“Lei indossava solo i pantaloni quella sera? Aveva la biancheria intima? Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina? È la prima volta che è stata violentata in vita sua?”. Queste sono solo alcune delle 250 domande rivolte dagli avvocati alle due studentesse americane di 20 e 21 anni che nel settembre scorso, a Firenze, hanno accusato di stupro due carabinieri. Le giovani hanno fatto ritorno in Italia tre mesi fa per ripetere le proprie accuse davanti ad un giudice, nel corso dell’incidente probatorio. Un’interrogatorio durato 12 ore e 22 minuti, durante il quale i legali di Marco Camuffo e Pietro Costa hanno posto ogni tipo di quesito alle studentesse, senza il minimo ritegno, come riporta il verbale pubblicato dal Corriere della Sera. Tanto che il giudice Mario Profeta non ne ha ammesse molte e ha dovuto intervenire più volte per mediare. Eccone alcune.

Avvocato: “Cosa diceva esattamente la sua amica quando urlava? Erano urla di parole o semplicemente urla di dolore?”.
Giudice: “No, fermiamoci qui, il sadismo non è consentito”.

Avvocato Cristina Menichetti (difensore del carabiniere Marco Camuffo):”Prima di arrivare al rapporto sessuale non si era scambiata nessuna effusione con Camuffo, effusioni consensuali e reciproche?”
Avvocato: “Durante questo rapporto il carabiniere l’ha mai minacciata, ad esempio urlando o con le mani?”.
Risposta: “Nessuna minaccia esplicita però mi sentivo minacciata dal fatto che lui porta un’arma“.

Avvocato: “Non ha lottato fisicamente? Volevo sapere se Camuffo ha esercitato violenza…”. (A questo punto il legale scende nei particolari della presunta violenza sessuale, ndr).
Giudice: “Che brutta domanda avvocato. Sono domande che si possono e si devono evitare nei limiti del possibile, perché c’è un accanimento che non è terapeutico in questo caso… Non bisogna mai andare oltre certi limiti. È l’inutilità a mettere in difficoltà le persone, non si può ledere il diritto delle persone”.
Avvocato: “Lei trova affascinanti, sexy gli uomini che indossano una divisa?”
Giudice: “Inammissibile, le abitudini personali, gli orientamenti sessuali non possono essere oggetto di deposizione”.

Avvocato: “Alla sua amica hanno sequestrato tutti i vestiti compresi slip e salvaslip, voglio capire se lei ha nascosto qualche indumento alla polizia”. Domanda non ammessa.
Giudice: “Si fanno insinuazioni antipatiche, perché si dovrebbe nascondere alla polizia degli indumenti?”.
Avvocato: “Penso che qualcuno abbia finto un reato, io non voglio sapere come lei circola, con o meno gli indumenti, voglio sapere se ha dato tutto alla polizia”.
Giudice: “Ricorda il momento in cui le hanno sequestrato gli indumenti?”.
Ragazza: “No”.
Avvocato: “Io non ci credo che non lo ricorda”.
Giudice: “Non possiamo fare la macchina della verità“.

Più avanti, rispondendo a un altra domanda, la ragazza racconta: “Non mi ricordo tutto, ero ubriaca, però mi ricordo che ci siamo baciati e che lui mi ha tirato giù la maglietta. Mi ricordo che ha cercato di toccarmi nelle parti intime, che ha tirato fuori il pene e io ero assolutamente in choc. Ero così sconcertata, però, ero talmente ubriaca, mi sentivo indifesa non avevo la forza di dire o fare qualcosa. Mi ricordo che gli dissi di no, non volevo avere un rapporto con lui. Dopo non ricordo più niente. So che abbiamo avuto un rapporto”.

Giudice: “Allora come fa a dire che ha avuto un rapporto? Glielo chiedo con rispetto ma questo aspetto deve essere chiarito”.
Ragazza: “Perché sentivo fastidio alle parti intime”.
Avvocato: “Quando è entrata in Europa ha dichiarato che aveva soldi in contanti? Alla dogana ha dichiarato i soldi?”. Domanda non ammessa.
Avvocato: “Ha un fidanzato?”.
Giudice: “Cosa ci interessa avvocato?”.
Avvocato: “Voglio sapere se ha un fidanzato, se è un poliziotto ecc…”.
Avvocato: “È stata arrestata dalla polizia negli Stati Uniti? Ha precedenti penali?”.

Avvocato: “Ha mai detto al carabiniere che non avrebbe voluto fare sesso con lui?”. Domanda non ammessa e riformulata.
Ragazza: “Dopo che lui ha tirato giù il top volevo che smettesse“.
Avvocato: “Il carabiniere ha insistito per avere contatti con lei? Ha insistito silenziosamente, con gesti e parole, perché uno insiste a un no…”.
Giudice: “Ha manifestato questo non gradimento con comportamenti espliciti?”.
Ragazza: “No, non avevo forza nel mio corpo”.
Giudice: “E con questa risposta non accetto più domande così invadenti“.
Avvocato: “Perché dobbiamo privarci di scoprire la verità, la ragazza muore dalla voglia di dire la verità, sentiamola se è salita a piedi…”.
Giudice: “Che ironia fuori luogo, ora sta andando oltre il consentito. C’è una persona che secondo l’accusa ha subito una violazione così sgradevole e lei fa dell’ironia? Io credo che non sia la sede”.

Nell’aula bunker del tribunale di Firenze, le ragazze hanno dovuto ripercorrere nel dettaglio gli avvenimenti di quella notte, quando, dopo una serata in discoteca, hanno incontrato due carabinieri in divisa che si sono offerti di accompagnarle a casa. I carabinieri hanno ammesso il rapporto sessuale sostenendo che c’era il consenso delle ragazze e che furono loro ad invitarli a salire in casa. Le analisi hanno confermato che le ragazze erano ubriache. “Verrete ascoltate oggi e poi non sarete più disturbate, se si farà il processo quello che verrà detto oggi varrà come prova. La legge non consente che le testimoni vengano offese, non sono consentite domande che attengono alla sfera personale, che offendono e che ledono il rispetto della persona” ha assicurato il giudice alle due ragazze prima dell’inizio dell’incidente probatorio. Ma così non è stato.

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