Il candidato premier nega che qualcuno stia "correndo ai ripari": "Stanno scadendo le ultime rendicontazioni", di qui i tanti accrediti da fine gennaio a oggi. In futuro si punta a velocizzare l'iter e semplificare calcoli e controlli. Forse imponendo la restituzione di una quota fissa, e non più variabile, di diaria. Confermato che il servizio delle Iene non andrà in onda. Ruocco: "E' successo lo stesso nel 2016 quando il protagonista dell'inchiesta era Renzi"
“Ieri abbiamo fatto le verifiche e quello che è venuto fuori è solo un problema di contabilità del Mise e del Mef. Sostanzialmente gli ultimi bonifici che stiamo facendo in questi giorni – non per correre ai ripari ma perché stanno scadendo le ultime rendicontazioni – non sono stati ancora accreditati sul conto, ma risultano sul nostro sito internet”. Luigi Di Maio, da Salerno, fa il punto sulla vicenda del divario tra le cifre restituite dai parlamentari M5s, stando ai loro rendiconti, e quelle che risultano effettivamente versate al fondo per il microcredito alle piccole e medie imprese. Per il Movimento la spiegazione di quella differenza – poco più di 220mila euro su 23 milioni – è semplice: un normale ritardo tra versamenti e contabilizzazione. Il Corriere della Sera sottolinea che dal 31 gennaio a oggi una trentina di eletti hanno regolarizzato la propria situazione eseguendo i bonifici per gli ultimi mesi.
Tra loro anche il candidato premier, che “ha eseguito i bonifici per i mesi da ottobre a dicembre“, scrive il quotidiano di via Solferino. Che in più anticipa come, alla luce delle polemiche di questi giorni, i Cinque Stelle stiano valutando in vista della prossima legislatura una revisione di modi e tempi delle restituzioni. “Una discussione aperta da tempo”, spiegano dal Movimento. Ma accelerata dal caso, scoperchiato dalla trasmissione Le Iene, delle mancate restituzioni da parte dei capilista Andrea Cecconi e Carlo Martelli (“abbiamo dimostrato che se c’è qualcuno che fa il furbo noi lo mettiamo fuori”), ha detto Di Maio. L’idea è quella di velocizzare l’iter – oggi “un sesto del gruppo parlamentare deve ancora rendicontare il mese di ottobre” – e di semplificare calcoli, bonifici e controlli. Sul tavolo c’è anche la proposta di tagli allo stipendio superiori rispetto a quelli chiesti oggi e di rendere fissa la quota di diaria da restituire. Il tutto previa ratifica della base, perché il nuovo statuto non lo prevede.
Intanto è confermato che il servizio delle Iene che ha portato Cecconi e Martelli a firmare un documento di “rinuncia all’elezione” non andrà in onda. Mediaset lo ha bloccato temendo multe per violazione della par condicio. Una parte della video-inchiesta sarà pubblicata sul sito domenica pomeriggio. “È evidente che la ragion d’essere di un editore è pubblicare servizi di grande rilievo che diano prestigio editoriale e assicurino la maggiore diffusione di copie o – nel nostro caso – di ascolti tv”, si legge in una nota del Biscione. “Mediaset è quindi molto soddisfatta del lavoro delle “Iene” che pur non essendo una testata giornalistica hanno effettuato un’accurata inchiesta di taglio investigativo. Ma visto che in questo periodo la messa in onda di questo genere di servizi in programmi televisivi non sotto testata violerebbe la disciplina della par condicio, Mediaset dà quindi la massima visibilità video all’inchiesta delle Iene su un mezzo – il web – su cui invece la legge sulla par condicio non si applica”.
Il deputato Pd Michele Anzaldi insiste per la messa in onda sostenendo che “nessuna legge impedisce di dare spazio ad un fatto di cronaca politica. Il Movimento 5 stelle era nato all’insegna della trasparenza e dello streaming, ora vuole insabbiare le sue magagne? Se veramente i dubbi nascessero dal fatto che le Iene non sarebbero state ricondotte sotto una testata giornalistica per questa tornata elettorale, basterebbe mandare in onda l’inchiesta in uno dei tanti spazi informativi di Mediaset”. Emanuele Fiano rincara la dose tirando in ballo “inconfessabili motivi” che “impediscono la messa in onda” e “l’opacità dell’intero sistema di rapporti tra l’azienda di Casaleggio e i gruppi e i soldi pubblici”.
In realtà Le Iene nel 2016, prima del referendum costituzionale, presero una decisione analoga riguardo a un servizio che riguardava il leader Pd: la trasmissione rinunciò alla messa in onda di un servizio sul mancato aggiornamento degli ausili per i disabili promesso da Matteo Renzi. Il video fu però postato sul sito. “Quando Renzi fece una figuraccia con i disabili prima del referendum le Iene non poterono uscire col servizio”, commenta la deputata del M5S Carla Ruocco. “E dov’era Anzaldi all’epoca? Dove Fiano? Dove il resto del Pd? A trincerarsi dietro la stessa par condicio che oggi attaccano. Per noi le iene possono anche uscire col servizio, non abbiamo nulla da nascondere. Chi sbaglia nel M5S paga, loro invece ne fanno curriculum e li candidano. a proposito: quanto ha restituito Anzaldi? Zero, come i suoi colleghi di partito”.