Due inchieste, una giornalistica, l’altra giudiziaria. Al centro i vertici della Sma Campania e il sistema degli appalti nel settore del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti. Per 6 mesi, con l’aiuto di un ex boss, i giornalisti di Fanpage hanno contattato i vertici della società regionale che si occupa della tutela dell’ambiente per proporre ‘affari’ sullo smaltimento dei fanghi. E così sono entrati in contatto – tra gli altri – con l’entourage del consigliere regionale Fdi Luciano Passariello, candidato del centrodestra alla Camera nel collegio uninominale di Napoli-Ponticelli, uno degli uomini più vicini a Giorgia Meloni in territorio partenopeo. Ma a finire indagati sono stati gli stessi giornalisti della testata web che nel 2016 filmò le monetine regalate fuori ai seggi delle primarie Pd di Napoli e che in questa occasione hanno fornito ai magistrati materiali video che documentano gli illeciti. “Questa cosa mi ha ferito – racconta a IlFattoQuotidiano.it il direttore Francesco Piccinini – in questi mesi abbiamo tenuto un rapporto di dialogo con i magistrati e abbiamo anche consegnato tutto il girato, per non lasciare dubbi sulla nostra buona fede”.
Perquisito consigliere di Fdi Passariello
Passariello è stato perquisito stamane dagli agenti dello Sco, il Servizio centrale operativo della polizia, e della Squadra Mobile. Corruzione aggravata dall’articolo 7, ovvero dal metodo mafioso, e il finanziamento illecito dei partiti – secondo l’Ansa – sono le ipotesi di reato formulate nel decreto di perquisizione. Secondo quanto trapelato, il presunto illecito consisterebbe in somme di denaro (non si sa se promesse o versate) in cambio di un appalto presso la Sma da un imprenditore ritenuto legato a un clan della camorra. “Non mi è stata contestata nessuna condotta diretta che si ipotizzi antigiuridica. Risulto coinvolto perché altre persone avrebbero fatto il mio nome – afferma in una nota Passariello – qualcuno può millantare credito, ma essere nominato da altre persone in terze conversazioni è cosa ben differente dal commettere reati”.
L’inchiesta di Fanpage
“Io – racconta Piccinini – ho recitato la parte di un industriale del Nord che doveva sversare dei rifiuti. Abbiamo incontrato dei camorristi che ci hanno spiegato dove sotterrare quei rifiuti, chiedendoci 30mila euro a camion”. Non solo: “Abbiamo messo una telecamera addosso a un ex boss dei rifiuti mandandolo in giro per l’Italia a incontrare industriali e politici per prendere accordi in cambio di tangenti“. L’ex boss in questione è Nunzio Perrella, primo boss pentito di camorra a raccontare i traffici illeciti di rifiuti, tornato a collaborare con la giustizia nel 2016, esattamente 24 anni dopo il suo pentimento quando riempì pagine di verbali e consegnò ai pubblici ministeri la celebre frase: “La monnezza è oro, dotto’”.
Tra il copioso materiale raccolto nell’arco di sei mesi, tra ottobre e la scorsa domenica, il sito web sarebbe in possesso di filmati dove personaggi gravitanti a vario titolo intorno alla società in house della Regione Campania, che si occupa di riqualificazione ambientale e prevenzione degli incendi boschivi, chiedevano la loro ‘quota’ per concludere ‘l’affare’ proposto dai giornalisti-finti imprenditori.
Fanpage – si legge in una nota – ha documentato una serie di attività che coinvolgono alcuni esponenti politici, quasi tutti candidati alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo, in vari schieramenti. Quindi il nome di Passariello non sarebbe l’unico. Il video reportage, acquisito stamani dalla polizia che ha bussato in redazione, dovrebbe andare in rete nelle prossime ore. Ed è così che gli inquirenti hanno allargato un’indagine nata dagli esposti del capogruppo di Forza Italia in Regione Campania, Armando Cesaro, che fino a quel momento aveva ipotizzato accuse di peculato per liquidazioni di rimborsi di dubbia natura e fatture sospette.
Inchiesta condotta da cinque pubblici ministeri
Sco e squadra Mobile hanno perquisito gli uffici della Sma con contestuale notifica di alcuni avvisi di garanzia e perquisito gli uffici di alcuni esponenti politici, tra i quali Agostino Chiatto, dipendente Sma ‘comandato’ in segreteria Passariello. Gli inquirenti avrebbero aperto anche il computer di Lorenzo Di Domenico, amministratore delegato della Sma. Sarebbero una decina gli indagati di un’inchiesta coordinata dal procuratore capo Giovanni Melillo, dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e dai sostituti Ivana Fulco, Celestina Carrano, Sergio Amato, Ilaria Del Verme ed Henry John Woodcock.
Passariello, napoletano, 57 anni, siede in Consiglio regionale dal 2005, prima nelle fila di Forza Italia, poi in quelle del Pdl; alle ultime regionali si è candidato ed è stato rieletto nelle liste di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni lo ha candidato alle politiche a Napoli, sia in un collegio uninominale (Napoli 6) sia come capolista nel proporzionale. “Le attività di indagine ancora in corso – spiega il procuratore di Napoli Melillo – sono state rese necessarie e indifferibili dalla rilevata gravità del rischio di dispersione probatoria collegato alla annunciata diffusione di notizie e immagini in grado di pregiudicare gravemente le investigazioni sulle gravi ipotesi delittuose fin qui individuate”. Melillo aggiunge che “la delicatezza e la complessità delle attività d’indagine in svolgimento impongono di conservare il più stretto riserbo”.
Sette gli indagati fino a questo momento: oltre a Passariello ci sono il suo fedelissimo Agostino Chiatto, il consigliere delegato della Sma Campania Lorenzo Di Domenico, il commercialista Carmine Damiano e gli imprenditori Nunzio Perrella, Rosario Esposito e Antonio Infantino.
Anche i giornalisti sottoposti a indagine
Nel registro degli indagati sono finiti anche Piccinini, il reporter Sacha Biazzo e Perrella. L’accusa è induzione alla corruzione. “E’ una cosa che personalmente mi ha ferito – racconta Piccinini – appena abbiamo avuto sospetto che nei video ci potesse essere una notizia di reato sono andato in Procura a consegnare i video. Era dicembre. Nei mesi successivi abbiamo continuato il nostro lavoro, abbiamo tenuto i magistrati costantemente informati del nostro lavoro e ieri sera sono tornato dai magistrati per comunicare la nostra intenzione di pubblicare l’inchiesta sabato. E stamattina il telefono ha squillato alle 7.55: ‘Siamo qui sotto, mi hanno detto, dobbiamo fare le acquisizioni”.
L’iscrizione nel registro degli indagati è piombata nella redazione di Fanpage come un fulmine a ciel sereno: “Induzione alla corruzione? Qual è il vantaggio che ne avremmo ottenuto? – prosegue Piccinini – vorrei sapere dove ne avremmo tratto vantaggio. È chiaro che non abbiamo smaltito rifiuti, né preso soldi. Finora abbiamo incassato solo svantaggi: l’inchiesta è costata decine di migliaia di euro, ci sono persone che ci hanno lavorato per mesi e hanno messo a repentaglio la propria incolumità. E ora veniamo pure indagati. Questa cosa mi ha ferito, nonostante io sia dalla parte della magistratura. Ci hanno spiegato che si tratta di un atto dovuto, ma rimane una cosa spiacevole”.