Era iscritto alla P2 con la tessera 1916. Ha conosciuto Licio Gelli e ha visto, subito dopo, i suoi voti raddoppiarsi. Ma in aula ha detto chiaramente di non essere massone. Oggi è toccato all’ex parlamentare della Democrazia Cristiana, Emo Danesi, essere sentito nel processo Breakfast che vede imputato l’ex ministro Claudio Scajola con l’accusa di aver tentato di aiutare il latitante Amedeo Matacena , ex deputato di Forza Italia, nella fuga da Dubai al Libano.
Al centro delle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ci sono storie a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. E in particolare, quella sulla famosa lista P2 dove compariva il nome di Emo Danesi. “Quando è uscita la P2, figuravo in quella lista. Non essendo io mai stato, e non essendolo neanche attualmente, né massone né legato a questa famigerata P2, per non danneggiare l’immagine della Democrazia Cristiana della quale io ero il segretario elettorale, ho dato le dimissioni dalla Dc e dal Parlamento”, ha detto l’ex democristiano rispondendo alle domande degli avvocati di Scajola. E per sottolineare l’importanza delle sue dimissioni, Danesi ha spiegati: “In quell’epoca l’immunità parlamentare era più seria di quella attuale. Non veniva mai concessa (l’autorizzazione a prodecedere ndr). Mi dimetto da parlamentare, unico nella storia della Repubblica italiana, per un motivo morale in maniera da consentire alla magistratura di aprire subito un’indagine sul mio conto e verificare che quello che ho detto io era la verità. Qui ho sbagliato, perché quando poi chiesi di essere ascoltato da un magistrato di Roma, mi disse: ‘Lei perché è venuto da me? Ha sbagliato, se ci sono dei reati sono io che la mando a chiamare. Non è che lei viene da me’”.
Emo Danesi, però, era “amico fraterno dell’ex gran maestro della massoneria, tale Massimo Bianchi di Livorno, con il quale sono cresciuto insieme su posizioni diverse. Lui era del Partito Socialista italiano che, insieme al Partito Comunista, guidava il comune di Livorno. Io ero all’opposizione con la Democrazia Cristiana. Siccome Massimo Bianchi mi ha spiegato cos’è, io non ce l’ho con la massoneria ma è come se mi chiedessero di diventare tifoso della Juventus. Mai. Non sono stato, non sono e non sarò mai massone”.
“Lei aveva la tessera numero 1916. Come è possibile essere iscritto alla P2 senza che il diretto interessato ne sappia nulla?”, è invece la domanda diretta del pm Lombardo in sede di controesame. Danesi è costretto a divagare, riconrdando come, alla fine degli anni 70, fosse “dura fare il parlamentare. Prima di fare il parlamentare io ho fatto il capo segreteria tecnica del ministro Toni Bisaglia alle Partecipazioni Statali. In quel momento il ministero più importante, per gli effetti della potenza, era quello delle Partecipazioni Statali. Io ho contribuito a nominare il presidente dell’Eni, Giorgio Mazzanti”. Lo stesso Mazzanti era iscritto pure lui alla P2 con la tessera numero 454. Questo, però, Danesi non lo dice. Sulla sua appartenenza alla loggia di Gelli, invece, l’ex deputato ha una versione tutta sua: “Se mi consente, – dice -rivolgendosi al pm – in quel periodo sarebbe stata la massoneria e la P2 ad avere bisogno di me e non io di loro”. “Una sottile differenza. Ma non si escludono le due cose”, ribatte il procuratore Lombardo.
Davanti al pm Danesi è stato chimato a ricordare il modo in cui ha conosciuto Licio Gelli: “Si presenta un giorno da me in ufficio un certo Giuntiglia e mi disse: Io sono amico di Gelli. Io dissi: Chi è? E lui: È un signore di Arezzo che vorrebbe conoscerla”. L’incontro avvenne qualche giorno dopo dopo nei pressi della Camera. Licio Gelli arrivò in ritardo e avvertì sempre con lo stesso ambasciatore: “Io esco dalla Camera, mi avvicina Giuntiglia e mi dice: Guardi che il commendatore Gelli non è potuto venire perché è da Andreotti. Mi ha detto se può raggiungerla dopo”. Detto fatto: “Mentre eravamo al ristorante – è sempre il racconto di Danesi – davanti al presidente della corte Natina Pratticò – arrivò questo Gelli con Giuntiglia. Mi disse: Avremmo bisogno di giovani parlamentari che ci danno fiducia’. Gli dissi : Io sono un giovane parlamentare, sono qui. Se avete bisogno qualcosa, mi chiami. Fine”.
La chiamata di Gelli arrivò nel 1979, durante la campagna elettorale per le politiche. “Guardi, tutti mi chiedono favori. È possibile che lei non mi chiede niente?”. Alle domande del capo della P2, Danesi ha sostenuto di aver risposto: “L’unica cosa che le posso chiedere: lei vota a Livorno?”. “No”. “E allora se conosce qualcuno che vota a Livorno, Pisa, Lucca e Massa mi fa una cortesia, chieda di votarmi”. E a quel punto che, secondo il racconto di Danesi, Gelli avrebbe dato dimostrazione delle sue entrature istituzionali: “Lui mi fa: Lei come ci sta all’Accademia? Come ci sta con i carabinieri? E mi fa tutto un elenco, anche la Guardia di Finanza e la magistratura. Mi dice: Mi metta a disposizione un giorno, che io le mando i rappresentanti di queste istituzioni’”.
Al giovane democristiano che stava puntando alla seconda elezione in Parlamento non sembrava vero: “Gli dissi: Ma che fa mi prende in giro? Però glielo diedi un giorno. Arrivo al ristorante (dove c’era l’appuntamento elettorale, ndr) e sembrava che c’era una pattuglia. Erano tutti signori in borghese. Uno si qualificò come capo di un ufficio della Marina. C’erano soggetti di vertice di varie istituzioni. Non si parlò mai di massoneria o di roba del genere. Mi dissero: Noi siamo qui, ci dica dove dobbiamo mandare i nostri collaboratori a prendere i vostri santini. Gli dissi: Ve li mando io, ci mancherebbe altro. Lì io in effetti, non so se per merito loro o per bravura mia, rispetto ai voti che avevo preso la prima volta che ero arrivato secondo, arrivai primo raddoppiando le preferenze. Non ebbi più rapporti con questi signori che forse non ci saranno nemmeno più”. Prima di alzarsi dal banco dei testimoni, l’ex dc è tornato a negare di essere stato un piduista: “Le do la mia parola d’onore e mi deve credere. Se io fossi stato scritto alla P2…”. Il procuratore aggiunto Lombardo lo ha subito corretto: “O meglio se io fossi stato consapevole di essere iscritto alla P2”.