“In Italia non esistono nelle carceri luoghi protetti e sicuri dove è possibile entrare in intimità tra un detenuto e il rispettivo coniuge o partner, esterno o interno al penitenziario. Si parla di diritti dei carcerati ma quello alla sessualità non è quasi mai affrontato né, tanto meno, garantito nelle carceri italiane. C’è proprio un vuoto nella legislazione del nostro Paese: sarebbe ora di colmarlo”. A sostenerlo è Alessandra Naldi, Garante per i diritti delle persone private della libertà presso il Comune di Milano in occasione di un incontro pubblico organizzato la sera del 7 febbraio dal Consorzio Vialedeimille dal titolo “Carcere & Amore: dove si lasciano i sentimenti?”, che fa parte del progetto Milano Love Week (7-14 febbraio). Il Consorzio è costituito da cooperative sociali che operano nelle carceri lombarde e si occupa di vendere e promuovere prodotti e servizi dell’economia carceraria.
Le coop sociali che appartengono al Consorzio impiegano oltre 100 persone in carcere e altrettante fuori. “Quello della sessualità è un tema che i media trattano pochissimo, un po’ per opportunità e convenienze interne alle testate ma a volte anche per disattenzione dei giornalisti. Quando siamo dentro le celle non veniamo considerati come delle persone uguali agli altri, ma siamo trattati diversamente. Ma anche noi, pur consapevoli di aver commesso dei reati e per questo siamo in carcere, abbiamo certe esigenze, certi desideri sessuali. Mi sembra una cosa del tutto normale”. Così Maurizio, detenuto nel carcere di Bollate che quasi ogni giorno si reca in permesso (articolo 21) al Consorzio Vialedeimille svolgendo attività professionali il cui ricavato va a finanziare progetti di inclusione sociale e recupero. “L’articolo 21 non è una vera misura alternativa alla detenzione, ma un beneficio, concesso dal direttore del carcere che, di volta in volta, può decidere di attuarlo. Consiste di uscire temporaneamente dal carcere per fare un’attività lavorativa e dare una svolta positiva alla propria vita”, precisa a ilfattoquotidiano.it Elisabetta Ponzone del Consorzio Vialedeimille. “In vista del 14 febbraio, festa di San Valentino, abbiamo deciso di affrontare il tema del carcere e dell’amore insieme. Vogliamo eliminare pregiudizi e aprire una breccia nel silenzio assoluto che c’è intorno al diritto alla sessualità anche per chi vive recluso nelle carceri italiane. Diritto da garantire all’uomo ma anche alla donna”.
“Vorrei vivere dei momenti di intimità con mia moglie, poter stare con lei e amarci anche fisicamente. Ma purtroppo questo non è ancora possibile stando dentro (il carcere, ndr). Spero che qualcosa possa cambiare. So che in alcuni Paesi europei questo è già una realtà regolamentata. Mi sono costituito volontario e sono in carcere perché ho capito che la mia famiglia è più importante di qualsiasi altra cosa al mondo ma adesso mia moglie mi manca tantissimo” afferma Sebastiano, detenuto a Milano-Opera e anche lui in art.21 presso il Consorzio Vialedeimille. Sebastiano ha imparato, stando in carcere, a fare il pane grazie all’intervento della cooperativa sociale In-Opera. “L’affettività e la sessualità – spiega – dovrebbero essere garantite per favorire il venir meno delle tensioni emotive delle persone rinchiuse negli istituti di pena. Bisogna prestare molta più attenzione a questo aspetto”.
Nel corso del convegno si è affrontato anche la questione dei figli minori dei detenuti. “La Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti, Protocollo firmato nel 2014 e rinnovato il 6 settembre 2016 dal ministero della Giustizia alla presenza delle associazioni di riferimento – dice una rappresentante dell’organizzazione Bambini senza sbarre – riconosce formalmente il diritto di questi minorenni alla continuità del proprio legame affettivo con il proprio genitore detenuto e, al contempo, ribadisce il diritto alla genitorialità dei detenuti”. Il Protocollo rende i bambini che entrano in carcere visibili, tutelando il loro diritto a mantenere un legame affettivo con il genitore in carcere e cercando di superare le barriere legate alla discriminazione e allo stigma all’interno della società. “Tra le varie cose previste dalla Carta – aggiunge Marianna Grimaldi, coordinatrice dell’Istituto a custodia attenuata per madri detenute (ICAM) dipendente dal carcere di San Vittore – sono previste le visite all’interno degli istituti di pena, la formazione del personale e l’istituzione di un Tavolo permanente che effettuerà un monitoraggio sull’applicazione dello stesso Protocollo, utilizzando anche il sostegno delle associazioni territoriali”. “Noi lavoriamo a Milano – dice Grimaldi – in particolare con madri rom. La nostra è una comunità dove anche giovanissime mamme e figli condividono un certo periodo limitato di tempo: spesso pochi mesi. Con noi le mamme e i bambini hanno la possibilità di crescere in un ambiente meno duro e più familiare, anche se per le detenute vigono le stesse regole presenti negli istituti di pena. Uno dei nostri obiettivi è costruire un legame il più possibile di affetto e di amore tra i soggetti coinvolti nei nostri percorsi. Lottiamo anche contro la solitudine e l’abbandono delle mamme da parte delle rispettive famiglie di riferimento. Dopo la delicatissima fase del recupero, cerchiamo – termina la coordinatrice dell’ICAM – di restituire loro dignità e supporto ai loro figli, anche con percorsi scolastici selezionati”. I piccoli dormono con le loro mamme, ogni mattina sono accompagnati all’asilo e rientrano nel pomeriggio, sempre accompagnati dalle educatrici dell’ICAM. “Inclusione, rispetto e affetto sono i nostri interessi primari per cercare di rendere meno dura la vita di queste persone”.
Diritti
Carcere e amore, la Garante dei detenuti di Milano: “Diritto alla sessualità per chi è recluso non è mai garantito in Italia”
Il consorzio Vialedeimille, che riunisce cooperative sociali che lavorano nelle carceri lombarde, ha lanciato la "Milano Love Week" per affrontare il tema di affetto e sessualità dietro le sbarre: "Vogliamo eliminare pregiudizi e aprire una breccia nel silenzio assoluto"
“In Italia non esistono nelle carceri luoghi protetti e sicuri dove è possibile entrare in intimità tra un detenuto e il rispettivo coniuge o partner, esterno o interno al penitenziario. Si parla di diritti dei carcerati ma quello alla sessualità non è quasi mai affrontato né, tanto meno, garantito nelle carceri italiane. C’è proprio un vuoto nella legislazione del nostro Paese: sarebbe ora di colmarlo”. A sostenerlo è Alessandra Naldi, Garante per i diritti delle persone private della libertà presso il Comune di Milano in occasione di un incontro pubblico organizzato la sera del 7 febbraio dal Consorzio Vialedeimille dal titolo “Carcere & Amore: dove si lasciano i sentimenti?”, che fa parte del progetto Milano Love Week (7-14 febbraio). Il Consorzio è costituito da cooperative sociali che operano nelle carceri lombarde e si occupa di vendere e promuovere prodotti e servizi dell’economia carceraria.
Le coop sociali che appartengono al Consorzio impiegano oltre 100 persone in carcere e altrettante fuori. “Quello della sessualità è un tema che i media trattano pochissimo, un po’ per opportunità e convenienze interne alle testate ma a volte anche per disattenzione dei giornalisti. Quando siamo dentro le celle non veniamo considerati come delle persone uguali agli altri, ma siamo trattati diversamente. Ma anche noi, pur consapevoli di aver commesso dei reati e per questo siamo in carcere, abbiamo certe esigenze, certi desideri sessuali. Mi sembra una cosa del tutto normale”. Così Maurizio, detenuto nel carcere di Bollate che quasi ogni giorno si reca in permesso (articolo 21) al Consorzio Vialedeimille svolgendo attività professionali il cui ricavato va a finanziare progetti di inclusione sociale e recupero. “L’articolo 21 non è una vera misura alternativa alla detenzione, ma un beneficio, concesso dal direttore del carcere che, di volta in volta, può decidere di attuarlo. Consiste di uscire temporaneamente dal carcere per fare un’attività lavorativa e dare una svolta positiva alla propria vita”, precisa a ilfattoquotidiano.it Elisabetta Ponzone del Consorzio Vialedeimille. “In vista del 14 febbraio, festa di San Valentino, abbiamo deciso di affrontare il tema del carcere e dell’amore insieme. Vogliamo eliminare pregiudizi e aprire una breccia nel silenzio assoluto che c’è intorno al diritto alla sessualità anche per chi vive recluso nelle carceri italiane. Diritto da garantire all’uomo ma anche alla donna”.
“Vorrei vivere dei momenti di intimità con mia moglie, poter stare con lei e amarci anche fisicamente. Ma purtroppo questo non è ancora possibile stando dentro (il carcere, ndr). Spero che qualcosa possa cambiare. So che in alcuni Paesi europei questo è già una realtà regolamentata. Mi sono costituito volontario e sono in carcere perché ho capito che la mia famiglia è più importante di qualsiasi altra cosa al mondo ma adesso mia moglie mi manca tantissimo” afferma Sebastiano, detenuto a Milano-Opera e anche lui in art.21 presso il Consorzio Vialedeimille. Sebastiano ha imparato, stando in carcere, a fare il pane grazie all’intervento della cooperativa sociale In-Opera. “L’affettività e la sessualità – spiega – dovrebbero essere garantite per favorire il venir meno delle tensioni emotive delle persone rinchiuse negli istituti di pena. Bisogna prestare molta più attenzione a questo aspetto”.
Nel corso del convegno si è affrontato anche la questione dei figli minori dei detenuti. “La Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti, Protocollo firmato nel 2014 e rinnovato il 6 settembre 2016 dal ministero della Giustizia alla presenza delle associazioni di riferimento – dice una rappresentante dell’organizzazione Bambini senza sbarre – riconosce formalmente il diritto di questi minorenni alla continuità del proprio legame affettivo con il proprio genitore detenuto e, al contempo, ribadisce il diritto alla genitorialità dei detenuti”. Il Protocollo rende i bambini che entrano in carcere visibili, tutelando il loro diritto a mantenere un legame affettivo con il genitore in carcere e cercando di superare le barriere legate alla discriminazione e allo stigma all’interno della società. “Tra le varie cose previste dalla Carta – aggiunge Marianna Grimaldi, coordinatrice dell’Istituto a custodia attenuata per madri detenute (ICAM) dipendente dal carcere di San Vittore – sono previste le visite all’interno degli istituti di pena, la formazione del personale e l’istituzione di un Tavolo permanente che effettuerà un monitoraggio sull’applicazione dello stesso Protocollo, utilizzando anche il sostegno delle associazioni territoriali”. “Noi lavoriamo a Milano – dice Grimaldi – in particolare con madri rom. La nostra è una comunità dove anche giovanissime mamme e figli condividono un certo periodo limitato di tempo: spesso pochi mesi. Con noi le mamme e i bambini hanno la possibilità di crescere in un ambiente meno duro e più familiare, anche se per le detenute vigono le stesse regole presenti negli istituti di pena. Uno dei nostri obiettivi è costruire un legame il più possibile di affetto e di amore tra i soggetti coinvolti nei nostri percorsi. Lottiamo anche contro la solitudine e l’abbandono delle mamme da parte delle rispettive famiglie di riferimento. Dopo la delicatissima fase del recupero, cerchiamo – termina la coordinatrice dell’ICAM – di restituire loro dignità e supporto ai loro figli, anche con percorsi scolastici selezionati”. I piccoli dormono con le loro mamme, ogni mattina sono accompagnati all’asilo e rientrano nel pomeriggio, sempre accompagnati dalle educatrici dell’ICAM. “Inclusione, rispetto e affetto sono i nostri interessi primari per cercare di rendere meno dura la vita di queste persone”.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.