Ci sono le “prove regina” che invece la relazione approvata dalla maggioranza dei commissari “non mette a fuoco”. Quelle “definizioni documentali che inchiodano i vertici” alle proprie responsabilità, compresi l’attuale ministro della Difesa Roberta Pinotti e Sergio Mattarella, titolare del dicastero dal 1999 al 2001.  “Omissioni di Stato per nascondere la verità: il ministero della Difesa ha coperto per anni omicidi plurimi e disastri ambientali”, dice Mauro Pili. In quelle carte ci sono anche 168 nomi delle “vittime della devastazione del poligono di Quirra, dove sono state usate migliaia di tonnellate di esplosivi con ogni genere di sostanze cancerogene e radioattive”. A ventiquattr’ore dalla divulgazione del documento finale prodotto dalla Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, il deputato sardo del Gruppo Misto – che non l’ha votata – rilancia con la propria relazione alternativa. Le oltre 900 pagine di documenti, foto, testimonianze, analisi, interrogatori sono ancora più dure nei confronti del ministero e delle Forze armate di quanto non lo sia già stato il presidente Gian Piero Scanu, al quale lo Stato Maggiore della Difesa ha risposto parlando di “accuse inaccettabili”. E anche Pinotti è tornata sull’argomento dicendo che è “sbagliato criminalizzare” le Forze armate perché “hanno in massima attenzione la salute dei militari” e apparati militari “di altre parti del mondo prendono ad esempio le nostre buone pratiche“, ribadendo che “in Italia non è mai stato utilizzato e acquistato un munizionamento con l’uranio impoverito”.

“L’Italia sapeva dal 1995” – Ma il punto affrontato dalle relazioni non è questo, quanto la presunta mancata prevenzione in scenari di guerra. Il parlamentare mette insieme documenti riservati, svela come un video delle Forze armate statunitensi ricevuto anche dall’Italia nel 1995 avvertisse sull’uso di uranio impoverito già in Bosnia. Mentre la testimonianza del generale Fernando Termentini, operativo in vari scenari esteri tra i quali la Bosnia e colpito dal male, chiarisce come nel corso degli interventi “non avevamo nessuna conoscenza, nessuno ci aveva informato, non avevamo nessun tipo di attrezzatura adeguata per fronteggiare il pericolo delle nanoparticelle e dell’uranio”. Ripercorre così “fatti di una gravità inaudita” che “costituiscono la prova evidente di un atteggiamento diffuso e di vertice teso a nascondere, manipolare e omettere la drammatica situazione che vede migliaia di militari malati e tanti civili vittime di questo sistema”. Che arriva a suo avviso fino a Roberta Pinotti.

“Gravi interferenze del ministro Pinotti” – L’accusa di Pili è duplice. Da un lato, ricorda, la ministra aveva dichiarato che la Difesa non si sarebbe costituita nel terzo grado di giudizio sul caso del militare Salvatore Vacca, deceduto dopo aver combattuto in Bosnia, e invece “lo ha fatto venti giorni dopo”. Ma soprattutto nella relazione si riporta il caso della recente intervista al Tg2 del generale Carmelo Covato. Pinotti, secondo Pili, “in totale dispregio della Commissione d’inchiesta e del suo lavoro disponeva, come emerso dall’esame testimoniale, attraverso il suo responsabile della comunicazione, una fraudolenta intervista su una rete pubblica nazionale con la quale faceva dichiarare (…) l’inesistenza del legame tra insorgenza della malattia e i teatri di guerra”. Un colloquio che – per ammissione dello stesso generale – è avvenuto negli uffici ministeriali. “Una grave interferenza con un evidente possibile abuso di potere” finalizzato, secondo Pili, “al negare responsabilità e precostituire tesi processuali protese a minare gli stessi atti giudiziari”. Il presunto comportamento della Pinotti “merita di essere vagliato dal Tribunale dei ministri“, si legge nel documento. Anche perché è stato accertato, ribatte Pili che su questo concorda con la relazione approvata da 10 colleghi della Commissione d’inchiesta, “il nesso causale tra morti e luoghi dove hanno operato. Ci sono 70 sentenze che lo dicono”. Per questo tra le 6 proposte della sua relazione c’è il riconoscimento del nesso causale automatico. “Un atto morale e di responsabilità dello Stato”, lo chiama, come già avvenuto negli Stati Uniti con i militari colpiti dalla sclerosi multipla, mentre “da noi continua il calvario delle famiglie, costrette ad affrontare i processi”. 

video di Alberto Sofia

“Da Mattarella il primo tentativo di mistificare” – Pili rimette in fila anche gli interventi dell’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando era ministro della Difesa, confrontandoli con i documenti ritrovati dalla Commissione d’inchiesta. Il giudizio è duro. Riferendosi alla risposta ad un’interrogazione parlamentare del 27 settembre 2000, “nonostante le comunicazione reiterate di livello internazionale attestino la pericolosità dell’uranio impoverito”, secondo il deputato del Gruppo Misto, Mattarella risponde con “affermazioni assertive che non trovano nessun riscontro” negli atti, nelle testimonianze e nelle sentenze dalle quali emergerebbe “in modo inequivocabile l’esatto contrario“. Il riferimento di Pili è all’affermazione “secondo la quale a Sarajevo non era stato mai fatto uso di uranio impoverito” ed “è privo di riscontro” – insiste – l’idea secondo cui “sarebbero state messe in campo campagne informative, monitoraggio ambientale e decontaminazione dei luoghi”. Un “atteggiamento negazionista”, secondo Pili, che si ripropone in un intervento del 10 gennaio 2001: “La gravità delle affermazioni del ministro Mattarella costituiscono (…) il primo evidente tentativo di omettere o mistificare la realtà dei fatti”.

La “connivenza” dei vertici con le industrie belliche – La relazione punta l’indice anche contro il “livello di grave compromissione” dei vertici militari con le industrie belliche. Una “commistione omessa, coperta e avallata”, si legge, dalle “parti politiche”. Dagli atti sarebbe chiara “un’architettura affaristico-lobbistica” che passa dalla vendita dei missili Milan, contenenti torio e “generatori di contaminazioni gravi e letali”, alla gestione dei poligoni da parte della Vitrociset a Quirra e Capo Frasca. L’ultimo approvvigionamento di Milan, sparati nelle basi sarde, avviene nel 2004 quando alla guida dell’esercito c’era il generale Guido Fraticelli che “appena 8 mesi dopo” aver lasciato la carica diventa “presidente della società Oto Melara, la stessa produttrice del missile Milan”. Riguardo alla Vitrociset, aggiunge il deputato sardo, “non è un caso” che a capo della società “sia stato chiamato il più alto in grado dei generali, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Mario Arpino che, lasciato l’incarico di primo vertice, assumeva quello di presidente operativo”. La stessa Vitrociset – società citata nei Paradise Papers – che a Capo Frasca “si occupava di movimento terra per una presunta bonifica, ancora inattuata, a Quirra gestiva l’intero poligono, e a Teulada vinceva, sempre attraverso le procedure di segretezza, la realizzazione edilizia e tecnologica di villaggi islamici e mittle europei”.

Le proposte – Un problema quello dei poligoni militari che Pili affronta anche in chiave bonifiche affinché vengano ripristinati i parametri ambientali imponendo il principio del “chi inquina paga”. Il parlamentare sardo chiede anche “una grande azione di credibilità e responsabilità dello Stato” nel sancire il riconoscimento del nesso causale automatico e chiede alle Camere di legiferare “nel più breve tempo possibile” così da “ricostruire la credibilità della Difesa” agli occhi dei militari definendo “regole certe sulla sicurezza sui luoghi di servizio, garantendo controlli terzi ed esterni all’amministrazione”. Le “manipolazioni dimostrate” sotto il profilo ambientale e della salute dei militari, anticipa, porteranno alla trasmissione degli atti alle procuri competenti, alle quali andrebbero inoltrati anche le testimonianze di “quei vertici militari che hanno manifestamente dichiarato il falso e omesso di intervenire”.

Twitter: @andtundo

Aggiornato dalla redazione web il 12 febbraio alle 12.17

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