Continuano ad impennarsi senza freni i prezzi dei titoli di efficienza energetica (tee), ossia quei titoli che i distributori di elettricità e gas oltre una certa dimensione sono obbligati a comprare se non vogliono realizzare interventi di efficientamento nella loro struttura
Continuano ad impennarsi senza freni i prezzi dei titoli di efficienza energetica (tee), ossia quei titoli (detti anche Certificati Bianchi) che i distributori di elettricità e gas oltre una certa dimensione sono obbligati a comprare se non vogliono realizzare interventi di efficientamento nella loro struttura. Un fenomeno iniziato e denunciato già da oltre un anno, che evidentemente le autorità preposte riescono a fermare. La questione sembra tecnica e distante, ma in realtà coinvolge da vicino tutti i consumatori: questi titoli beneficiano di un “contributo”, legato proprio all’andamento dei prezzi, che pesa sulle bollette di gas ed elettricità. Dunque più i prezzi sono alti, più lo è anche il contributo, più noi dobbiamo rimpolparlo. E non di poco: in questi giorni i titoli hanno sfondato i 425 euro per certificato quando un anno fa erano sui 250 e due anni fa sui 100. Oltre in quadruplo in due anni.
Il Gestore dei Servizi Energetici (Gse) ha calcolato che gli oneri per i tee, che appunto pagano i consumatori, già nel 2016, anno in cui è cominciato il fenomeno, sono raddoppiati a quasi 1,4 miliardi di euro (dai circa 700 del 2015). Dati per il 2017 ancora non ce ne sono, ma sicuramente sono più alti. E lo saranno ancora di più per il 2018, vista la nuova impennata. A beneficiarne sono i distributori elettrici e del gas. Questo perché se una società ad esempio ha fatto un intervento in efficienza energetica e ha ottenuto dei titoli a 100 euro, oggi li può rivendere a oltre 420 euro a chi non ha fatto interventi ed è obbligata a comprarli. Ma anche questi ultimi operatori che si ritrovano a dover comprare i titoli a questi prezzi non ci perdono: il Gse è comunque obbligato a rimborsare una quota dei certificati secondo un parametro calcolato dall’Autorità per l’Energia. Più è alto il prezzo e più è alto il rimborso. Che va a finire, anche quello, in bolletta.
L’incapacità di intervenire e rompere il meccanismo è probabilmente dovuta anche al fatto che non esiste una posizione comune sul perché questi titoli si impennano. Con l’impressione che ci sia un continuo rimpallo di responsabilità che fa il gioco delle società. Ci sono gli operatori che sostengono che i rialzi siano dovuti al fatto che ci sono troppo pochi titoli, insomma il mercato sarebbe “corto”. Tesi rimandata al mittente dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse) che invece sostiene che di mezzo c’è la speculazione da parte proprio degli operatori. C’è poi l’Autorità per l’Energia che, dopo aver condotto un’indagine, è arrivata alla conclusione che tra le cause ci siano l’incertezza normativa, lo scarso coordinamento tra domanda e offerta e l’aspettativa di una futura restrizione dell’offerta.
E infine c’è il ministero dello Sviluppo economico che invece al momento ancora non si è espresso nonostante abbia annunciato da molto tempo di voler intervenire sul meccanismo. A novembre dello scorso anno il Movimento 5 Stelle ha anche presentato un’interrogazione urgente al ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, per chiedere di rivedere immediatamente il meccanismo dei certificati bianchi. Ma risposte ancora non ce ne sono state. “Il costo delle bollette continua a salire in maniera costante, senza che se ne veda la fine, a causa dell’inerzia del Governo e del ministro Carlo Calenda, che a distanza di mesi ancora non risponde all’interrogazione parlamentare M5S presentata a novembre 2017 e di conseguenza agli operatori del settore energetico, lasciando che le cose vadano per conto loro”, commenta il senatore del Movimento 5 Stelle Gianni Girotto.
Secondo la testata specializzata in energia Staffetta Quotidiana, il ministero sarebbe al lavoro su un intervento correttivo del sistema dei Certificati bianchi attraverso la predisposizione di uno schema di decreto. Un provvedimento che dovrà essere condiviso con il ministero dell’Ambiente. Ma, sostiene il giornale, “i tempi non sembrano essere brevissimi”. Dopo oltre un anno di inerzia quindi bisogna aspettare ancora, nonostante i prezzi continuino a schizzare irrefrenabili di giorno in giorno.