsa ai ripari annunciando l’istituzione di un Premio alla Migliore Interpretazione Maschile intitolato all’artista di Pola, e che verrà assegnato con il voto della Sala Stampa dell’Ariston. Bene, certo. Peccato che nessuno si sia premurato di invitare in Riviera Claudia Endrigo per farle consegnare il riconoscimento. La Rai ha ancora qualche ora di tempo per non fare un’altra figuraccia. È questione di stile. E di tutela della grande Musica Leggera degli anni ruggenti, quella che volava più in alto delle piccolezze.