I vertici e lo staff al lavoro per controllare le cifre effettivamente restituite e individuare chi ha mentito: tra stasera e domattina si attende la pubblicazione di altri nomi. Mancano circa un milione e 400 mila euro. Oggi i parlamentari uscenti convocati a Roma per documentare i rimborsi. La senatrice Lezzi riconosce un bonifico non eseguito da 3500 euro del 2014: "Negligenza"
Si è presentato alla banca di Montecitorio accompagnato dall’inviato de le Iene Filippo Roma e ha mostrato le copie dei suoi bonifici dall’inizio della legislatura. Luigi Di Maio, dopo le polemiche per il caso restituzioni, questa mattina ha chiesto ufficialmente i dati sui suoi versamenti per smentire le accuse: “Ho effettuato bonifici al fondo del microcredito per un totale di oltre 150.000 euro, certificato dal direttore della banca. Ho anche rinunciato alle indennità aggiuntive da vicepresidente della Camera. In tutto ho restituito o rinunciato in 5 anni di legislatura a più di 370.000 euro”. Quindi ha risposto a Matteo Renzi che solo ieri sera, intervistato su La7, lo aveva paragonato a Bettino Craxi, salvo poi essere corretto dal suo stesso portavoce: “Non mi sorprende”, gli ha detto oggi il grillino, “che non capisca la differenza”. E ha chiuso: “L’unica cosa che Renzi ha restituito agli italiani è il traditore della patria Silvio Berlusconi“.
Anche se Di Maio ha chiarito la sua posizione, resta il fatto che mancano, dopo aver confrontato quanto dichiarato dal M5s e quanto effettivamente dichiarato dal Mise, 1 milione e 400 mila euro. Continua quindi la corsa contro il tempo per verificare quanto effettivamente non è stato versato e chi ha mentito sui bonifici: tra stasera e domattina si conta di individuare circa dieci persone che hanno mentito sulle restituzioni e proprio oggi sono stati convocati i parlamentari a Roma perché documentino i loro rimborsi. Dopo l’ammissione del deputato Andrea Cecconi e del senatore Carlo Martelli, ieri sera c’è stata l’autosospensione di Maurizio Buccarella. Oggi è stato il turno della senatrice Barbara Lezzi, che, dopo aver annunciato ore fa che avrebbe pubblicato i suoi bonifici, ha riconosciuto che c’è stata un’irregolarità nel 2014 che ha sanato in queste ore. Ovvero manca un bonifico da 3.500 euro. “Dalle verifiche che ho svolto in banca”, ha scritto, “risulta un unico bonifico non andato a buon fine. In quei giorni del gennaio 2014 ho effettuato diversi versamenti di cui ho le ricevute, tutti allo sportello, (anche successivamente non sono stati mai eseguiti on line) e l’unica cosa che mi riconosco è la negligenza del non avere seguito l’esito delle operazioni. Esito che per un bonifico è negativo presumibilmente per carenza di fondi. In allegato posto ricevuta del bonifico che risulta rifiutato e la copia del versamento al fondo che ho provveduto ad eseguire questa mattina, appena venuta a conoscenza di questa discrepanza”. In totale Lezzi ha dichiarato di aver restituito 132.741,20 euro. I probiviri si esprimeranno anche su di lei, ma i 5 stelle hanno fatto sapere che non ci saranno sanzioni nei suoi confronti perché, ritengono, non c’è stato dolo.
Secondo le ultime ricostruzioni, alla cifra che risulta versata al Mise vanno tolti: 530mila versati dai consiglieri regionali; 606mila dei parlamentari europei; 265mila degli ex parlamentari espulsi e che hanno continuato a versare (145 mila di Giuseppe Vacciano, 80mila di Christian Iannuzzi e Sergio Simeone, 20mila di Riccardo Nuti, 20mila di Giulia Di Vita). Per quanto riguarda i fuoriusciti però, la cifra potrebbe non essere precisa: ad esempio la ex Paola Pinna, pur avendo restituito parte dello stipendio, non l’ha destinato al fondo per la Piccola e media impresa.
Di Maio oggi, dopo aver incontrato l’inviato de le Iene, ha scritto un lungo post su Facebook: “Alcuni portavoce hanno violato le nostre regole”, si legge, “e non hanno donato tutto quello che avrebbero dovuto. Un tradimento dei nostri principi e della fiducia dei nostri iscritti. Per questo saranno cacciati dal MoVimento e si sono impegnati a rinunciare all’elezione. La stragrande maggioranza dei nostri portavoce hanno ottemperato gli impegni presi e infatti nel fondo per il microcredito ci sono oltre 23 milioni di euro. Abbiamo chiesto al MEF l’elenco completo dei bonifici e chi non risulterà in regola per me è già fuori. Non facciamo sconti a nessuno, tanto meno a noi stessi e pubblicheremo la lista completa”. Il candidato premier M5s ha quindi attaccato Matteo Renzi: “Chi pensa di farci la morale abbia la dignità di starsene zitto e andarsi a nascondere. Renzi, che non conosce la storia italiana, ci ha paragonato a Craxi e al mariuolo Chiesa. Mario Chiesa venne colto in flagrante mentre accettava una tangente di sette milioni di lire, in seguito vennero scoperti suoi conti in Svizzera di miliardi di lire. Chiesa non era uno che restituiva poco, era uno che si fotteva tanto. Non mi stupisce che Renzi non comprenda la differenza. I suoi parlamentari non hanno restituito un centesimo. Si sono intascati milioni e milioni di euro a sbafo”. Quindi ha chiuso: “Hanno arraffato il più possibile. L’unica cosa che Renzi ha restituito agli italiani è il traditore della Patria Silvio Berlusconi. Renzi come livello di promesse mancate è ben al di sotto delle nostre mele marce: aveva detto che se perdeva il referendum che aboliva il Senato si sarebbe ritirato dalla vita politica e oggi è candidato al Senato. E’ partito da rottamatore e si è ridotto a macchietta della politica. Da Renzi a Razzi il passo è breve”.
Il punto è che ormai non ci si fida più di nessuno e a ognuno è richiesto un chiarimento. “Verifiche su di me? Non lo so, spero che stiano verificando tutti”, ha detto il deputato Danilo Toninelli ai microfoni di ‘6 su Radio 1’. “Io ho restituito metà del mio stipendio dal marzo del 2013 ad oggi fino all’ultimo centesimo e ne sono felice – prosegue Toninelli – chi oggi ci attacca sparlando, dicendo cose come ‘rimborsopoli’, si dovrebbe vergognare perché per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana non solo un partito politico non spolpa le tasche degli italiani, ma rifiuta 42 milioni di euro di rimborsi pubblici che ci spettavano e restituisce metà dello stipendio. Stiamo verificando perché non potevamo farlo prima”. Toninelli ha poi pubblicato su Facebook la verifica sui suoi rendiconti, annunciando querela per tutti coloro che lo accuseranno di non essere in regola.
Ha risposto alle accuse anche il senatore Mario Michele Giarrusso, pubblicando la certificazione del bonifico del gennaio 2015. Ovvero uno dei pagamenti che gli erano stati contestati nelle ultime ore. “Dopo la fiera dell’insulto (non libero né gratuito) non può che venire il querela day”, ha scritto. “Ho appena ritirato in banca l’elenco dei bonifici fatti al fondo per il credito alla piccola e media impresa e adesso sto collazionando tutta la fiera di sciocchezze che gente imprudente e poco accorta ha vomitato su di me. Il mio avvocato è contento”. Il primo a sollevare il caso era stato Marco Canestrari – autore del libro Supernova – che aveva segnalato come il bonifico effettuato da Giarrusso nel gennaio 2015 avesse il timbro ‘eseguito in data 20 gennaio 2014’. “Quello che posto in allegato alla presente – rimarca Giarrusso – è la foto della certificazione del bonifico del gennaio 2015, che tanto ha fatto discutere gli sciocchi, gli imbecilli ed i servi del potere. Spero solo che in molti abbiano beni immobili. Se mi sono perso qualche imbecille che mi ha diffamato, vi prego di segnalarmelo dettagliatamente nei commenti. Gli daremo il fatto suo. Come agli altri”.
A commentare il caso anche Federico Pizzarotti, sindaco di Parma e fuoriuscito o meglio, come dice lui, “accompagnato alla porta”: “Promettono lotta all’evasione e poi non riescono a controllare i rendiconti di cento parlamentari”, ha detto intervistato su Radio Capital. “Che ci fosse poco controllo nei rimborsi era noto spesso le rendicontazioni sono state usate in maniera strumentale. Quello che trovo grave è che siano proprio i ‘caporali’, quelli più visibili in tv, ad aver falsificato le rendicontazioni”. Pizzarotti ha anche detto che, secondo lui, il Movimento non è più quello di prima. “Il Movimento è già morto da tempo, ora tante persone lo chiamano ‘il partito di Di Maio’. Quando è scomparso Casaleggio ha perso la persona che dava la linea, il programma e la visione. Grillo si è allontanato da tempo, per stanchezza. Il M5s è diventato un’altra cosa. Anche le persone sono diverse”. Secondo Pizzarotti Di Maio ha la stoffa del leader: “Ha scalato un movimento che non era scalabile. Ma fare il premier è un’altra cosa, forse servirebbe maturare un’esperienza di tipo gestionale in altri ambiti”.