Al termine della sua requisitoria, il procuratore per i minorenni di Bologna Silvia Marzocchi aveva chiesto 12 anni chiedendo il riconoscimento delle attenuanti generiche. Erano imputati per le aggressioni ai danni di una turista polacca di 26 anni e di una trans peruviana
È arrivata anche per i minorenni del branco la sentenza per gli stupri di Rimini, le aggressioni ai danni di una donna polacca e una trans peruviana lo scorso 26 agosto. Nove anni e otto mesi, in rito abbreviato, la pena stabilita dal gup del Tribunale per i minorenni di Bologna I tre sono i complici di Guerlin Butungu, congolese 20enne considerato il capo del gruppo, già condannato a 16 anni. La decisione del gup Luigi Martello è arrivata dopo meno di un’ora di camera di consiglio. I minori, due fratelli marocchini di 15 e 17 anni e un nigeriano di 16, sono stati ritenuti responsabili di tutti gli otto capi di imputazione che gli venivano contestati: tra questi, lo stupro a una turista polacca, le botte a un connazionale, la seconda violenza sessuale ai danni di una prostituta trans peruviana e anche un’aggressione ad un’altra coppia, nei giorni precedenti. I giovani imputati non avrebbero avuto reazioni particolari alla lettura della sentenza, preparati dai difensori all’entità della pena e alla prospettiva di restare in carcere..
Per l’avvocato Alessandro Gazzea, difensore del nigeriano, “nove anni e 8 mesi è una pena troppo alta. Faremo appello, quantomeno sulla questione delle aggravanti sulla violenza e sulla minorata difesa“. Secondo il difensore, infatti, il giudice “ha considerato una serie di circostanze aggravanti che dovevano essere elise. I fatti sono quelli che conosciamo, ma il giudice li ha voluti ritenere una pluralità di violenze. La medesima violenza è invece stata conteggiata più volte”. Farà appello anche l’avvocato Marco Defendini, difensore dei due fratelli marocchini, che diversamente dal collega è invece soddisfatto dall’entità della pena: “Leggeremo le motivazioni. Credo – ha detto – che sarà difficile ottenere un risultato migliore”.
La procura aveva chiesto 12 anni
Al termine della sua requisitoria, il procuratore per i minorenni di Bologna Silvia Marzocchi aveva chiesto 12 anni chiedendo il riconoscimento delle attenuanti generiche. I difensori hanno sostenuto che i loro assistiti sono pentiti e sperano nella clemenza dei giudici, pur sapendo che dovranno pagare le conseguenze della loro condotta. Prima di entrare in Tribunale l’avvocato Defendini era stato chiaro: “È un processo sulla pena, sulla responsabilità c’è poco da dire. I miei assistiti hanno capito cosa hanno commesso: stanno seguendo entrambi la scuola all’interno del carcere e si aspettano una pena esemplare per questi fatti. Poi sanno che per un lungo periodo dovranno stare in carcere, anche in attesa di quello che potrà essere l’appello e la sentenza definitiva”. Ha fatto sapere di essere pentito anche il giovane nigeriano. “Si è reso conto fin dal primo giorno – ha detto il suo difensore, avvocato Alessandro Gazzea – e ha confessato fin dal momento del fermo e ha descritto tutto quello che era accaduto, tanto che la sua dichiarazione è stata utilizzata nel processo al maggiorenne, a Rimini. Si è reso conto e sa di doverne pagare le conseguenze“.
“Se non è riuscita a odiare Butungu, non riuscirà a odiare nemmeno i tre minorenni. Quello che ha sempre detto la mia assistita è che spera che un domani possano rifarsi una vita e rimediare ai loro errori” dice l’avvocato Enrico Graziosi, difensore della cittadina peruviana. Il difensore non era presente all’udienza, perché nei processi minorili non è prevista la costituzione di parte civile. Secondo l’avvocato, in ogni caso, la pena di 9 anni e 8 mesi ai tre imputati è “giusta, equa, nell’ordine di quella data a Butungu“, tenendo conto della riduzione del rito abbreviato e dell’ulteriore diminuzione di un terzo per la minore età degli imputati. “Per come conosco gli atti – ha aggiunto, però, – forse da un punto di vista comportamentale doveva essere differenziata la posizione del 16enne nigeriano: ha fatto subito ammenda, ha fornito elementi utili per raggiungere la verità, è stato il più collaborativo e forse è il più debole del gruppo”.
La lettera delle vittime: “Paura senza fine”
In una lettera ai giudici i due cittadini polacchi, vittime degli stupratori di Rimini, hanno descritto i momenti di terrore vissuti: “Mi capita di avere incubi notturni e attacchi di panico. Non so se passerà mai la paura e il senso di vergogna che mi accompagnano“, dice la ragazza. “Ho paura del buio, della spiaggia, del mare, della gente che parla una lingua straniera”, scrive il fidanzato. La missiva è stata depositata dall’avvocato Maurizio Ghinelli, che li assiste e ha depositato i testi tradotti.