Dopo sette anni il gip ha archiviato l'indagine a carico di due giornalisti e dell'ex direttore degli uffici giuridici e amministrativi della Curia trapanese. Il procedimento - che ipotizzava la calunnia poi derubricata in diffamazione a mezzo stampa - era stato aperto a seguito delle denunce presentate dall'ex vescovo Micciché, poi rimosso dal Vaticano e ora indagato per appropriazione indebita e malversazione
Non ci fu alcun complotto per screditare la curia di Trapani e l’ex vescovo Francesco Micciché. Le inchieste giornalistiche, che poi portarono alla rimozione del monsignore e all’apertura di un’indagine giudiziaria sulla gestione economica della diocesi, non erano diffamatorie né calunniose essendo “evidente l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti“. Lo ha deciso, dopo sette anni d’inchiesta, il giudice per le indagini preliminari di Trapani. Antonio Cavasino, che ha archiviato il procedimento a carico dei giornalisti Giuseppe Pipitone del Fatto Quotidiano, Gianfranco Criscenti dell’Ansa e del sacerdote Antonino Treppiedi, ex direttore degli uffici giuridici e amministrativi della Curia trapanese. Il procedimento – che ipotizzava la calunnia e la diffamazione a mezzo stampa, poi derubricato nella sola diffamazione aggravata – era stato aperto a seguito delle denunce presentate dall’ex vescovo Micciché: il pm Marco Varzera, però, ha chiesto l’archiviazione.
Il prelato aveva accusato i giornalisti ed il sacerdote – che era stato sospeso a divinis -di aver ordito un complotto nei suoi confronti, creando una vera e propria campagna mediatica contro la sua gestione della diocesi. La storia era cominciata mell’ottobre del 2010, quando il quindicinale L’Isola aveva pubblicato un’inchiesta giornalistica a puntate – continuata poi anche sulle pagine del mensile I Quaderni de L’Ora e del Fatto Quotidiano – denunciando l’ammanco di un milione di euro dalle casse di enti vicini alla Curia. Nella richiesta di archiviazione, accolta dal gip, la procura afferma, tra l’altro, che è stato “evidente l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti” e che, negli articoli è stato “rispettato il limite della continenza, non essendo state adoperate espressioni pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine del legittimo esercizio del diritto di cronaca giudiziaria“.
A seguito di quell’inchiesta giornalistica, il Vaticano inviò un ispettore a Trapani, il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, chiamato a indagare nella diocesi trapanese. Successivamente Papa Benedetto XVI decise di rimuovere Miccichè dall’incarico. Oggi l’ex presule è indagato dalla procura di Trapani per appropriazione indebita e malversazione. Le indagini in corso sono l’esatto capovolgimento della tesi sostenuta inizialmente dalla procura di Trapani, quando Miccichè era considerata parte lesa mentre i cronisti erano accusati di calunnia. Per il gip, però, non è emersa, durante le indagini, “alcuna circostanza idonea a riscontrare l’assunto del querelante Micciche'”.