Nel mondo degli incontri virtuali ci sono due new entry che stanno facendo discutere, aizzare gli umori (e non solo), suscitare forme (più o meno esplicite) di stizza. Sono due app: Do I date e LegalThings.
La prima si candida ad essere una Trip Adivisor del sesso, pardon, dei sentimenti. Permette agli utenti iscritti di votare (con un minimo di una a un massimo di cinque stelle) la persona che hanno incontrato su Tinder, Badoo e le altre app e con cui hanno avuto almeno un appuntamento.
Le intenzioni dei fondatori, gli inglesi 33enni Terry Amsbury e Jamie Forsyth, sono ufficialmente nobili (e come potrebbe essere altrimenti?). Secondo loro, la piattaforma aiuterebbe realmente chi sta cercando un partner a combattere gli abusi online, i profili falsi e gli stalker digitali. E chi se ne frega se vieni recensito come un frigorifero o una lavastoviglie con una stella nonostante le tue mille sfumature.
È la semplificazione tecnologica, bellezza.
La seconda app, se possibile, mi perplime ancora di più. Nata dalle menti geniali di un’azienda olandese, LegalThings, è in attesa di approvazione da Google e Apple. Ma, se dovesse superare il varco, la sua funzione sarà quella di far dare il consenso in vista di un rapporto sessuale con una o più persone. Per farlo basterà cliccare sulla relativa icona: cuoricino per il sì, croce per il no. Sarà anche possibile specificare per quanto tempo farlo e in che modalità (tipo: Sesso orale: si o no; Posizione X: si o no).
Qui c’è tanto pane per le femministe arrabbiate ma anche per me che mangio poco si aprono scenari inquietanti. Il sesso diventa un affaire con buona pace della fantasia, dell’improvvisazione e soprattutto delle emozioni. È la mortificazione tecnologica. Bruttezza!