Matteo Salvini ha ottenuto 25 candidati nell'uninominale al Centro-Sud, 13 nelle sole regioni meridionali. Sono tutti collegi sicuri o al massimo incerti. Se verranno eletti, la Lega può radicarsi in territori non convenzionali, grazie a un mix di giovani e volti nuovi, riciclati e alcuni estremisti. E in Calabria c'è l'avvocato ultracattolico che diceva "gli omosessuali sono malati"
Riciclati, due acquisti dalla destra dura e pura del Movimento per la Sovranità, ultracattolici, facce pulite, una spruzzata di gioventù. Un pot-pourri con una sola linea guida: i marchigiani nelle Marche, i calabresi in Calabria e i sardi in Sardegna. Perché il radicamento nei territori meno agevoli è appena iniziato e bisogna portarlo avanti. Non importa come, conta la sostanza. Matteo Salvini era stato chiaro: “Certamente presenteremo più di un candidato nei collegi maggioritari al Sud”. A conti fatti, dopo il taglia-e-cuci delle liste del centrodestra, la Lega può eleggere 13 parlamentari tra Mezzogiorno e isole. Una pattuglia che può lievitare fino a 25 deputati e senatori includendo nel calcolo Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio. Senza contare i possibili seggi nel proporzionale se dovesse diventare realtà il 5% nelle regioni “non tradizionali” profetizzato non troppo tempo fa dal candidato premier in un’intervista al Corriere.
La strategia: delusi, ex di altri partiti e desiderosi di rilancio, ma tutti volti del territorio
Venticinque leghisti eletti in zone dove le percentuali della fu Lega Nord oscillarono tra lo 0,1 e lo 0,8 alle Politiche di cinque anni fa. La strategia per raggiungere l’obiettivo è semplice: non catapultati o big di partito, ma candidati espressione del territorio. Un mix di giovani e volti nuovi con riciclati e uscenti – tutti arrivati in corso – riproposti per un altro mandato. Da Pesaro in giù i voti non si prendono con Roberto Calderoli, ma per esempio con l’under 30 Lucrezia Rasicci, candidata a Teramo “per la sua gente”. La Lega fa scouting ed è destinata quindi a subire una mutazione genetica in Parlamento, dove all’inizio della legislatura il Carroccio poteva contare su appena 35 eletti, ovviamente tutti dal Po in su.
La sfida profonda: radicarsi e capitalizzare
Prima l’addio al bianco-e-verde, poi la proposta di Noi con Salvini, infine mezzo nome, il “Nord”, messo in un cassetto assieme al secessionismo e ai terroni. Così Salvini – che due mesi fa infornava il pane ad Altamura e ora si presenta come capolista in Calabria nel listino per il Senato – prova a prendersi il Sud, dove pure alle Europee 2014 non andava oltre l’1 per cento e oggi controlla comuni dalla Puglia alla Sicilia. Se l’operazione dovesse andare a buon fine, i 25 pionieri della Lega nel Meridione avranno davanti un intero mandato per predicare nei propri territori, rappresentandone le istanze quanto meno in via teorica: risultati da rivendicare al prossimo giro, quando sarà il tempo di sedersi al tavolo con gli alleati per trattare più posti, oppure un gruzzoletto da capitalizzare in proprio magari allargando le sponde territoriali come quella con il Partito sardo d’azione stretto negli scorsi mesi.
Dalle Marche all’Abruzzo: sindaco di Visso e under 30
L’avanguardia leghista al Centro-Sud, che Salvini ha piazzato in collegi se non sicuri almeno combattuti, in Umbria ha il volto di Riccardo Augusto Marchetti, consigliere comunale a Città di Castello candidato alla Camera, e della sindaca di Montefalco Donatella Tesei, che in 8 anni di amministrazione non aveva mai avuto una tessera di partito. Nelle Marche, ci sono l’assessore alla Sicurezza di Civitanova, Giuseppe Cognini, e Tullio Patassini, ex Alleanza Popolare, per un posto a Montecitorio. Al Senato, Salvini ha ottenuto addirittura due collegi su tre: l’ex Forza Italia Anna Bonfrisco, l’unica piazzata fuori regione, e la candidatura dall’alto valore simbolico di Giuliano Pazzaglini: è il sindaco di Visso, uno dei paesi più danneggiati dai terremoti del 2016. L’unica in corsa in Abruzzo è la 26enne Lucrezia Rasicci, figlia di Renato, ex vice-presidente della Provincia. Grazie a lei la Lega ha già battuto il Pd, che non candida neanche un under 30 in tutta Italia. Un solo esponente del Carroccio anche in Molise, dove a Campobasso corre la coordinatrice provinciale Aida Romagnuolo. Stesso schema in Basilicata con il sindaco di Tolve, Pasquale Pepe, pronto a strappare il seggio all’europarlamentare Gianni Pittella schierato dal Pd.
Nel Lazio quattro seggi “blindati”, ma si può arrivare a 5
L’en plein nel Lazio, probabilmente, dipenderà dalla sfida a Torre Angela, dove Matteo Orfini dovrà parare i colpi di Barbara Mannucci, ex Forza Italia che nel 2014 sentì il richiamo della Lega e poco dopo propose la castrazione chimica preventiva per tutti i rifugiati politici. Si tratta dell’unico seggio in bilico per i fedeli di Matteo Salvini: sono in discesa le strade dell’uscente Barbara Saltamartini e di Francesco Zicchieri, consigliere comunale a Terracina e coordinatore regionale. E blindate appaiono anche le corse a Palazzo Madama nei collegi di Guidonia e Fiumicino, assegnati dal centrodestra al numero due regionale del partito Umberto Fusco e a Luisa Regimenti, ex di un po’ di tutto da La Destra a Fli e ora scelta in quota Movimento Nazionale per la Sovranità. Questo il suo pensiero sul raid di Macerata: “Un fatto molto grave, ma certamente figlio di un’insicurezza ormai fuori controllo, generata da un governo che ha aperto agli sbarchi” e che “ci ha lasciato di soli di fronte a un’invasione che nulla ha a che vedere con chi scappa dalla guerra, ma che sta portando nel nostro Paese criminali difesi dal buonismo di una sinistra lontana anni luce dai cittadini”.
Puglia, terra fertile: il 20% degli eletti può essere leghista
Tra le regioni più ostiche un tempo c’era la Puglia. Da Foggia e Santa Maria di Leuca la Lega non toccava palla e raggiungeva percentuali da partitino sconosciuto. Oggi invece rappresenta uno dei territori dove il Carroccio ha maggiori possibilità di sfondare, grazie anche a diversi transfughi. A Monopoli, Trifone Alfieri è praticamente certo di rientrare a Montecitorio dove nel 2013 era arrivato con Forza Italia. Stessa sorte dovrebbe toccare ad Andrea Caroppo, consigliere regionale ex fittiano, che alla Camera nel collegio di Nardò non dovrebbe avere difficoltà a superare uno dei big regionali del Pd, Sergio Blasi, e il pentastellato Alemanno Soave. Tra Bari e Altamura, si giocherà invece l’esordio in Parlamento del coordinatore regionale Rossano Sasso. Poco meno del 20 per cento dei futuri deputati pugliesi eletti nel maggioritario potrebbe essere della Lega.
Resistono Campania e Calabria, dove c’è l’ultracattolico
Nelle due regioni dove Forza Italia schiera big delle preferenze e diversi “impresentabili”, la Lega soffre. O forse tiene le distanze. Non ci saranno senatori del Carroccio eletti in Campania e Calabria, mentre corrono per Montecitorio a Torre del Greco e Aversa il coordinatore regionale Gianluca Cantalamessa, ex missino, e Pina Castiello, passata da An a Forza Italia e poi convertitasi al leghismo. A Crotone se la giocherà invece Giancarlo Cerrelli: avvocato ultracattolico e organizzatore dei Family Day, nel 2013 disse a Uno Mattina che “l’omosessualità è una malattia”.
Isole felix (e in Sardegna accordo con indipendentisti)
Salvini potrebbe sorridere anche per i risultati in Sicilia e Sardegna. Ad Acireale, i sondaggi danno per certa la rielezione di Angelo Attaguile, ex lombardiano eletto nel 2013 in quota Mpa e subito transitato nella Lega. Vicino a Salvini è finito anche Bruno Lo Monte che cinque anni fa arrivò a Roma grazie alla rinuncia di Bruno Tabacci, ora alleato del Pd. Nel collegio senatoriale di Marsala c’è invece un’altra delle undici persone schierate da Gianni Alemanno tra i candidati leghisti: in quota Movimento Nazionale per la Sovranità è da considerare l’avvocatessa Tiziana Pugliesi che contenderà il seggio a Piera Ajello del M5s. Due uomini di Salvini in Sardegna, entrambi in corsa per Palazzo Madama: si tratta del giornalista Antonio Moro, consigliere regionale, e di Lorenzo Palermo, ex segretario del Partito sardo d’azione. Per capire la profonda trasformazione della Lega, bisogna rispolverare un suo giudizio del 2006 – ripescato da Sardinia Post – in occasione di un abboccamento dell’allora segretario degli indipendentisti sardi con il Carroccio: “Il Partito sardo d’azione è incompatibile con il razzismo e con il disprezzo per le zone povere dell’Italia”.